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sabato 21 maggio 2016

I ♥ Telefilm: Bates Motel IV, Damien, Grease - Live

Era partito in sordina e rimangiandosi la promessa dell'orrore. Bates Motel, reboot sul giovane Psycho, giurava di raccontarci un Norman Bates agli esordi. Quanto erano acuti i dolori del giovane Norman? Quanto era crudele e subdola una madre che, consapevolmente, lo aveva traviato? A lungo, in tivù, le risposte non soddisfacevano. L'adolescente, nonostante i suoi frequenti blackout, sembrava sano come un pesce; Norma era un dolce angelo del focolare con gli abiti floreali, anni Cinquanta. La terza stagione, però, ci aveva fatto ricredere: il gioco, allora, valeva la candela? Bates Motel, al suo quarto anno di vita, va velocissimo verso l'inevitabile. Dove, sin dall'inizio, doveva andare. E così si rivela il gioco degli sceneggiatori. Parchi quando si tratta di efferatezze e sangue – anche questa volta, infatti, gli omicidi scarseggiano – ma, per tutto il tempo, abilissimi nel farti stare a cuore personaggi psicotici, sgradevoli, ma memorabili proprio per quello. Ti affezioni agli assassini in erba con il complesso di Edipo e alle mamme belle e pressanti, che di quel famoso complesso sono senz'altro la causa, a tal punto che è difficile vederli passare dalla potenza all'atto; osservarli mentre diventano – cosa che, qualche serie fa, invece supplicavi – gli stessi del film originale. La fragile Emma, questa volta, con un'operazione abbraccia il proprio benessere; Dylan sogna di allontanarsi da una famiglia pesante, in cui qualche tempo prima si desiderava il benvenuto; lo sceriffo Romero, ed ecco la solita sottotrama superflua, ha fatto fuori un boss del posto, attirando su di sé le indagini della DEA e le gelosie di una vecchia amante. Norma, per amore di suo figlio, si sposa, perché ha bisogno di sostegno economico e, vuoi o non vuoi, s'innamora dell'uomo che ha accettato di metterle una fede al dito per imbrogliare la previdenza sociale. Norman, invece, è sempre più Norman: indossa la vestaglia di mamma, parla come lei e, in una sequenza seducente, corteggia una cubista; quando si baciano, però, ci sono solo Norma e la ballerina: lui è scomparso. Buchi nel muro, spioncini ovunque, amnesie... Viene chiuso in una casa di cura, per un po'. Ma, a contatto con altri pazzi, peggiora, e fa sue nuove e stranissime idee. Prende ispirazione per il suo gran finale? La Cook e Thierot sono teneri e affiatati. Lo sceriffo di Nestor Carbonell è duro, ma sentimentale. Vera Farmiga e Freddie Highmore, lei struggente e lui più inquieto del solito, sono finalmente al centro di una stagione che è alla loro altezza. Il season finale: fatale, lungo, quasi commovente. E, per una volta, così, puoi essere grato alla tua testa dura e, intanto, ti domandi dove fosse, quel giorno, la pigrizia; la voglia di mettere un'altra serie da parte. Perché Bates Motel, onesto e disonesto insieme, non ti fa pentire di non averlo abbandonato, quando non era che un teen drama in un mare di teen drama con il nome ingannevole, però, di un capolavoro senza tempo. (7,5)

Quarant'anni fa, Richard Donner dirigeva un horror cult, destinato a sequel discutibili e, nel 2006, a un remake che personalmente non mi era dispiaciuto. Sarà che avevo dodici anni, un'attrazione strana verso l'arcano e che Omen l'ho conosciuto proprio così. Cos'è stato del giovane Anticristo, che in un finale assai beffardo, dopo l'assassinio di entrambi i genitori adottivi, trovava ospitalità presso la Casa Bianca? Il dominio del mondo? Damien, prosecuzione ideale e a fantasia, portata sul piccolo schermo dagli stessi che avevano pensato un Psycho adolescente, immagina il figlio di Satana adulto. L'erede della sfortunata famiglia Thorne, dopo un'infanzia burrascosa e un'adolescenza con altrettanti misteri, è andato in Medio Oriente in cerca d'espiazione. Avverte un profondo senso di colpa, la voglia di cambiare: fotoreporter di guerra, rischia la vita, si dà a nobili missioni, le sue foto fanno il giro del mondo. Evidentemente, non sa che lui e la guerra sono fatti della stessa pasta... Dopo la trentesima candelina spenta, è tempo però di raccogliere un'eredità scomoda: gli incubi lo perseguitano, sul suo cuoio capelluto spunta il tatuaggio “666”, chi è vicino a lui rischia di perdere ciò che ha di più caro, due potenti – tra questi, l'affascinante Barbara Hershey, femme fatale agèe – fanno a gara per corromperlo. C'è chi lo vuole vivo e chi lo vuole morto, chi lo vuole cattivo e chi sognerebbe di cambiare la sua indole. In questa battaglia consumata tra il deserto e una patinata New York, come si sente il diretto interessato? Damien, che aveva tutte le carte in regola per essere un'operazione pessima, in realtà si pone i giusti interrogativi e, nell'abbracciare il male, lo fa con contrizione e umanità. Pur non venendo meno gli spunti horror – omicidi, apparizioni, voci -, si pone come un intrigante thriller psicologico e a lungo, eccezion fatta per ultimi episodi non così soddisfacenti, l'orrore è nella mente. Se la collega Katie McGrath in Slasher si confermava una cagna maledetta (cit.), Bradley James, altro volto di Merlin, è invece piuttosto capace: piace alla macchina da presa – ed è molto bello: piacerà senz'altro alle spettatrici – e ammicca poco e niente, curando come meglio può il ruolo di un ragazzo che fa di tutto per liberarsi dal suo cuore nero. Tra tentati suicidi e incidenti di percorso, Damien conta anche su qualche comprimario ben pensato: se gli aiutanti del nostro anti-eroe, però, non sono granché, gli sceneggiatori fanno bene con la storyline dell'agente Shay: poliziotto ligio al dovere, segugio spietato e, nella vita privata, protagonista di una relazione omosessuale senza cliché, con tanto di bambino – in pericolo, con Satana nei dintorni – a carico. L'iniziale sorpresa va scemando nell'epilogo, ma si ha l'impressione che come Bates Motel – che nella terza e nella quarta stagione ha sfiorato picchi lodevoli – questo Damien potrebbe fare meglio (o peggio, parlando dell'Anticristo) nei suoi snodi futuri. Rispetto al serial con la Farmiga e Highmore, inoltre, la nuova creatura di Glen Mazzarra parte meglio: senz'altro, con maggiore coerenza. (6,5)

Volete sentirvi vecchissimi? Quando sono nato io, Grease aveva già spento sedici candeline. Dandoci alla matematica, mio padre aveva tredici anni la prima volta che la commedia musicale di Randal Kleiser arrivò in sala: erano partiti in macchina, lui e mio nonno, e si era spostati dal paesello alla grande città, pur di vederlo. Perciò Grease, anche se non è cosa della mia generazione, l'ho visto e rivisto, da bambino. Ho memorizzato le prime parole in inglese, fischiettando le sue canzoni, e ho imparato ad apprezzare un genere che può irritare i più. Invece, per me, con l'attore che veste i panni del cantante, le strizzate d'occhio al teatro e le divertite contaminazioni tra generi, il musical è tra le manifestazioni più piene e affascinanti di quanto potente possa essere il cinema. Giravano da un po' voci su un remake e i nostalgici, dalla loro, borbottavano: i cult non si toccano. Però, non riduzione televisiva ma evento live in grande, il Grease andato in onda su Fox e trasmesso qualche mese dopo su Rai 4, non sembra un affronto neanche per un attimo. Anzi, fa una bella figura nell'inevitabile confronto. Rispetto alla versione cinematografica, canzoni sconosciute e nuove parentesi: soprattutto su quei comprimari, al cinema, poco approfonditi. I novelli DNCE suonano al ballo di primavera, Mario Lòpez presenta, una popstar inglese apre le danze. Il cast, rinnovato, ha volti del piccolo schermo a fantasia – Keke Palmer, Kether Donohue -, una cantante pop – Carly Rae Jepsen -, e un trio di protagonisti sorprendentemente versatili, nei ruoli più contesi. Se Julianne Hough, bambola di porcellana, è una natural born Sandy, Aaron Tveit – noto ai più per l'action Graceland, ma star di Broadway – sorpredente parecchio per estensione vocale, passo leggero, capello inamovibile. Vanessa Hudgens, ex brava ragazza di casa Disney, qui scatenatissima e ammiccante, convince particolarmente, con la sua Rizzo spregiudicata e romantica. E, sapendola sulle scene all'indomani della scomparsa del padre, tocca per una professionalità straordinaria. Il Senior Year alla Rydell di un'affiatata compagnia di amicici – bulli e pupe, auto truccate, il chiodo, le giacche rosa shocking, i capelli cotonati e l'immancabile brillantina – si apre con una Jessie J biondo platino che canta l'intro. Aggiornato ma non troppo, Grease: Live conserva dunque la sua aria retrò, ma approfitta di una necessaria rinfrescata – non nelle sonorità, immutate, né nei costumi, che tra Converse e risvolti ai jeans, sono quantomai attuali, bensì, nei volti: familiari, giovani, visti un po' qui e un po' lì. Corpi agili e voci senza sbavature, uniti in uno spettacolo a cavallo tra le generazioni, che ci stampa il sorriso sulle labbra e, nelle orecchie, il ritornello che pensavi di aver dimenticato. Perché perfino l'ultimo venuto al mondo, almeno una volta, ha visto Grease in vhs. Sennò, che infanzia hai avuto mai? Il pubblico che esulta in sala. La troupe e il set itineranti. E qualche scintilla, poi, qualche effetto speciale, per fare sfrecciare i bolidi e scamparla in un'avvincente gara su ruote. (7)

8 commenti:

  1. Sono rimasta indietro con Damien, ma mi rassicura che - pur non essendo un capolavoro al pari del film - riesca a mantenersi sulla sufficienza piena. Peccato che, a quanto ho capito, non sia stato rinnovato :(

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    1. Sì, confermo: cancellato.
      Peccato, peccato. C'è molto di peggio e, in dieci episodi meglio del previsto, mi ha sorpreso in positivo. :-/

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Devi resistere, però. Prime due stagioni, calma piatta.

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  3. Bates Motel prima o poi lo recupererò, pensavo perdesse colpi col passare delle stagioni. Lieto di sapere che non è così. ;)

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    1. Invece è l'esatto contrario, Salvo, migliora nettamente. Ma proprio nettamente. Le prime due stagioni sono - a volere essere generosi - così così. :)

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  4. Ooh il remake di Grease l'ho visto anch'io!!!! Pochi giorni dopo che l'avevano trasmesso in america, sulla tv inglese e mi è piaciuto molto (anche se alcune battute le ho perse perché non era sottotitolato). Alla fine avevo un sorriso a trentadue denti.
    Certo, non è l'originale -quello è insuperabile-, però è fatto molto bene ed è anche molto interattivo. Il cast, poi, l'ho trovato davvero brillante :)
    Cavolo, però è vero! Ahaha ci fa sentire un po' -tanto vecchi- ahaha

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    1. Ah, felice che qualcuno lo abbia visto!
      Una bella sorpresa davvero. ;)

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