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lunedì 25 marzo 2019

Recensione: Non sono stato io, di Daniele Derossi

| Non sono stato io, di Daniele Derossi. Marsilio, € 16, pp. 231 |

Ottocento abitanti, un orizzonte suggestivo di montagne e vallate, la notte che cala prestissimo e ti invoglia a rifugiarti nella sicurezza di casa tua durante il rigore dell'inverno. Il soggiorno a Serana, villaggio immaginario dell'Alta Val di Susa, si prospetta un paradiso o forse un inferno? Se da un lato affascinano gli sfondi innevati e la promessa di tranquillità, soprattutto se in fuga da un terribile dramma familiare, dall'altro insospettiscono i bisbigli diffusi e le credenze popolari: anni e anni di Twin Peaks o Silent Hill, gialli d'atmosfera in stile La ragazza della nebbia, ci hanno infatti invogliato a diffidare dalle false regole di buon vicinato e dalle insidie meteorologiche delle città dell'estremo nord. Prevedibilmente, la protagonista Ada non troverà pace accanto al figlio Giacomo. Sono tornati da Londra con la coda fra le gambe. Un trasferimento che è un'autentica retrocessione, pur di fuggire a malori che tutti reputano ormai psicosomatici. Bella e snob, giudicata non a torto un pericolo per le donne sposate, Ada all'inizio appare libera come il vento: le pillole sotto prescrizione del terapeuta al mattino, una telefonata alla mamma se c'è bisogno di andare a prendere il bambino a scuola dalle suore, ed eccola che può finalmente staccare la spina. Riprendere i contatti con i vecchi amici e gli ex fidanzati coi quali ha sperimentato il brivido proibito delle prime volte, seguire le lezioni di ceramica a dispetto delle mani un po' tremanti, considerare il sesso riparatore il miglior oppiaceo. In ordine sparso si intrometteranno: le irruzioni di un animale notturno, forse una volpe, responsabile del giardino a soqquadro; la sparizione a Halloween della piccola Jennifer, uno scricciolo vestito da Sposa cadavere che riapre ferite mai del tutto rimarginate; le crescenti stranezze di Giacomo.

Quando eri piccola tuo padre si divertiva a cambiare ogni volta qualche particolare alle storie che leggeva. Cappuccetto rosso baciava il lupo che si trasformava nel principe azzurro, la carrozza non trasportava Cenerentola al castello ma in un reame incantato, dove diventava la regina delle fate. Non sapevi mai che cosa sarebbe successo e a ogni passaggio inatteso ti brillavano gli occhi per l'eccitazione. Adesso, invece, ti piacciono solo i film che hai già visto, o le storie che conosci a memoria. Ora sai che le sorprese sono quasi sempre cattive.

Come spiegarsi gli occhi rossi e i vaneggiamenti del figlio? Il primo pensiero va all'abuso di televisione e PlayStation, ma è dettato dal pressappochismo di genitori che al giorno d'oggi vedono soltanto quello che vogliono vedere. I luoghi comuni sull'infanzia, e non quelli oscuri. Il bambino ha una vita segreta che neanche immagina: fa scherzi alle amiche antipatiche, distrugge trenini e Barbie, simula tempeste di sabbia inalando cannella in polvere e funerali attraverso la sepoltura di bestiole mutilate. Si spinge, soprattutto, in cima a quel castello inaccessibile: nel Cinquecento, la prigione di un negromante che scherzava con le rune e il fuoco. A guidare quel bambino introverso, bilingue, dall'incarnato più scuro degli altri – il padre, Bashir, è un chirurgo pakistano –, è un Lucignolo che sfida l'altezza delle grondaie e apostrofa Giacomo con nomignoli femminili quando si tira indietro. Ha i capelli rossi, si chiama Robi: peccato che a scuola dicano di non conoscerlo. Sulla splendida copertina citano Durrenmatt e Ammaniti, paragoni certamente calzanti, ma Non sono sono stato io mi ha ricordato più The Babadook e Goodnight Mommy: horror su genitrici imperfette e bambini incorreggibili, dove ogni cosa è intuibile, molto è lasciato alla libera interpretazione del fruitore e, finale frettoloso a parte, le singole sequenze si fanno divorare in una spirale crescente d'angoscia.

I bambini non sanno di essere crudeli.

Erano anni che non mi capitava di leggere un romanzo tutto d'un fiato. Il merito spetta alla bravura di Daniele Derossi – l'omonimia con il calciatore è puramente casuale –, che riesce a incastonare una storia di per sé poco originale su pagine, su fondali, che fanno la netta differenza. Non s'inventa niente dal niente, Non sono stato io. Importano più il come del perché. I colpi di scena a volte tali non sono: lettori e personaggi, a lungo, hanno quasi un diverso grado di conoscenza sui fatti, e le svolte shock scuotono più loro che noi all'alba di nuove consapevolezze. Nella scrittura di Derossi, guizzante come la coda della sanguinaria gatta Messalina, si alternano capitoli in seconda persona, botta e risposta degni di una sceneggiatura cinematografica, sbobinature di interviste giornalistiche.
Nella sua Serana fondamentalmente intollerante nei confronti dello straniero le paure ancestrali oscillano dai lupi alle streghe arse vive ai tempi dell'Inquisizione, fino alle carovane di zingari e giostrai: perfino il macellaio, nel retrobottega, farnetica di alchimisti, ufo e altre leggende urbane. L'autore, senz'altro accattivante, ha l'arma a doppio taglio della brevità e scarsa fantasia con i nomi di battesimo – in duecento pagine, ho notato sorridendo sotto i baffi, incrociamo ben due Davide e gli interessi amorosi di Ada si chiamano Sergio e Giorgio a rischio di creare una certa confusione. La sua indagine poliziesca, sociologica, antropologica tiene mirabilmente in considerazione, tuttavia, gli stati d'animo, le coloriture dialettali, la percezione del diverso presso regioni in maggioranza leghiste, e il prodotto finale è una di quelle fiabe gotiche che tengono per sé il discrimine fra disturbi mentali e fenomeni paranormali, thriller psicologico e horror puro. Una lettura di confine, a confine: fra generi d'intrattenimento e, nel congedo, fra disperazione profonda e speranza.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Lucio Dalla - Attenti al lupo

10 commenti:

  1. Intrigante come piace a te. Io attendo l'uscita del nuovo romanzo della Tuti per fare un bel bagno nell'ansia.
    Lea

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    1. Questo, se l'attesa è troppo lunga, sicuramente non ti dispiacerebbe.

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  2. Trama che suscita interesse, sarà il bimbo solitario, l'amichetto diavoletto coi capelli rossi, il castello...
    Che belle scoperte, come sempre, da te ;)

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  3. Grazie a Michele per la bella recensione. Azzeccato anche il rimando al Babadook, uno dei pochi film horror girato da una regista donna, una metafora in chiave gotica del lutto che mi è piaciuta moltissimo. 😺

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    1. Grazie mille per essere passato, Daniele! Il film della Kent è un gioiello, non a caso sono in attesa dell'ultimo passato a Venezia.

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  4. Non conoscevo questo romanzo, e sebbene la trama sembri interessante al momento non mi incuriosisce più di tanto... magari mi sbaglierò e si tratterà di una bella lettura.. Vedremo :)

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    1. Ogni romanzo ha i suoi momenti. Giusti e sbagliati. Aspetta i primi, e vedi com'è. Si legge così in fretta, comunque, che fugherebbe qualsiasi blocco del lettore!

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  5. Famiglie e horror...
    per vederle insieme in questi giorni basta andare a Verona, non per forza in libreria. :)

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    1. Vedi? Derossi ha dato inconsapevolmente i diritti alla trasposizione live action, ahahahah!

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