Pagine

giovedì 27 luglio 2023

Il sesso (Made in Italy), il sogno (Made in Italy), le serie TV (Made in Italy)

Zerocalcare torna, dopo aver conquistato anche il piccolo schermo. Questa volta è sulla soglia dei quaranta, ironizza sul suo accento e, immaturo, si ostina a non prendere il carrello al supermercato ma a portare la spesa in equilibrio tra le braccia. Il ritorno di Cesare, amico d'infanzia, e le polemiche intorno a un centro d'accoglienza per immigrati lo porteranno a riflettere sulle cattive compagnie, sul destino, sui mostri dell'ignoranza. In una Tor Bella Monaca sotto assedio, Zero porterà alla luce contraddizioni finora nascoste sotto il tappeto. Pop, poetico, politico, il fumettista presta penna, cuore e voce ai personaggi a cui ormai abbiamo imparato a volere bene. Ma mentre Secco propone il gelato come cura di ogni male, a questo giro è Sarah a farci meditare amaramente: quale idealismo può permettersi una docente vittima del precariato e dell'immobilismo? Tutto fila in fretta; forse troppo? Questa nuova stagione, meno filosofeggiante e più satirica, non riesce a sottrarsi a un diffuso didascalismo. Ho pensato che la proporrei ai miei alunni per Educazione civica. A loro piacerebbe parecchio questo bignami travestito da guerriglia civile. Ma dall'autore della struggente Strappare lungo i bordi mi srei aspettato qualcosa di più personale, più sincero, più mio. (6,5)


Un'adolescente cerca la madre scomparsa. Due madri cercano un futuro migliore per i loro figli. Una pm caparbia e spietata, invece, cerca una breccia per introdursi nei covi della Ndrangheta. La forza delle donne – ora vittime della violenza delle famiglie, ora della solitudine insopportabile dell'isolamento – farà crollare il sistema dall'interno. Commovente, epica, tesissima, The Good Mothers è una storia vera che racconta la cronaca con i mezzi e l'emozione del cinema di impegno civile. Il pensiero va alle donne che non ce l'hanno fatta. In ogni caso, non hanno perso la battaglia. L'hanno lasciata in eredità a Gaia Gerace, che con il suo fare ancora acerbo conferisce innocenza a Denise Cosco; a Valentina Bellè, camaleontica come la migliore delle trasformiste hollywoodiane, che ruba le sigarette e l'accento alla vera Giuseppina Pesce; a Barbara Chicchiarelli, sbirra gelida, che comunica fermezza e acume in ogni sguardo. Dirigono Fellowes e Amoruso, tra Regno Unito e Italia. E in sei episodi, con asciuttezza e onestà, vincono al Festival di Berlino e conquistano plausi ben più del patinato Ti mangio il cuore. (7,5)

Avevo letto il romanzo ai tempi della pubblicazione. Scritto divinamente, mi aveva lasciato poco, se non il ricordo di una prosa sanguigna e il ritratto di un'adolescenza contraddittoria. Troppo esile e lineare per una miniserie di sei ore, diventa in realtà un intrattenimento di altissimo livello grazie alla libertà creativa che Netflix ha concesso a Edoardo De Angelis. La vita bugiarda degli adulti è una parabola eccezionalmente “grunge”, maleducatissima, dal look anni Novanta e dal comparto tecnico da applausi: il quinto episodio – piccolo capolavoro – ricorda il meglio di Euphoria. Giordana Marengo, bella ma troppo acerba, viene condotta nel lato oscuro da una Valeria Golino in stato di grazia: chi se le scordano che ballano Edith Piaf in terrazza e immaginano di volare? Forse, come accaduto con il romanzo, scorderò il resto. Ma la musica, le luci al neon, il sangue negli occhi e i dialoghi sputati fuori come noccioli di ciliegia garantiscono ai cinefili momenti di memorabile lirismo. No, non è L'amica geniale. Giovanna non è né Lila né Lenù e non sempre si comprende facilmente. È una protagonista imperfetta. Ma anche lei, come quei genitori che tanto biasima, ci incanta con le bugie dei suoi ribelli sedici anni: van dette, a volte, perché sono più belle del resto. (7,5) 

Non era il romanzo più giusto da cui aspettarsi una trasposizione impeccabile. Storia di chi fugge e di chi resta, terzo capitolo della tetralogia dei record di Elena Ferrante, è un'opera di transizione: con il senno di poi, il romanzo che ho meno apprezzato fra i quattro. Come sempre fedelissima al materiale di partenza, la coproduzione Rai e HBO ne trae pregi e difetti. Il risultato sono otto episodi meno accattivanti dei precedenti, in cui la metamorfosi fiorentina dell'irrequieta Lenù – ormai moglie, madre, scrittrice in crisi – sottrae spazio vitale alle vicende del rione e, dunque, alla ben più carismatica Lila. A pagarne caro il prezzo è soprattutto Margherita Mazzucco: una Lenù esemplare – nell'apatia, nell'antipatia, nei silenzi, negli sguardi giudicanti –, ma anagraficamente e professionalmente troppo acerba per sostenere il peso della serie: a volte, appare una ragazzina vestita da adulta e specialmente nelle scene di sesso con Matteo Cecchi – un Pietro bravissimo – semina disagio nello spettatore. Gaia Girace, invece, si conferma incandescente. Dispiacerà non rivederle, il prossimo anno, ma saggia è l'idea di preferire loro attrici più mature. Bocciata la regia di Lucchetti: dopo i picchi di Costanzo e Rohrwacher, appare piatta, televisiva e con dissolvenze imperdonabilmente kitsch. (7)

Sullo sfondo della mia bellissima Torino, la storia in salsa pop della prima avvocata italiana. Radiata dall'ordine in quanto donna, Lidia Poet viene riscattata su Netflix in una serie che cavalca prevedibilmente e facilmente l'onda del femminismo. La sua storia, a puntate e rigorosamente romanzata per ammiccare ai più giovani, diventa quella di una sexy Signora in giallo con il pallino della disobbedienza civile e dei gialli da risolvere. Questa Lidia impreca, si barcamena i triangoli sentimentali, indossa abiti straordinari e si muove a ritmo su una colonna sonora modernissima. I discendenti dell'avvocata e gli amanti del period drama rigoroso, però, borbottano. Piacevole e nulla più, già confermata per una seconda stagione, La legge di Lidia Poet strizza l'occhio a Dickinson e The Great, ma la vecchiezza della scrittura tradisce in parte le buone premesse di partenza. Nota di demerito a Matilda De Angelis: richiesta anche oltreoceano e solitamente in parte, l'attrice bolognese indossa a meraviglia gli abiti d'epoca confezionati dai costumisti, ma non è mai parsa così forzata e sospirosa nella recitazione. Potrebbero urgere i sottotitoli per decriptare suoi mille, inutili sussurri e venire a capo, così, della risoluzione del caso. (6)

Chi non vorrebbe lavorare al servizio delle star? Provatelo a chiedere agli agenti cinematografici di questa serie TV, remake – riadattato in chiave italiana e assolutamente vincente nella scrittura – dell'omonima produzione francese: sempre di corsa, competitivi e stremati, rimediano ai maggiori divi di casa nostra sacrificando vita privata e sanità mentale. Paola Cortellesi deve girare con Brad Pitt un ambizioso dramma storico, ma per i produttori americani è troppo vecchia per affiancare l'attore hollywoodiano: botox sì, botox no? Sorrentino pensa alla terza stagione di The Young Pope, ma sogna una papessa con il volto di Ivana Spagna: Madonna e Lino Banfi reciteranno nel ruolo dei genitori. Favino, alle prese con l'ennesima trasformazione fisica, non riesce ad abbandonare l'ultimo personaggio interpretato per un biopic internazionale: come ci si libera dell'accento di Che Guevara? Matilda De Angelis deve fare pubblicamente ammenda per un tweet frainteso: vietata l'ironia, ai tempi del politicamente corretto a tutti i costi. Accorsi deve destreggiarsi su due set agli antipod e, infine, e Guzzanti andare d'accordo con Emanuela Fanelli. Brillante, personale e autoironica, Call My Agent è un tuffo nel metacinema che delizierà gli appassionati di Boris. (7)

6 commenti:

  1. Salvo una sequenza che ho trovato molto cringe, come dicono i giovani (il dialogo con l'immigrata mentre tutti, attorno a loro, si pestano e si odiano), ho adorato anche questa nuova serie di Zerocalcare, che a tratti mi ha strappato lacrime cocenti.
    De L'amica geniale, per motivi di tempo, mi sono dovuta "accontentare" dei libri, abbandonando la serie al secondo capitolo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Prosegui con la serie, la seconda stagione ha episodi indimenticabili diretti da Alice Rorhwacher!

      Elimina
  2. Devo calarmi di più in Italia, anche se Zerocalcare mi è piaciuto così impegnato, l'ho trovato più maturo rispetto a Strappare lungo i bordi.

    Datemi tempo, ma a recuperare tutto L'amica geniale ci arrivo, e poi griderò a quanto mi sono persa in questi anni :)
    Le madri coraggio sono fuori stagione adesso, ma in autunno riservo già il posto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah, finalmente ti sei decisa a recuperare anche la serie! Ricordo il tour de force con i romanzi. :)

      Elimina
  3. Zerocalcare personalmente non mi ha deluso. Mi aspettavo invece di più da The Good Mothers, che mi ha provocato qualche sbadiglio più del previsto

    Lidia Poet e Call My Agent mi hanno divertito, quindi sono contento così.

    Bella La vita bugiarda degli adulti, però L'amica geniale per me resta un gradino sopra, anche con una regia 'sta volta magari non proprio al top :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Attendiamo la quarta stagione, allora, anche se sono affezionato troppo al vecchio cast (giovane, acerbo e tutto) :(

      Elimina