Pagine

giovedì 12 marzo 2020

Recensione: La storia di un matrimonio, di Andrew Sean Greer

La storia di un matrimonio, di Andrew Sean Greer. Adelphi, € 10, pp. 224 |

Gli anni Cinquanta sono gli stessi dello splendido Lontano dal paradiso, a sua volta ispirato ai melodrammi del regista Douglas Sirk. Gonne a campana, scarpe Oxford, capelli impomatati e foulard annodati sotto il mento. Una schiera di villette tutte identiche, tutte perfette, con i rampicanti sulla facciata e l’oceano al di là del vialetto. In un quartiere residenziale da depliant, il Sunset, la coppia composta da Holland e Pearlie si oppone ai dispiaceri più grandi – la poliomelite contratta dal figlio, le notizie della guerra in Corea, i commenti maliziosi di parenti e vicini – concedendosi la carezza di un dessert dopo cena. Se il marito incarna le migliori virtù americane, bellissimo e cordiale, la moglie sembrerebbe al contrario mite e servizievole: custode silenziosa dei meccanismi familiari, in realtà, Pearlie si è assunta le responsabilità maggiori. Accettare Holland con i suoi misteri, con i suoi silenzi, con il suo cuore mal funzionante; difenderlo dalle preoccupazioni – gli schiamazzi, le tragedie internazionali – scegliendo il cane più ubbidiente della cucciolata e tagliando via dal quotidiano le pagine dedicate alla cronaca nera. Lo ha conosciuto in Kentucky, prima della Seconda guerra mondiale, e lo ha ritrovato su una spiaggia della California alla fine del conflitto. Ha promesso alle zie che si sarebbe presa cura di lui, che lo avrebbe tenuto d’occhio. Anime gemelle, pensate, sono nati ad appena un giorno di distanza. Come continuare a portare felicemente una maschera se l’arrivo di uno sconosciuto alla porta rompe gli equilibri? Buzz ha occhi scintillanti e indagatori, un passato da obiettore di coscienza e un appartamento da scapolo di cui si dichiara stanco. A capo di una fabbrica di corsetti, conosce a menadito i segreti del mondo femminile. Dunque anche quelli di Pearlie?

Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo. Nostro marito, nostra moglie. E li conosciamo davvero, anzi a volte siamo loro: a una festa, divisi in mezzo alla gente, ci troviamo a esprimere le loro opinioni, i loro gusti in fatto di libri e di cucina, a raccontare episodi che non sono nostri, ma loro. Li osserviamo quando parlano e quando guidano, notiamo come si vestono e come intingono una zolletta nel caffè e la guardando mentre da bianca diventa marrone, per poi, soddisfatti, lasciarla cadere nella tazza. Io osservo la zolletta di mio marito tutte le mattine: ero una moglie attenta. Crediamo di conoscerli, di amarli. Ma ciò che amiamo si rivela una traduzione scadente da una lingua che conosciamo appena.
Ora amici e ora nemici, in un poligono sentimentale dai risvolti imprevedibili, i protagonisti balleranno un tango della gelosia fatto di passioni, sgambetti, tiri mancini. Giunto per la prima volta alla mia attenzione grazie all’omonimia con il film di Noah Baumbach, La storia di un matrimonio è un dipinto di Edward Hopper che prende finalmente vita. Un ritratto struggente ma incantevole su anni insidiosi. Dietro la patina dorata, regnavano il perbenismo e il sospetto, l’intolleranza e la discriminazione: non c’era spazio per gli invisibili, per i medi, per gli ordinari. L’autore, allora, sceglie di ricordarli qui. Con una testimonianza che al lettore ricorderà un’abitudine dei soldati in partenza: firmavano una banconota da un dollaro per continuare a circolare; per lasciare un segno nel mondo. Con bravura impressionante Andrew Sean Greer racconta le esercitazioni antiaeree, le cacce alle streghe e ai comunisti, il conflitto dalla prospettiva dei vili che non l’hanno combattuto. Nati in una brutta epoca, i suoi personaggi si adeguano con rimedi estremi all’atmosfera tesissima del circondario.

Da quella sera sarei stata come una forestiera venuta da un paese lontano, dove non è mai stato nessuno e di cui nessuno ha mai sentito parlare. Un'immigrata di una terra scomparsa: la mia gioventù.

Dal momento che in guerra e in amore ogni mezzo è lecito, quanto ci vorrà affinché la crocerossina senza macchia cominci a pensare alla maniera dei reazionari, ad abbracciare il cambiamento, a rifiutare l’osservanza delle convenzioni sociali? Su un fondale teatrale composto da salotto e corridoio, specchio insieme di una nazione e di una relazione, si mescolano i pudori e i fervori, l’eccezionale e l’ordinario di una partitura di rara eleganza. Esercizio stilistico, dirà pure qualcuno, davanti a uno stile d’altri tempi che sembra proprio risalire all’epoca dei classici del genere noir – l’autore, contemporaneo, sta per compiere cinquant’anni. Ma fra le pagine si respira a ben vedere commozione vera, una suspance palpabile. La storia di un matrimonio è una perla che invito a scoprire o riscoprire, saltata fuori dai sogni degli esteti di ogni dove. L’erba del vicino è sempre più verde. Ma nel buio oltre la siepe dei Cook, lo stesso del capolavoro di Harper Lee, si nascondono intrighi agrodolci e malefatte un po’ crudeli. Il tutto, messo in scena nei toni del bianco e nero, in un eterno contrasto che rende raggianti le zone di luce e spaventosi i coni d’ombra.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Franco Battiato – La canzone dei vecchi amanti

12 commenti:

  1. Spero di leggerlo. Mi hai incuriosita davvero molto ☺️☺️☺️

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie! Un romanzo che consiglio moltissimo, letto quasi a scatola chiusa. :)

      Elimina
  2. Conoscevo già Andrew Sean Greer, anche se per il momento solo di fama e di nome. I suoi romanzi sono da tempo nella mia wishlist, in attesa di incontrarli nei miei viaggi da lettrice. Sbaglio o in Storia di un matrimonio sento un eco di Revolutionary Road?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sicuramente, sia per temi, sia per ambientazioni. Però questo ha un intrigo molto più romanzesco; un approccio meno neorealista, diciamo così!

      Elimina
  3. adelphi nasconde un sacco di gioiellini da non perdere. Magari questo è uno di essi :)
    ne terrò conto!!

    RispondiElimina
  4. Sembra perfetto per una versione per il cinema. Quindi aspetto che la facciano. Anche se dovranno trovargli un altro titolo, mi sa, che altrimenti Noah Baumbach si incavola. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In realtà è stato Baumbach a copiare Greer (usciti nel 2008)!

      Elimina
  5. Insomma, ogni volta che ti leggo non posso far a meno di pensare che tu sì che sai scrivere, che in confronto le mie recensioni dovrebbero essere cancellate dal web ahah. A parte questa piccola premessa per farti i miei complimenti, mi sembra un titolo interessante... quelle storie di cui segui la trama senza comprenderla fino in fondo perchè ciò che conta è il sentimento che trasmette. E la prima delle citazioni che hai riportato è meravigliosa; quest'immagine del vedere "dall'esterno" quelli che amiamo mentre parlano, si guardano in giro o fanno cose in cui non siamo coinvolti è ben descritta

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma cosa dici, grazie mille!
      Quella frase è proprio l'incipit del romanzo. Bellissimo!

      Elimina