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mercoledì 13 marzo 2019

Recensione: Elevation, di Stephen King

| Elevation, di Stephen King. Sperling & Kupfer, € 15, pp. 194 |

Castle Rock, Maine, non è nuova alle stranezze. La sparuta popolazione comprende infatti bottegai mefistofelici, scrittori affetti da personalità multiple, cani rabbiosi e bambini irrequieti che, a passeggio sulle rotaie, un'estate si imbattono in un misterioso cadavere. Ne abbiamo avuto un assaggio anche nell'omonima serie televisiva prodotta da Hulu, ancora in attesa di distribuzione in Italia, e proprio lo scorso anno abbiamo fatto tappa presso le contraddizioni del New England con La scatola di bottoni di Gwendy. Se il paranormale è di casa, non può dirsi lo stesso del progresso. Tre quarti della repubblicana e immaginaria Castle Rock, alle scorse elezioni, avrebbe votato Trump e in mancanza di mostri e diavoli, a un passo dal giorno del Ringraziamento, stavolta i cittadini mormorano a mezzavoce dell'ultima novità giunta in paese. Una sfacciata coppia omosessuale con la fede all'anulare, un'attività in centro e quasi l'intera comunità contro. Ci racconta dell'arrivo delle donne Scott, web designer di quarantadue anni, che lavora dal salotto di casa sua per una catena di grandi magazzini e, fresco di divorzio, si gode del cibo di consolazione e le fusa dell'irresistibile gatto Bill. È un informatico di mezza età, ma figuratevelo più come un boscaiolo di buona forchetta: centodieci chili, un morbido salvagente di ciccia attorno ai fianchi, un omaccione discretamente in salute ma non senza affanni. Finché la bilancia elettronica non inizia a mandargli inspiegabili avvisaglie: sta perdendo mezzo chilo al giorno. Ha forse un male incurabile? L'ipotesi è da escludere, perché il suo corpo si alleggerisce mentre la massa resta immutata. La forza di gravità ha perso il controllo su di lui.

Il tempo è invisibile. A differenza del peso.
Ah, forse anche questo non era vero. Il peso lo potevi sentire, certo – quando avevi troppi chili addosso, era come se fossi arrancoso – ma in fondo non era, proprio come il tempo, solamente un costrutto umano? Le lancette dell'orologio, i numeri sulla bilancia non erano solo dei modi per tentare di misurare forze invisibili che sortivano effetti visibili? Un debole sforzo per ingabbiare una realtà più grande, che andava oltre ciò che gli umani consideravano realtà?

Aiutato dall'amico Bob, medico in pensione, sceglie di tenersi quella stranezza per sé e di dare il via a un implacabile giorno alla rovescia da attendere fra curiosità e paura. Cosa comporterà l'arrivo del fatidico Giorno Zero? Scott si gode la situazione nella totale inconsapevolezza: può correre, spiccare balzi altissimi, ballare Stevie Wonder in cucina e, soprattutto, tendere un ramoscello d'ulivo a quelle vicine che fanno sparlare. 
Deirdre e Missy, passate dall'agonismo della maratona di New York ai dodici chilometri scarsi di quella indetta a Castle Rock per beneficenza, hanno due boxer che fanno puntualmente i bisogni nel giardino del protagonista e l'Holy Frijole, un ristorante vegetariano sabotato dai concittadini ma apprezzato dai turisti. Con la stagione estiva finita da un pezzo, come far quadrare i conti? Neanche i bambini, messi in allerta da genitori bigotti, passano da loro per chiedere dolcetto o scherzetto: come se lesbica e strega fossero sinonimi, in alcuni angoli ciechi a corto di buona educazione. 
Quando ogni argomento è polemica, tutti hanno un'opinione per tutto, l'esistenza si scopre tanto vana quanto vanitosa, Stephen King preferisce eccezionalmente rispondere non a tono bensì con una storia come Elevation. Una miracolosa fiaba laica con i piedi ben piantati nell'attualità, le classiche strizzate d'occhio ai suoi mondi confinanti – la band scolastica si chiama, ad esempio, Pennywise and the clowns – e i segreti di una vita lunga, tollerante, straordinariamente produttiva.

Tutti dovrebbero poter vivere un'esperienza come questa, pensò, e forse, quando arriva la fine, era proprio ciò che accadeva. Forse, al momento di morire, tutti salgono verso l'alto.

Senza il bisogno di pagine in eccesso, ma con troppa melassa qui e lì, il Re del brivido mette da parte l'orrore a cui ci ha abituato e con lo stile di sempre, con la puntualità di sempre, firma un racconto dolce e metaforico che invita a vivere con levità. Con gentilezza. Certo che sì, ci ha abituato a meglio e a peggio negli anni, eppure c'è una certa urgenza nelle parole di Elevation, un desiderio di ascesi e di candore che tocca il cuore, nonostante la morale retorica da buontempone sia spesso in agguato. Aggiungono valore, tuttavia, la sua maturità artistica e anagrafica; la saggezza di un instancabile settantenne che non smette di imparare lezioni importanti. Il suo protagonista è sano oppure malato? Sta per morire, o finalmente per vivere? Staffe e zavorre lo tengono a terra, ma di staffe e zavorre deve liberarsi. Per volare, così, sopra le asperità e i livori, godendosi le conseguenze benefiche del porgere l'altra guancia, i rapporti di buon vicinato e la compagnia degli amici a quattro zampe. La morale è che dovremmo lasciarci andare, librarci come fossimo Mary Poppins o la casa fluttuante del cartone Up, pur di osservare la società da una diversa prospettiva. Complice lo spettacolo dei fuochi d'artificio fuori stagione, dall'alto niente è abbastanza grande da non poter essere aggiustato. Piccolo nel formato, affatto nelle intenzioni, Elevation è un bignami sull'insostenibile leggerezza dell'essere Stephen King.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Elton John – Rocket Man

18 commenti:

  1. Le tue recensioni sono sempre spettacolari Michele, e io non vedo l'ora di leggere questo libro :-)

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  2. Sono indietro di due libri per quel che concerne Steve.
    Elevation mi manca per via dei miei continui problemi di pecunia.
    L'idea di spendere 16 Euro per quel che è soltanto un racconto mascherato da romanzo, non mi solluchera molto, ed infatti sia questo che The Outsider li prenderò solo quando usciranno in formato tascabile.
    Recensione bellissima, comunque!

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    1. The Outsider, mattone qual è, vale quello che costa. Questo un po' meno, però molto meglio del racconto a quattro mani scritto lo scorso anno di questi tempi!

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  3. Uhm... ultimamente ho un rapporto altalenante con King, mi piace e non mi piace, motivo per cui ho lasciato perdere questo libro... dalla tua recensione non ne sono del tutto dispiaciuta!

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    1. Amando i vecchini, ho amato anche la vaga retorica di un becchino chiamato King. Anche se, soprattutto a metà, ho storto un po' il naso per qualche inserto da film natalizio.

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  4. Ho lasciato un King di molti anni prima con storie terrificanti ed invece oggi scopro un libro diverso...mah... nel dubbio le tue 3,5 stelle mi fanno indugiare ancora di più. Mi sa che passo ;)

    Grazie per il tuo "follow" ho ricambiato con piacere ;)

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  5. A me è piaciuto moltissimo e ci sto ancora riflettendo. Forse non c'è più bisogno di parlare di mostri perchè lo siamo diventati noi tutti. Mi intriga.
    Lea

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    1. Verissimo, ma ci salverà tutta la melassa di cui si scopre capace il protagonista?
      Sono troppo cinico, lo riconosco, ma preferirei una via di mezzo.

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    2. La via di mezzo non eleva. Pesa.
      E' questo che mi lascia perplessa. Non ci sarà un ulteriore livello di lettura? Con King sono sempre dubbiosa.

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    3. Hai ragione.
      I miracoli, forse, sono così fuori dalla norma da potere esistere solo con gli eccessi (di bontà).

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  6. Io al momento ho letto solo 22/11/63 e devo dire che mi è piaciuto davvero moltissimo :) Non so però se leggerò altro di King, se leggerò il famoso Shining o Misery :)

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    1. Vai di Misery, per conoscere questo Stephen qui, più malinconico, hai tempo. 😊

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  7. Ammetto che leggendo il nome della band scolastica mi sono ritrovata a ridacchiare come una ragazzina.
    Recensione magnifica, scrivi sempre benissimo! :)

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    1. Ma grazie! Lui quanto adora queste citazioni intertestuali, quanto?

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  8. Stephen King pubblica un nuovo libro quasi al ritmo con cui io ormai riesco a pubblicare un nuovo post. :D

    Troppo prolifico per i miei gusti e per i miei ritmi. Io preferisco gli scrittori, così come i registi o i gruppi, che si fanno attendere anni, che scompaiono e poi magari ritornano quando meno te lo aspetti...

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    1. In effetti, il troppo storpia.
      Andrebbe bene anche una sola pubblicazione all'anno, non dico il silenzio stampa!

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