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sabato 10 giugno 2017

Mr. Ciak: Raw, Wonder Woman, La tenerezza, Colossal, Life

Primo giorno di università per Justine – diciannove anni, una maglietta con gli unicorni, una famiglia vegetariana. Diligente e ben educata, è destinata a diventare la prima della facoltà. A traviarla, il giro sulla giostra delle prime volte. Justine fantastica sui gemiti che provengono dalla stanza dell'attraente coinquilino gay. Prima ne segue le orme e poi prende le distanze da una sorella maggiore che ha rinnegato la dieta bio e le sue origini alto-borghesi. Assaggia un morso di carne cruda, per gioco, e capisce che il suo corpo ne ha bisogno. Raw, tanto cruento da provocare conati di vomito a Cannes, fa socchiudere gli occhi in preda a un vago disgusto, ma non mette mai a dura prova le resistenze. Horror ibrido, femminile, francese, è un esordio che ha la ricercatezza e la profondità del cinema festivaliero. Lontano dai bagni di sangue, nonostante Garance Marillier abbia sempre il mento imbrattato di rosso arterioso, somiglia a un romanzo di formazione non di difficile interpretazione. Originale e mirato, grottesco e sottilmente erotico, Raw racconta la scoperta di sé con leggerezza e stile – ha un che di Dolan, ad esempio, Ma che freddo fa in chiusura o la sequenza in cui gli studenti, sporchi di vernice, sono spinti a baciarsi in una versione surreale del gioco della bottiglia. Il tempo delle mele ha i vestiti corti e la ceretta alla brasiliana, il bicchiere sempre pieno e un sesso di fretta. Cosa direbbero i genitori, a cui Justine deve i modi da bimba e il regime alimentare? Dovrebbe forse prendere esempio da Alexia, spintasi ormai troppo in là? La protagonista tampona uno sbaffo di rossetto sulle labbra, un rivolo di sangue sul mento. Ti guarda con gli occhi di chi ha imparato ad arte a padroneggiare l'arma della malizia. Raw è l'addio al liceo, al nido, alle inibizioni. Uno strappo del cordone ombelicale, cambiare pelle. L'indipendenza spalanca gli occhi e lo stomaco. Fuori c'era un mondo che per tutto il tempo aspettava solo noi – e reclamava carne fresca. E Justine, di quel mondo, ha fame chimica. (7,5)

Quando parlo di cinecomic è perché mi porta a vederli di peso papà. Quando capita, lo faccio sempre con gli stessi toni. Tocca annoiarvi anche con la cronaca dell'ultimo giunto in sala? Benché diretto dalla regista di Monster, il cinecomic sulle origini dell'amazzone DC non fa breccia. Cominciamo malissimo, con una prima metà vittima spesso del ridicolo involontario: su un'isola interamente popolata da donne – una novella Lesbo protetta da schiere di Xena –, Gal Gadot è una Sirenetta che sceglie di seguire il naufrago Chris Pine nel mondo reale. Fuori c'è la guerra, ed è tutta colpa di Ares. E anche una Europa grigiastra e sotto assedio, in cui tutti vanno di fretta e indossano abiti scomodi. Se sopravvissuti all'incipit, la seconda parte si farà seguire con meno smorfie: un po' Allied, tra battute maliziose e gala a cui infiltrarsi; un po' un Hacksaw Ridge in gonnella, con mine calciate ed eroismo spiccio in trincea. L'amore tra due che si somigliano e si pigliano sboccia, nonostante gli uomini servano solo per procreare e le ragazze sappiano divertirsi da sé. I villain abbondano – un nazista e la sua scienziata rubata a Austin Powers, un Ares da ridere in chiusura – e, insieme all'inconsistenza della sceneggiatura, risultano i tasti più dolenti. Rito di iniziazione di una mancata femminista Disney, il Wonder Woman della Jenkins è un film introduttivo e non da cestinare in toto. Purtroppo, pecca di una CGI non sempre inappuntabile e di quella sciatteria che non perdono. Diana, come tutte le bellissime con la fascia da miss, fa discorsi sulla pace nel mondo e l'importanza dell'amore. A lei dobbiamo la fine della Seconda guerra mondiale e gli uomini che si lasciano volentieri salvare dalle loro innamorate, riposto l'orgoglio. Le bambine e Alice Sabatini prendano appunti, intanto, così da snocciolare sogni edificanti e la storia contemporanea secondo Zack Snyder nel prossimo futuro. (5,5)

Una Napoli senza accento, un condominio in cui si intrecciano generazioni e solitudini. Un avvocato con la reputazione sporca stringe amicizia con la dirimpettaia: moglie di un uomo nevrotico, spinge quel signore scontroso a sorridere davanti a un caffè. Lo spunto lo riconoscete, i personaggi forse: vengono dalla Tentazione di essere felici. Essenzialmente: la parabola di un vedovo che capiva che non tutta la vita veniva per nuocere. Adatta con licenza poetica Amelio, autore di un cinema soldissimo e sentito. Cambia il titolo, i nomi e le professioni, la struttura. Ci sono le presentazioni in apertura, una tragedia a metà, il percorso dei figli rancorosi in conclusione. La dolcezza, in apparenza, solo nel nome. La tenerezza, dramma intimista e di vecchio stampo, è infatti una storia altra e con un altro linguaggio – questo, con buona pace dei lettori di Marone. Ritratto disperato di un uomo che ha preferito fare terra bruciata attorno a sé (Renato Carpentieri, di una bravura clamorosa), è la trasposizione asciutta e realistica di un romanzo che, nell'anima, era una favola partenopea. Al cinema c'è la solitudine della vecchiaia: brutta bestia. Un perdono che si nega per il bene del passato. La cronaca nera irrompe prima del previsto. Nomi altisonanti (Germano, la Ramazzotti, la Mezzogiorno; ci pensa una Scacchi sotto shock, piuttosto, a scuotere con un monologo bellissimo) richiamano l'attenzione dal poster ma non restano. La tenerezza è un film di genitori e figli. Di persone che, imperterrite, continuano a sbagliare. E a prendersi a cuore il prossimo. Ci si può disaffezionare? A settant'anni la vita smette di colpire sotto la cintola? Si vive per conquistare il bene di un altro, in gran segreto, e affinché qualcuno voglia affidarci il peso delle proprie chiavi di casa. Interrompi la visione e ti chiedi se esista, questa tenerezza. Cosa sia – un gesto o un sentimento? E in quale mano tesa, in quale veglia proibita, cercarla. (7)

Anne Hathaway torna in provincia con la coda tra le gambe. In una città che non è cambiata neanche un po' incontra un compagno di scuola, Jason Sudeikis. Mettici le atmosfere indie, mettici una colonna sonora ad hoc, e otterresti una commedia romantica a là Blue Jay. Non mancano due protagonisti amareggiati e stanchi, che hanno paura di crescere e di piacersi, né i momenti di vulnerabilità faccia a faccia. Peccato che i notiziari li vogliano vigili e preoccupati: nella lontana Corea un mostro terrorizza gli abitanti. Peccato, soprattutto, che la lei del duo si accorga che il mostro obbedisce ai suoi comandi. Fa balletti buffi e inciampa. Commete massacri involontari quando è brilla. Colossal, secondo film americano di Nacho Vigalondo, è una creatura strana e, nel bene e nel male, unica nel suo genere. Cosa c'è dietro la connessione telepatica di una donna sull'orlo di una crisi di nervi e un alieno che mette a soqquadro l'altra parte del mondo? Cosa nasce dall'incontro tra Drinking Buddies e Godzilla? Se i trailer suggeriscono una storia demeziale, a sorpresa Colossal si rivela tutt'altro: denso e semiserio, è una metafora – non del tutto riuscita, ma acuta – che con la scusa dei mostri parla di noi. Precisamente, dell'insoddisfazione perenne di una coppia impossibile – lei, infatti, non ricambia le attenzioni di lui – che un giorno qualsiasi può elevarsi dalla propria mediocrità, da fegati ulcerati e matrimoni mancati, giocando a fare Dio. La Hathaway e Sudeikis, bravissimi, fanno da spettatori annoaiti alle loro stesse vite. Di pomeriggio, in un cortile, si accorgono di poter cambiare quelle degli altri – annientarle, risparmiarle. Se vinto e disperato, ti ecciterrebbe sentirti onnipotente? Colossal è un racconto grottesco di amicizie a senso unico, ossessioni e seconde chance. Una storia dall'equilibrio ondivago, che ci ricorda di comportarci come se il prossimo dipendesse dal più piccolo gesto; da una nostra birra di troppo. (6,5)

Quest'anno lo spazio fa tendenza. Agli Oscar, la poesia di Arrival e il cielo sopra Hidden Figures. In sala, richiesto ma non troppo, il sequel di Prometheus. A metà strada, lo scorso marzo, c'era anche questo Life – un trio stellare, la regia del capacissimo Daniel Espinosa, infondate voci di corridoio che lo volevano prequel di Venom. Thriller fantascientifico nello spazio profondissimo, il film segue gli studi di una squadra di astronauti intenti a studiare un campione proveniente da Marte. C'è vita altrove. Da impercettibile e innocuo, un punto sul vetrino, l'alieno crescerà e minaccerà di mandarli alla deriva. Lo svolgimento, tutt'altro che inconsueto, si dipana tra scelte di vita o di morte, esplosioni e fughe che somigliano a un eterno rimpiattino. Reynolds, la Ferguson e Gyllenhaal – quest'ultimo pesce fuor d'acqua in un blockbuster piacevole ma mediocre – scappano fluttuando e vengono perseguitati in maniera implacabile. Personaggi scritti con sufficienza impersonati da attori sprecati, esiti assai intuibili, un mutante che non possiede né l'iconismo di Blob né la ferocia della Cosa. Life, passato in sordina perché non all'altezza delle attese iniziali, eppure non dispiace. Accanto ai difetti: l'alta tensione e la cura di un comparto tecnico che si ispira a Cuaròn, nelle vertigini e nei capogiri. Senza peso, vola via nella sua tuta linda e perfetta. E che non sia l'infinito la meta finale, nostro malgrado, poco tange. (5,5)

23 commenti:

  1. Beh, almeno questa volta posso dire di averne visti tre su cinque. :-)
    Raw è una bomba, così potente che non riesco nemmeno ad argomentare. Sarei stata un po' più buona con Life, che nonostante i difetti cui fai riferimento (sprecatissimi gli attori) mi ha convinta. Però io come sento "quarantena" non capisco più niente...

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    1. A me Life non è dispiaciuto neanche un po', eh, ma l'ho visto qualche giorno fa e già ho rimosso.
      A Gyllenhaal non lo perdono - e mamma mia, che si tenesse la barba, mi fa impressione senza.

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  2. molto interessante Colossal, per quanto riguarda Raw.. buon inzio per la regista sicuramente è da tenere d'occhio

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    1. Nonostante il gran parlarne bene, Raw lo temevo non poco.
      Questi horror d'autore, chiamiamoli così, mi lasciano spesso scettico e annoiato. Non è questo il caso. Mi ha ricordato un po' We are what we are e un po' Denti (con il senno di poi, poco da ridere nella storia della vagina dentata, che mi aveva fatto sghignazzare alle medie).

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  3. Wonder Woman è vedibilissimo, ma mi fanno davvero sorridere le medie esagerate (otto e qualcosa su Imdb) e le voci secondo le quali potrebbe arrivare perfino agli Oscar...

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  4. Tutti film che devo ancora recuperare, mannaggia.
    Ma tu come fai a trovare il tempo, considerando anche la miriade di libri che leggi? ;)

    Di quella cannibalata di Raw parlano tutti bene, spero non mi deluda...

    Sull'altrove tanto esaltato Wonder Woman mi sa che potrei trovarmi d'accordo con te e, considerato il paragone con Hacksaw Ridge, potrei massacrarlo pure parecchio di più... XD

    La tenerezza grande incognita, potrei amarlo quanto odiarlo.

    Colossal promette bene, cercherò di recuperarlo.

    Life mi confermi che non è la fantascienza che preferisco, mi dispiace però perdermelo visto che di Jake Gyllenhaal ho visto quasi l'intera filmografia (persino il terribile Accidental Love).

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    1. Me lo chiedono tutti, ma non so cosa rispondere. Sono multitasking?

      Secondo me Raw non ti darà brutte sorprese, ti piaceranno le atmosfere un po' assurde di Colossal e anche Amelio, con un film che non è la solita storia del vecchietto brontolone - il romanzo di Marone, in parte, sì, è quello. Life godibile e coinvolgente il giusto. Gyllenhaal sprecato, ma ha fatto di peggio: appunto, Accidental Love. :)

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  5. Ho visto solo ww, Life l'avevano tolto. Ultimamente non ci sto andando quanto vorrei al cinema :/ Pirati l'hai visto?

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    1. E' andato papà, LadyCooman, ma non ha insistito fortunatamente. A lui è piaciuto, ma io ho visto - e con una certa noia - solo i primi due. ;)

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  6. Impreparatissima pure io a questo giro, ma se per la Wonder Woman che non fa per me e per il perdibile Life sono giustificata, per gli altri tentenno.
    Potrei tentare il mostro di Colossal e il sangue di Raw, che quell'aria radical non può che attirarmi, mentre La tenerezza continua a rimanere lì, a non invogliarmi neanche un po'...

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    1. Secondo me, invece, anche La tenerezza ti piacerebbe molto. Con Colossal e Raw vai sul sicuro. Un po' disgustoso il secondo, ma tollerabilissimo. Di certo, non sbudellamenti fine a loro stessi. ;)

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  7. La tenerezza è l'unico film che ho visto.
    Di Marone c'è ben poco e non ne capisco il riferimento.Misteri.
    Però è un gra bel film e la scena finale ha sciolto uno dei miei tanti nodi.Ho pianto.E non sono di lacrime ed emozioni facili.
    Raw sicuramente è un bel film da come lo presenti ma non lo reggerei.
    Il cinema francese è di una crudezza unica.Ricordo ancora con raccapriccio la scena dell'acido in Nikita.

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    1. C'è poco di La tentazione di essere felici, senz'altro, ma ho preferito la durezza del film al romanzo. Marone è sulla quarantina, Gianni Amelio ha trent'anni di più.
      La vecchiaia, il mondo di Cesare (anche se qui si chiama Lorenzo), lo conosce meglio lui, e senza retorica.

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  8. Infatti ha toccato delle corde che mi hanno fatto vibrare mentre il romanzo,seppure gradevolissimo,mi è piaciuto ma non mi ha emozionato.Forse ho il cuore di pietra ma ci vuole altro per smuovermi.
    Se non l'hai letto,ti consiglio "La ballata di Iza"della Szabo,a proposito di rapporti conflittuali familiari.
    Altro spessore,altissima letteratura.

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  9. Lo ammetto: io non riesco a trovare il coraggio di guardare "La tenerezza". So che mi capirai, ma a me quella dicitura "liberamente ispirato" già fa venire l'orticaria. Capisco che per Lorenzo &co possa essere un grande atto di stima, ma per chi, come me, ha amato follemente quel romanzo, è solo una cosa terrificante!

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    1. Io, che l'ho apprezzato senza amarlo follemente, forse ho preferito la durezza di Amelio. La storia è diversissima, nonostante lo spunto. Lodevole comunque dare a Lorenzo quel che è di Lorenzo, a Cesare quel che è di Cesare. Il film è così diverso che il regista, se non fosse la persona onesta che è, avrebbe potuto perfino non dichiarare la sua ispirazione, e senza destare grandi sospetti. Riscrive da zero, praticamente. Invece mi piace pensare che se La tenerezza stravince nella stagione dei premi, se Carpentieri si fa conoscere per il grande interprete che è (perché il teatro napoletano non è solo Toni Servillo), il merito è anche del nostro amico Marone. :)

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  10. Wonder Woman e Colossal devo ancora guardarli. Il secondo ce l'ho lì ma come sempre manca il tempo, il primo... salti una settimana al cinema e bon, non recuperi più porca miseria. Spero di andare domenica prossima.
    Raw l'ho trovato bellissimo, molto poetico, ben diretto e soprattutto ben recitato. Solo un altro film di cannibali mi è piaciuto così tanto ed era Ravenous. Evidentemente le donne sono le uniche capace di approcciare l'argomento come merita.
    Life... un filmetto innocuo, derivativo. Meglio Alien a questi punti!

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    1. Alien devo vederlo una di queste sere.

      Mi segno Ravenous. Sul tema, se non l'hai visto, affascinantissimo anche We are what we are. ;)

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    2. Somos lo que hay è molto bello, sì :) Non ho ancora visto il remake ma l'originale mi era piaciuto tanto.

      Ravenous è uno dei miei film preferiti, sono anni che voglio riguardarlo e parlarne sul blog, dove viene spesso citato :)

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    3. Io ho visto solo il remake, purtroppo. Ricordo poco, ma mi era piaciuto.

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  11. Ciao!

    Complimenti per la rubrica!

    Devo ancora recuperare gli altri titoli ma per Wonder Woman concordo con te: il film è sciatto. La regista non aggiunge niente di nuovo al mondo dei cinecomics, sa solo imitare consapevolmente film precedenti senza rendere il prodotto finale interessante e rivoluzionario.

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    1. Ciao, Angela!
      Ti ringrazio, e felice di concordare. ;)

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