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domenica 28 dicembre 2014

Mr Ciak #51: Posh, The Guest, Predestination, Necropolis, Scusate se esisto!

Posh significa Snob. Titolo adatto per parlare di dieci figli di papà, ma non di certo quanto lo è quello originale:The Riot Club. Un circolo ristretto nella prestigiosa Oxford i cui membri sono alla ricerca di nuovo leve. Tu sei pronto a farne parte? Miles e Alistair, ventenni di ottima famiglia, sono i prescelti. Spettano loro piccoli riti di iniziazione, crimini e atti di dispotismo. E il loro nome entrerà nella storia, ma non nel modo in cui vorrebbero. Quel secolare cenacolo goliardico di filosofia spiccia ed edonismo è destinato a finire in un'ultima cena. Scorreranno fiumi di champagne, sangue, lacrime di coccodrillo. A me piace proprio il modo in cui la danese Lone Scherfig inquadra il Regno Unito. Gli i(nde)finiti toni di blu, la fotografia pesta, l'occhio fisso verso un sistema scolastico che è specchio del mondo. In An Education una precoce sedicenne, con un'insufficienza in latino e il sogno di un'educazione accademica, si innamorava di un adulto. In One Day, le anime gemelle create dalla penna di David Nicholls si incontravano nel giorno delle loro lauree: lui, benestante, aveva una vita travagliata e più o meno felice; lei, brillante ma povera, pensava alla letteratura e serviva ai tavoli. Gli anni sessanta, gli anni ottanta e adesso gli anni duemila. Posh – con i colletti inamidati, i vestiti di alta sartoria, il panciotto e i guanti – è mascherato da studente modello. Esteticamente, sarà per la bellezza fuori moda dei protagonisti, sembra il frutto di un altro tempo, anche se non si discosta da quelle storie di ragazzi allo sbando che tanti ci hanno di recente mostrato. Ma non ne ha la volgarità e neanche l'audacia. Manca la crudeltà; la spocchia. I protagonisti fanno più una vaga antipatia che rabbia. Ingessato e british, si rifà a un'opera teatrale e la cosa si nota, nella scrittura di dialoghi interessanti e arguti; nella predilezione per gli ambienti circostritti. Dalla commedia nera passa al dramma e intrattiene che è un piacere, soprattutto per la notevole cura nella regia e un vento che soffia intrighi, pur essendo incapace di scuoterti. Tutto è già stato grossomodo mostrato, ma la lotta tra aristocrazia e proletariato emerge nel testa a testa finale: il proprietario di un ristorante fuori mano, una figlia idealista che non riesce a perdonargli il bisogno continuo di contanti e, contro, quelle tigri reali mai sazie. Buono il cast, in cui spiccano Douglas Booth, il più bello; Max Irons, il più protagonista ma con il volto che meno buca lo schermo; uno psicotico e sociopatico Sam Claflin che, dal punto di vista recitativo, nonostante un personaggio tutt'altro che insolito, è colui che spicca. Non c'è spazio per le donne, se non per la paffuta Jessica Brown Findlay e la lanciatissima Natalie Dormer che, con un cameo e quell'adorabile aria da stronza che si ritrova, ci fa scordare la collega. Prove calibrate, messaggio risaputo, una cornice ricca che rende perfino il quadro stesso più appetibile. (6)

Toc toc. Bussano alla porta. La mamma va ad aprire e si trova davanti un bel fusto: alto, biondo, muscoloso, lo zaino in spalla. La mamma lo fa entrare, perché l'educazione è la prima cosa e quello sconosciuto dice di essere stato il migliore amico di un figlio morto nell'esercito, in nome della cara America. Presentarlo al resto della famiglia, ospitarlo per qualche giorno, servirlo e riverirlo, ascoltando racconti di burle tra commilitoni e atti d'onore. Lasciare che si intrufoli in casa e che faccia sorridere il patriarca riottoso, innamorare perdutamente la maggiore delle figlie, insegnare al fratello più piccolo come difendersi dai bulli. Ma il telefono inizia a squillare, la morte a seguirlo, il mistero ad infittirsi. Chi è quel soldato in licenza? The Guest non è sbucato dal nulla: l'hanno preceduto i commenti positivi di chi l'ha visto, una media più che dignitosa su Imdb, la fama di quel regista che già con You're next ci aveva intrattenuti a dovere e sporcati tutti di sangue. E' un thriller da non prendere troppo sul serio, questo, pensato da uno che si diverte e ci diverte; brusco, irrazionale, prevedibile ma non così tanto. E quanto cavolo è divertente! Moltissimo, dall'inizio alla fine. Glielo riconosciamo. Adam Wingard – che in lista ha una lunga esperienza con gli horror a basso budget e la tivù – si fa un po' il Robert Rodriguez della situazione e, anche se la sua regia non brilla, brillano (e non) le sue idee raffazzonate, scolastiche, ma appassionate. The Guest è un allegro pasticcio di morte, con le mani sporche di colla e altro, ma non puoi non sorridere davanti all'entusiasmo e alla cura con cui è messo in scena, sullo sfondo di un imminente Halloween e di un ballo in maschera al liceo. La colonna sonora, poi, con compilation superate e con cd con dediche personalizzate, scritte rigorosamente col pennarello nero, è fighissima: un viaggio nell'electro dance degli '80s. E' credibile, come credibili sono due protagonisti di cui sentiremo secondo me parlare: la bellissima Maika Monroe, che ricorda le scream queen dei tempi andati, e l'altrettanto aitante Dan Stevens che, forse, qualcuno conoscerà per l'aristocratico Downtown Abbey. Al suo primo, vero ruolo da protagonista, il biondo attore britannico entra in sintonia con lo spettatore – be', con le spettatrici di sicuro – grazie a un ruolo che lo vuole piacione, distante, spietato. I suoi occhi di ghiaccio sono un'arma infallibile. Parte come un thriller home invasion degli anni '90, dunque, – vi ricordate Inserzione pericolosa, Paura, The Stepfather? - e finisce per essere una versione più cruenta, cattiva e fantasiosa di quei tamarissimi e amatissimi film con Van Damme & Co. Prima il potere della fascinazione, il mistero; poi muri crivellati di proiettili, sbirri, atrocità e cose di un trash voluto e irresistibile. (7)

Io sono un sognatore. Amo i viaggi nel tempo, ma odio la fantascienza e, spesso, mi sembra che una cosa escluda l'altra, a meno che non si parli delle commedie inglesi di Richard Curtis e di Ritorno al futuro. Pescato in una marea di film sottotitolati, Predestination è la fantascienza che voglio io. Pochi effetti speciali, una resa notevole, una trama che – nonostante qualche falla – sa stupire. Si inizia negli anni '70, in un bar in cui ci si riempie a vicenda di chiacchiere inutili: è nato prima l'uovo o la gallina? Un barman con un segreto serve da bere a uno sconosciuto con un segreto: ha in serbo per lui una lunga confessione che parla di loro. Va indietro negli anni: torna, parlando, a quando quello sconosciuto al bar era ancora una lei, una donna innamorata, e sognava di viaggiare nel cielo con gli astronauti. Scandisce a parole il passaggio da un sesso all'altro, da un decennio all'altro e, ora, quella persona che si chiamava Jane e che ora è John ha un destino imprevedibile a cui andare in contro. Mentre un piromane da inseguire a furia di salti temporali semina il panico in città, questi due sconosciuti – che al bar parlavano di curiosi paradossi – scopriranno di non essere chi pensavano. Tanto di cappello a questi australiani che, dopo The Babadook, mi regalano un'altra bella sorpresa. Predestination è un prodotto internazionale che intriga dall'inizio alla fine, con il suo fare da vecchio cantastorie e la sua voglia costante di sconvolgerti. I registi di quel Draybreakers che non era niente male affinano la loro arte e ritrovano Ethan Hawke. Bravo, al solito, non si fa mai cogliere impreparato: passa dal film d'autore al blockbuster con maestria e di rado si concede fragorose cadute di stile. Vista nel trascurabile Jessabelle, ruba però tutte le attenzioni la carinissima Sarah Snook, che coi capelli rossi e quell'indiscreto fascino nerd potrebbe un giorno conquistarmi il cuore insieme alla Deschanel e alla Kazan. Un ruolo ambiguo, che la vuole uomo e donna insieme e la mostra assolutamente padrona di giochi di mimetismo. Non inattaccabile, ma magnetico, disegna con poco scenari sterminati e ha atmosfere retrò atipiche. Mi è mancato un perché, un senso, ma è il come che è quasi magia. Contenuto e incontenibile, preciso e stuzzicante, Predestination è un continuo girotondo. Un impossibile vortice di gente che ha gli stessi occhi azzurri e destini diversi, in cui ogni esistenza è imprevedibilmente intrecciata con l'altra. (7)

Dopo il discreto Catacombs, il cinema torna nel sottosuolo della città più romantica del mondo: Parigi. Quand'è uscito questo Necropolis, però, l'ho ignorato. Quando l'ho visto, avevo le aspettative sottozero. Grosso però: il film, inaspettatamente, non è male. Visto a scatola (e a mente) chiusa, si è rivelato sin dall'inizio – o soprattutto all'inizio – un intrattenimento avvincente; una maniera sapiente di sfruttare una trama da poco, ma bellina coi suoi strani miscugli, e il found footage, che qui non viene a noia. Sarà che i protagonisti non sono i soliti adolescenti festaioli. Sarà che ti aspetti un horror, ti trovi davanti, poi, una specie di film d'avventura, e finisci, invece, con un claustrofobico thriller psicologico a tinte paranormali. I personaggi sono esploratori urbani. Archeologi che non rispettano le regole e credono ai tesori. Scarlett crede alla miracolosa pietra filosofale ed è decisa ad andarla a prendere, con amici reticenti e piccoli mercenari assetati di denaro, nella tomba del più famoso alchimista. A chilometri sotto il suolo, lontano dalle stelle. La portano lì furti di indizi, trucchi, giochi d'astuzia che da piccolo, quando avevo la febbre e guardavo cose come Il tesoro dei templari, mi piacevano da impazzire e, per sete di sapere, si troverà catapultata in un personale inferno che ha un po' dell'antico Egitto, un po' della Divina Commedia. Cosa ci fanno bambini persi nelle catacombe? Cosa ci fa, nelle grotte, una macchina in fiamme? Com'è possibile che, nel silenzio, si senta lo squillo di un telefono fantasma? Le risposte alle domande prendono per la gola, ma ottenerle – o non ottenerle – non soddisfa pienamente. Il difetto di Necropolis è un epilogo sbrigativo e felice, anche per chi ama il lieto fine come me. Con una dose maggiore di cattiveria, questa grotta degli orrori che già fa una figura decorosa avrebbe avuto una marcia in più. Per chi legge Dan Brown e Paragorn Hotel, storie di ordinaria perdizione. (6)

I film italiani non li disdegno. Le commedie però le guardo, ma non mi viene niente da dire. Si sa già di che parlano (ossia di poco), e si sa già come sono (poca roba). Due paroline per Scusate se esisto! le spendo. Faccio un'eccezione per la Cortellesi e per un film che parla di argomenti attuali con il sorriso. Uno di quelli naturali, non da fototessera. Avete presente la fuga dei cervelli? Bene. Uno di quei cervelli è rientrato in patria. Serena ne ha fatta di strada e, da un paesino tra i monti abruzzesi, è volata a Londra. Ma aveva nostalgia di casa. A sua spese è ritornata, e la aspettano una Roma periferica, in cui la crisi si vede, come un condomino disordinato e sporco. Il lavoro – uno dei tanti - le fa conoscere Francesco. L'uomo perfetto... in cerca dell'altro uomo perfetto. Gay e padre di un figlio, Francesco accetta Serena come coinquilina. In quell'appartamento si daranno il cambio amanti mezzi nudi e, tra false identità e fraintendimenti, si costruirà lo scenario coloratissimo di una graziosa commedia degli equivoci. Con al comando una Bridget Jones dall'accento meridionale, il nuovo film di Riccardo Milani è un Will & Grace nostrano che parla delle donne e del posto fisso, di uomini che amano altri uomini, del pregiudizio e dell'accettazione del diverso. La regia è standard, la trama è un collage di situazioni riuscite, gli attori sono in parte e formano una piacevole galleria di personaggi bizzarri. Grande mattatrice Paola Cortellesi, con al suo fianco un Bova che si lascia condurre nelle danze. Pessimo nel recente Fratelli Unici, qui ci mette il fisico scolpito, la faccia e tanta ironia. Esilarante la partecipazione di Marco Bocci: il tenebroso Calcaterra della tv che diverte moltissimo in vesti, come dire?, gaie. Epilogo aperto e non scontato, una punta di amarezza nei pranzi in famiglia, la voglia lodevole di fare andare a braccetto satira e rom com. Arrivato prima dei cinepanettoni, un prodotto della tradizione nostrana che, con la sua vaga dolcezza di fondo, a lungo andare non dà nausea. (6,5)

14 commenti:

  1. Posh mi ispira veramente molto.
    Personalmente,nonostante Douglas sia ritenuto il più bello lo trovo il meno particolare dei tre. Max Irons e Sam Claflin li ho visti alle prese con altri film e li reputo dei bravi attori,poi la trama mi incuriosisce tanto!
    Appena posso lo guardo,non posso farmelo scappare.Buone feste (:

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    1. Buone feste a te!
      Non è un brutto film, indubbiamente, ma la cattiveria scarseggia.

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  2. Devo vedere Posh, anche io ogni tanto spengo il cervello con le commedie italiane purtroppo tutte simili. Necropolis come dici tu non è malaccio ma sono diventato intollerante ai mockumentary/food footage

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    1. Anch'io, però Necropolis sfrutta la cosa in modo intelligente. Peccato per quel finale da Disney Channel :P Posh pure è un po' edulcorato, nonostante la svolta (ovvia) della fine. So essere più acido io ahahah

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  3. the guest è spettacolare!

    posh parte maluccio, ma nella seconda parte secondo me diventa cattivo il giusto e nel complesso mi è piaciuto discretamente.

    predestination al contrario comincia bene, poi diventa troppo derivativo nei confronti di altri film sui viaggi nel tempo già visti e molto migliori.
    ritorno al futuro resta imbattibile :)
    la cosa migliore del film è l'ottima sarah snook, che però fisicamente non mi pare al livello di zooey e di zoe. sarà che in questo film è un po' troppo mascolina... :)

    scusate se esisto in futuro potrei recuperarlo. forse...

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    1. Scusate se esisto è carino: oggettivamente carino. :)
      Predestination è un po' pasticciato, ma la fine mi ha stupito ugualmente - che sia coerente o meno con il resto. Un bel colpo di scena, proprio.
      Sì, la Snook qui è davvero un bell'uomo ahahah

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  4. Come già sai Posh mi ha in parte delusa, visto il mio amore per la regista mi aspettavo qualcosina di più, anche solo in cattiveria. Gioca facile, anche con la scelta di attori così... fotogenici :)
    Gli altri mi mancano, ma forse forse, solo quello che il caro Ethan ha una possibilità di essere ripescato.

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    1. Ma io ti consiglio anche The Guest, sai? Ti fai due risate, ché ogni tanto il trash (intelligente) piace :)

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  5. "Predestination", come ben sai, mi è piaciuto parecchio, a sorpresa. Bravissima la Snook, e bravissimo anche Ethan Hawke, che ormai mi piace e convince sempre di più! ^^
    "Necropolis" è ancora da recuperare, ma intanto sono contentissima di leggere le tue parole: se non si rivelerà un totale disastro, potrò già dirmi enormemente contenta! XD
    Non c'entra assolutamente niente, ma sai cos'ho visto io invece ieri sera? "Philomena"... semplicemente adorabile! *___*

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    1. No, Necropolis è bellino. Meritava anche un più, però io sono tirchio: peccato solo quel finale...
      Sì, Philomena è emozionante e dolcissimo. Poi amo la Dench: correrei ad abbracciarla :3

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  6. OH finalmente un altro parere positivo su Posh oltre il mio :)
    Per Necropolis per me è un nì, ci mette troppo a carburare e poi sul più bello è praticamente già finito!

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    1. Positivo solo in parte. Poteva essere mooolto meglio. Non si impegna troppo, ecco. Eppure gli inglesi e il loro umorismo cattivo sono noti: qui si smentiscono ;)

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  7. Predestination e The Guest di cui parlerò presto da me mi sono piaciuti un casino anche a me The Guest nella parte centrale ha fatto pensare a Van Damme mentre il finale è puro slasher anni '80....

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    1. Io sono di un'altra epoca, ma qualcosa ho colto.
      Mio padre avrà apprezzato pure più di me :)

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