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sabato 9 luglio 2016

Dear Old Mr. Ciak: Una giornata particolare, Tutti i santi giorni, La solitudine dei numeri primi, Liberal Arts

[1977] Dei classici del nostro cinema non parlo. Da una parte, perché mi vergogno ad ammettere l'imperdonabile ritardo dei miei recuperi; dall'altra, perché non so come scriverne. Certe scoperte, quindi, sono gioielli che tengo solo e soltanto per me. All'indomani della scomparsa di Ettore Scola, però, e del recupero del suo Una giornata particolare, mi sono accorto che in tanti non l'hanno mai visto: spaventati, forse, come me, da tutto ciò che è datato e degno di fama. Faccio un'eccezione, allora, in nome di un tale capolavoro di delicatezza e semplicità. Il giorno da rimarcare a cui il titolo allude è quello in cui Hitler stringe la mano a Mussolini: l'Italietta tutta festeggia, inconsapevole della guerra a un passo. I condomini si svuotano, e a casa restano le donne: angeli del focolare senza indipendenza, che mettono al mondo bambini su bambini per avere diritto al premio delle famiglie numerose. Le donne, e i dissidenti. Antonietta ha sei figli, un destino segnato e un marito traditore che le promette un settimo bambino: le dice che si chiamerà Adolfo, in onore di Hitler. Gabriele, suo dirimpettaio, è stato bandito dagli studi Eiar, perché – sovversivo e omosessuale – è colpevole per ben due volte. Lei segue il volo del suo pappagallo, che brama la libertà; lui chiama un amico – un amante? - lontano, esiliato in Sardegna, e sa che quella sarà la sua triste sorte. Un Mastroianni discreto, elegantissimo, aspetta il destino facendo le valigie e il caffè. Una Loren dimessa, matura, mai tanto bella e di sicuro mai tanto grande, s'innamora di lui. Con la radio e i cinegiornali a fare da indiscreta colonna sonora, due personaggi solitari e romantici vivono la loro personale guerra: un conflitto che hanno in testa. Di quelli misteriosi, che non fanno rumore: vittime, però, sì. Ballano, si confessano i loro dolori, si baciano tra le lenzuola appese in terrazza: si ingannano, tra nichilismo e sogno. Dal loro impalpabile idillio, a tratti sottilmente erotico, viene fuori un manifesto di dolcezza e disincanto a cui, banalmente, devono tanto i "miei" boy meets girl indie, intimi e parlatissimi. Lui le dice che può riscattarsi dalla propria ignoranza, che merita un amore alla sua altezza ma che, purtroppo, non può essere lui; lei, inconsciamente, starà ad ascoltare, e imparerà dal suo pappagallo, Rosamunda, l'attitudine alla libertà. Eccole, le parole, e vengono da sé, senza timori reverenziali e incertezze, come se la storia di queste due solitudini che s'incontrano, un giorno e basta, fosse una di quelle che io amo tanto. Il progenitore, quasi, di Prima dell'alba o Once. O, ancora, di quelle relazioni alla I ponti di Madison County che sono parentesi dai minuti contanti: brevi, eppure felici. (8)

[2012] Guido, classicista doc, si esprime come un libro stampato e ostenta, fiero, le sue origini toscane. Da umanista, inutile dirlo, possiede infinite nozioni, ha una cultura e un cuore grandi e sbarca il lunario con un lavoro precario che non rispecchia le sue volontà. Ammazza il tempo leggendo e esaudendo i capricci degli ospiti, torna a casa in autobus e sveglia con la colazione a letto e un bacio la sua lei: impiegata di giorno e cantante di notte, la cadenza meridionale e un passato di sregolatezza. Conviventi da sei anni, Guido e Antonia vogliono un figlio che non arriva. Fanno l'amore, al mattino, e si danno il cambio. Si rincontrano per cena; si amano davvero. Ma se questo benedetto bambino non volesse arrivare, con il sesso che è diventato un dovere, i vicini coatti che al contrario loro si moltiplicano, le fragilità che si fanno manifeste e le famiglie che premono con domande indiscrete? Cosa succede a un sentimento in vitro, a un bene programmato, a una passione che deve rispettare la tabella di marcia? Succede che, se si è guidati dal Virzì che mancava all'appello, quello più indie e più vero, forse il mio preferito, si sorride e ci si commuove, in compagnia di due personaggi adorabili, canzoni emozionanti, sentimenti da maneggiare, e dosare, con cura. Tutti i santi giorni, a sorpresa, è una bellissima commedia nostrana, che bellissima lo era ancora prima che il nostro cinema conoscesse una nuova giovinezza: ha un'ora e trenta che vola, una coppia a cui ho voluto molto bene e il solo difetto di averlo rivalutato a quattro anni di distanza. Quando Luca Marinelli, ormai premiato e conteso, è già notoriamente ottimo; quando la sexy Thony, cantante dal piglio londinese e protagonista di un esordio che più spontaneo non si può, era una giovane sconosciuta su cui avrei puntato. Paolo Virzì piace e mi piace: sempre in pole position ai David, fa film che posso soltanto definire “nostri”. Questo, sottovalutato, è senz'altro il più mio. Romcom singolare, alternativamente romantica, che sembra rifarsi al modello delle produzioni americane di un certo tipo – 500 Giorni insiemeBegin Again – e, allo stesso tempo, fragile e piena di colori, con accenti del nord e accenti del sud, passati dimenticati e futuri in forse, somiglia solo a se stessa. Ripeto, accadeva quattro anni fa: quando il cinema indie non lo conoscevo e sarei stato stranito, ma contento nello scoprirlo girato da un livornese, ambientato nella Capitale, interpretato da un romano che si finge alla perfezione settentrionale e da una “cantantessa” che, con la chitarra in braccio, perde magicamente la parlata sicula e appare, come le giura Guido al primo appuntamento, bella come non mai. (7,5)

[2010] Recuperi: a otto anni dal romanzo, a sei dal film. In un caso come nell’altro, dalla Solitudine dei numeri primi mi aspettavo pesantezza e sprazzi onirici, tanta inquietudine esistenziale e nessun sollievo. La prosa essenziale di Giordano, il suo piglio chirurgico, lenivano la sofferenza e davano un taglio al carico di dolori di Alice e Mattia: a quattordici anni, più suscettibile, mi sarei fatto coinvolgere di più – addolorare, perfino, dall’incomunicabilità tra loro due. D’altra parte, al cinema, c’è la lettura tra le righe secondo Saverio Costanzo: e lui, regista sperimentale, di nicchia, già apprezzatissimo con il suo ultimo Hungry Hearts, non mi avrebbe coinvolto, da adolescente. Il bestseller vincitore di un Premio Strega sulla bocca di tutti racconta la storia di due anime malinconiche fatte l’una per l’altra o, forse, per nessuno in particolare: condannate alla solitudine, s’incontrano e si scontrano per vent’anni. Inevitabilmente, si perdono. Da lontano, somigliano quasi ai protagonisti di quelle vicende di gente testarda e sentimenti duraturi alla One Day, ma sono più doloranti e, tra sé e sé, propensi all’abbandono. Cos’è infatti La solitudine dei numeri primi se non una storia d’amore – e, parafrasando Marquez, altri demoni? In libreria, lo scrittore torinese usava il linguaggio della matematica, per raccontartela e non farla suonare uguale a mille altre; la trasposizione cinematografica, invece, approccia il mèlo come fosse un ipnotico e asfissiante horror. Quando il cinema italiano era in coma, Costanzo prendeva un caso editoriale, una manciata di attori promettenti e suggestioni kitsch a piene mani: dall’altra parte, però, trovava più di qualche perplessità. Oggi, invece, nel classico confronto libro-film, il dramma di Costanzo, con le sue punte visionarie e la colonna sonora agghiacciante, mi ha positivamente impressionato e, fino alla fine, coinvolto. Esteticamente impeccabile, stranisce nei suoi momenti bui – gli angusti corridoi di Shining, le aguzzine di Carrie, i clown poco raccomandabili di It: insomma, tutto il King che c’è – e fa sospirare quando Marinelli e la Rohrwacher, perfetti, si guardano in quel modo lì. Il montaggio disordinato conferisce mistero alle loro infanzie – cos’è successo sulla neve, cosa nel parco? – e la forma, incontenibile, a volte vorrebbe prevalere sul contenuto. La trasposizione osa guizzi degni di nota, e inquieta e ipnotizza meglio e di più: le gelosie di Viola, simili a quelle di un’amante dimenticata; la magrezza insana di lei e i tagli di lui; il simbolismo che, all’improvviso, avvolge un parco comunale e una pista da sci. I Goblin si curano del commento musicale, e si è in allerta e a occhi sbarrati, e le sequenze slegate sono Lego da ricomporre. Alice e Mattia, nonostante ci siano mostrati bambini, adolescenti e adulti, si conoscono molto superficialmente, però, perché troppo tra le nuvole, troppo a modo loro, e il loro timido legame non sta al passo con tracce che s’impennano, in cuffia, e registi coraggiosi. Glielo si perdona, tuttavia, per un epilogo che i lettori ricorderanno diverso ma che, più lieto, li lascia in bilico, con tutto il tempo del mondo per rimediare agli sbagli e al silenzio. La speranza è sempre una buona idea, e in matematica, in amore,  ci sono eccezioni. (7)

[2012] Jesse, trentacinque anni e l'instancabile utopia che vivere di cultura si può, torna nel campus che l'ha visto matricola in occasione del pensionamento del suo mentore. In una festa un po' tristanzuola e in passeggiate rinvigorenti, tra studenti e studentesse di altre generazioni, conosce l'adorabile e colta Zibby: tanta fretta di perdere la verginità, crescere, varcare la soglia del mondo dei grandi. Come spiegarle che, sul finire della gioventù, il bicchiere del proverbio sembra sempre mezzo vuoto? Come raggirare quei quindici anni di differenza, che li aprono ai confronti e li irrigidiscono davanti alla prospettiva del rapporto fisico? Cercano le risposte a passeggio e diventano protagonisti di una fitta corrispondenza, se lontani. Sproloquiano di Infinite Jest e dei romanzi sui vampiri; si domandano se leggere libri brutti, e uscire con le persone sbagliate, sia tempo sprecato, o puro disimpegno. Crescono, nel mentre, anche se lui dovrebbe essere più adulto e saggio di lei, ed è finito il tempo di dormire sulle corone d'alloro. Tutt'intorno, il rinnovo generazionale sembra ignorare loro: un docente che non si rassegna all'inattività; una prof che commenta gli autori romantici e, al contrario, è il trionfo del disamore; un giovane autodistruttivo che insegue miti sbagliati; un hippy con la faccia di un simpaticissimo Zac Efron che compare sulle panchine, a distribuire perle di saggezza e sorsi da una fiaschetta assai sospetta. Liberal Arts, visto a conclusione di una giornata no, è una di quelle commedie indie, logorroiche e alternativamente romantiche che, da queste parti, troveranno sempre la più calorosa delle accoglienze. Perché retti su bei dialoghi e belle coppie – la splendida Elizabeth Olsen e un Josh Radnor, qui attore e regista, che mi somiglia un po' – e, questa volta, ambientati in campus universitari che non sono meno stimolanti delle città d'arte a cui, con un Linklater, siamo abituati. Questione d'orgoglio personale, anche, parlandosi all'infinito di libri (librerie, libraie e dintorni), soprattutto se stimolati da un'accesa passione per humanae litterae che un giorno ci renderanno malinconici, barbuti e disoccupati, sì, ma inclini alla poesia. Quant'è bella la scena in cui, con l'opera lirica in cuffia, si cancellano i rumori della modernità e New York appare diversa? Quanto frena, però, non sollevare il naso dai libri, studiare il “carpe diem” ma non applicarlo alla lettera? A tratti, ci sono i sorrisi, la riflessione, l'aforisma da appuntarsi. E, ovunque, all'incirca, ci sono anch'io. (7)

10 commenti:

  1. Liberal Arts è pronto per la visione, perfetto com'è per queste serate alle ricerca della romcom giusta, un po' come lo è Tutti i santi giorni, quanto l'ho amato!
    Su Una giornata particolare abbiamo già parlato, e prima o poi devo decidermi a riempire lacune così fondamentali.
    Infine, il mio dogma "se hai amato il libro, non guardare il film" non mi permette di vedere la trasposizione di Costanzo, senza troppi rimpianti anche.

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    1. E invece, secondo me, Costanzo piacerebbe anche a te, adesso. Al tempo dell'uscita, forse, più no che sì.
      Ti dirò: ho preferito il film. Più inquietudine, anche più tristezza, ma un mezzo lieto fine (ma mezzo mezzo), che concilia. :)

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  2. Di questi film ho visto soltanto quello di Scola quando uscì nelle sale,tanti anni fa.
    Un film bello ma di una tristezza quasi insopportabile.
    Virzì mi piace,venire cercherò di recuperare questo film.
    Sugli altri passo.

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    1. Fammi sapere su Virzì, per me originalissimo e diverso dai suoi soliti - e anche i suoi soliti, va be', sono ottimi.

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  3. Tutti i santi giorni è l'unico film di Virzì che non mi è piaciuto e anche La solitudine dei numeri primi l'avevo abbastanza detestato...
    Il mio primo impatto con Luca Marinelli quindi non è stato molto positivo. :)

    Una giornata particolare colpevolmente mi manca. Chissà se prima o poi farò come te e lo recupererò con ancor più ritardo? ;)

    Di Liberal Arts credo sia la prima volta che ne sento parlare. Potrebbe piacermi...

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    1. Ma come, Virzì è adorabile. Avrai visto il film sbagliato: mi pare chiaro! Recupera gli altri (anche Scola, che è datato, ma assolutamente non si vede). ;)

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  4. Ma perché non continuare a parlare anche dei classici? Non te la sei mica cavata male, anzi hai catturato lo spirito di un film che ritengo bellissimo e mahistralmente interpretato. Di riflesso si sente parlare anche della mia dimenticata terra, allora ancora più distante e luogo dove confinare prigionieri.
    Mi intrigano anche gli altri film che hai cosigliato. ;)

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    1. Oh, ti ringrazio, e sono felicissimo di parlarne con qualcuno che l'ha già visto. :)

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  5. Ho amato la coppia che tutti i santi giorni fa l'amore al mattino e aspetta un bambino che non arriva; Guidopedia e la tenerezza da spezzare perfino un cuore cinico; l'accento acuto del mio sud nelle parole di Antonia e la sua instancabile determinazione. Un Virzì che, concordo, sfida i suoi record e ne esce vincitore. Ti dirò, mi era piaciuto molto anche in quel Capitale che, se non sbaglio, tu non avevi particolarmente amato. Mi aveva catturata già da Tutta la vita davanti e La prima cosa bella, ma Ovosodo è stato il mio primo amore. Di Giordano ho visto il film, solo quello e, forse, è stato meglio così: sono passati un po' di anni ma ne ricordo ancora tutte le sensazioni. Per il resto, perché no? Concordo nel dire che riesci a parlare anche di classici e anch'io, come te, riesco ogni tanto a recuperarne qualcuno tra un esame e l'altro. Una giornata particolare, fortunatamente, è stato recuperato tra infiniti altri.

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    1. Ti ringrazio per i commenti di oggi, Otiumentis: mi dai sempre nuovi spunti :)

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