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sabato 9 febbraio 2019

Recensione: Due fiocchi di neve uguali, di Laura Calosso

| Due fiocchi di neve uguali, di Laura Calosso. Sem, € 17, pp. 251 |

Mi chiudo dentro e butto via la chiave. Chi non l'ha mai pensato davanti a una scelta, a un dolore, a un incomprensione? Sarebbe molto più facile, la vita, in una bolla a tenuta stagna che tenga fuori la paura del futuro e, a malincuore, anche la luce. Ci sono modi diversi per affrontare un bivio: scegliere, mettendo a fiducia un piede dopo l'altro, oppure voltarsi dall'altra parte e scappare finché i piedi reggono. Puoi fare come Margherita, oppure come Carlo. Hanno diciotto anni e una perspicacia che, a tratti, vivono come una maledizione: qualcuno diceva, infatti, che più si è intelligenti e più si è destinati al tormento. Lei, la frangia troppo corta e il test di Medicina nei piani, prende un treno per raggiungere un'amica ad Alassio: il mare, studiare, anche se a impensierirla è quel padre falciato dalla crisi economica. L'uomo che le ha insegnato a essere buona e studiosa, a coltivare uno spirito di abnegazione profondissimo, ha smesso di leggere poesie la domenica: da piccolo imprenditore ad aiuto salumiere, adesso non pensa più che ogni sacrificio sia debitamente ripagato e l'affezionata figlia, vedendolo sull'orlo del baratro, tentenna insieme a lui. Se non esiste meritocrazia in questa Italia tutta da deridere, cosa farsene del cento e lode al Liceo classico e delle annotazioni fitte – sulle stelle, gli atomi, le fusioni nucleare, i misteri del cervello – ai margini dei libri di testo? Carlo si è posto la domanda ben prima di lei: cresciuto da una mamma single che ha fatto di lui il suo bambino perfetto – la camicia azzurra per far pendant con gli occhi, i capelli con la riga di lato da bravo alto-borghese –, si è ribellato alle aspettative altrui e ha scelto di dare forfait nell'anno delle scelte cruciali. Ha saltato la maturità, si è rifugiato nella sua stanza, ha chiuso le incombenze all'esterno. Gli basta poco: il bagno in camera, tapparelle che taglino fuori tutta la luce del mondo, risme di carta su cui disegnare banchi di pesci che nuotano verso il fondo dell'abisso, la Playstation e le chat. I pranzi passati attraverso una feritoia nella porta, l'illusione di ricominciare daccapo almeno nei videogiochi.

Gli occhi di Carlo restano su di lei ancora per un attimo, poi abbassa lo sguardo sulla punta della sue scarpe da ginnastica. Sembra stia cercando il coraggio per replicare. “Non sono unico”, dice a bassa voce “sono soltanto solo”.

Margherita e Carlo, un tempo, sono stati compagni di studio: i compiti insieme, uno strappo in motorino, contatti timidissimi. A riunirli è la notte di San Lorenzo da cui il romanzo di Laura Calosso prende avvio: una macchina precipita su una spiaggia ligure, come una stella cadente, e a bordo ci sono Margherita (che finisce in coma) e un ragazzo sconosciuto (che, al contrario, muore sul colpo). I protagonisti sono mondi da esplorare, misteri irrisolti, e l'uno potrebbe sbrogliare la vicenda dell'altro. Peccato che faranno fatica a incrociarsi, come rette parallele, nel corso di una lettura che predilige il punto di vista di lei sacrificando troppo l'interessante protagonista maschile: Carlo, che ha avuto l'egoismo e il coraggio che mancavano a Margherita. Li studia ma non a sufficienza un'autrice dal tocco delicato, con una narrazione in punta di piedi per entrare meglio nel travaglio, nell'intimità, di due adolescenti sfuggenti e complessi più di altri. In quel modo si fidano della Calosso, e si lasciano raccontare. Ma lo stile, sommesso per paura di disturbarli, sfortunatamente non è di quelli che conquista: pochi dialoghi, capitoli epigrafici, citazioni scientifico-filosofiche che vorrebbero ricordare il premiato esordio di Paolo Giordano. La sensazione di freddezza e apatia comunicata dalla copertina non mi ha abbandonato. Il romanzo, già di per sé dal respiro breve, si limita a ruotare per 250 pagine attorno agli stessi, sporadici avvenimenti, mostrandoceli da punti di vista impercettibilmente diversi; indagandoli ma non abbastanza. Apprezzo, eppure, le storie che sanno lasciarsi condurre dai loro protagonisti: senza artifici, senza bisogno di grandi trame. Il gioco funziona, però, quando quei protagonisti li capisco, quando li faccio miei. Questi mi sono rimasti dei perfetti sconosciuti: uno chiuso nella sua cameretta, l'altra nelle nebbie del coma. Non li ho compresi fino in fondo, né mi sono appassionato alla loro compagnia: il guidatore seduto accanto a Margherita – Gabriele, figlio di papà che calza Louboutin e prevedibilmente cova i dispiaceri dei poveri ragazzi ricchi –, in particolare, mi è sembrato una comparsa capitata sul set sbagliato.

Ogni cristallo nasce e si sviluppa attraversando condizioni di pressione, umidità e temperatura diverse ogni volta. La storia di ciascun cristallo non potrà mai essere uguale a un'altra. E questo è una forma di solitudine.

Gli eschimesi hanno parole per distinguere i fiocchi di neve. Sono un'infinità e tutti diversi fra loro, perciò necessitano di un lessico su misura. Così le gioie e i dolori degli adolescenti: secondo Giordano, inavvicinabili numeri primi. Laura Calosso, curandosi non soltanto delle analogie ma anche delle differenze, si mette in cerca del comune denominatore. Invano? 
I fiocchi di neve, Margherita e Carlo, non possono evitare di schiantarsi al suolo e sciogliersi, invisibili. Colpa delle amare delusioni di questo inizio febbraio, delle stelle, o della forza di gravità.
Il mio voto: ★★½
Il mio consiglio: Ultimo – Ti dedico il silenzio

9 commenti:

  1. Non mi convince, in nessun senso. Credo proprio che lo lascerò stare.

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    1. E dire che la trama, a me, ispirava grandi emozioni.

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  2. Se la colonna sonora è Ultimo, preferisco il silenzio. :D

    E poi io sono più uno da Rapallo che da Alassio...

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  3. Peccato, sembrava promettente! Lo avevo in lista ma a questo punto depenno :)

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    1. Conoscendoti, anche tu lo troveresti gelido e irrisolto.

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  4. Un tuo giudizio così tiepido non può che scoraggiare. Sento freddo solo a leggere la recensione e altri libri mi attendono.
    Lea

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    1. Non sconsiglio mai categoricamente, ma da' pure la precedenza ad altro.

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  5. Ah, la gioia di depennare un titolo dalla mia chilometrica lista! E dire che anch'io lo immaginavo coinvolgente e meritevole. Quale (o sarebbe meglio dire quali) titolo prenderà il suo posto?
    Stefi

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