(usciti
nel 2011 con Corriere della Sera, al prezzo di un euro ciascuno)
Reduce
dal successo internazionale e da polizieschi scritti sul modello dei
serial statunitensi, un Donato Carrisi da riscoprire sceglie questa volta il tinello domestico per raccontare eccezionalmente
orrori ordinari. Inquadrate tra Piemonte, Puglia e Spagna, le
protagoniste sono tre minorenni da poco scarcerate. Rosi, una gigante
buona; Cinzia, moderna Bonnie senza più il suo Clyde; infine Tecla,
anima del gruppo che le ha radunate. Il loro ultimo colpo: rapinare
una pensionata e farla franca. Eccole in una casetta di un borgo
meridionale, con a terra il cadavere di un’anziana e un telefono
che squilla incessantemente. E imprigiona le ragazze lì, nel dubbio.
Rispondere o riagganciare? Chi ci sarà dall’altra parte? Più vicino alla nostra cronaca, questo Carrisi al femminile
– ho pensato, ad esempio, ai thriller di Barbara Baraldi – è
rapido ma nient’affatto indolore. Racconto disperato e sottile di
abusi e rivalsa, con uno stile evocativo e tutti i ribaltamenti
possibili in sole sessanta pagine – il tutto, senza perdere mai la giusta credibilità –, Falene è attratto dalla luce ma è
destinato all’oscurità. Proprio come la sua protagonista, reduce
da un’infanzia tragica e in cerca di vendetta per quella sorella
bellissima – traviata da uomini e eroina – , che non
dimentica né perdona i torti subiti. Anzi, se li lega al dito. E ne
fa intrichi; intrighi.
Cosa
può il richiamo del proprio sangue contro la consapevolezza di
essere stati la causa involontaria del primo sangue sgorgato dal
ginocchio di un amico?
A
Cabras c’è una tradizione particolare. Durante la processione
pasquale, da un capo all’altro del paese partono due statue – Maria e Gesù – che si incontrano nel momento dei
festeggiamenti solenni. Qualcosa cambia quando una seconda parrocchia divide il paese in giurisdizioni diverse: si
può fare una doppia processione? A raccontarci il tormento del
paesello è il piccolo Maurizio, che vive una condizione sospesa: né
natio né turista, guarda Cabras dalla soglia della porta – il
folklore, il senso di appartenenza – e si domanda se sarà mai incluso in quel “noi”.
Su uno sfondo colorato e pulsante, una Michela Murgia leggera
e divertita dà vita a un gioco bellicoso che diventa infine una
classica lezione sul perdono, regalata proprio dai
coetanei di Maurizio. L’episodio, semplice e curioso, è sviscerato
senza bisogno di grandi trame o personaggi, come nella migliore
tradizione del racconto breve; ma con la suddetta tradizione ha in
comune anche una vaghezza d’intenti che a volte fatico
ad apprezzare. Caratterizzato da un andamento lesto e da una
dimensione corale perfettamente resa, L’incontro conferma
lo stile di Michela – una che con le parole fa il Tetris,
centellinandole con precisione matematica – nonostante uno spunto
destinato a esaurirsi tardi ma in fretta. Resta il
migliore dei tre, ma è quello che meno intrattiene.
Andrea
gli sedeva accanto. Con le ginocchia che
toccavano le sue, e i polpacci che toccavano i suoi. Gli dava delle
gomitate leggere. Sorrideva come può sorridere una statua gotica
nell’anfratto più buio di una chiesa.
Piero,
non nuovo dagli andirivieni dal carcere, è un criminale insospettabile. Fascinoso e furtivo, con a casa una moglie che non
gli ha dato neanche la gioia di un figlio, durante una tappa
in autogrill dà uno strappo in macchina all’enigmatico Andrea:
biondo e spigoloso, seduto sul lavandino di un bagno pubblico, legge
Tex all’una del mattino. Tra l’adulto e l’adolescente scatta un
colpo di fulmine inspiegabile, che a volte somiglia a un rapporto
padre-figlio, altre un’attrazione erotica. Regali, viaggi,
mazzette: Piero paga per la compagnia del ragazzino, cercando di
conquistarne i favori. L’uno è un gatto selvatico, che graffia e fa le fusa. L’altro è una lince, maestro del
furto e dell’inganno. Quali dei due, bestie senza padrone, avrà la
meglio? In una provincia italiana di acciaierie e risaie si svolge l’attrazione divorante di una
canaglia verso un efebo inarrivabile. Cosa c’è dietro la sua
bellezza? Cosa dietro la sua tristezza? Sulla scia di Morte a
Venezia, benché le atmosfere metropolitane e torbide ricordino Le ferite originali, La lince è un racconto
feroce e seducente con uno svolgimento,
per forza di cose, appena abbozzato. Due personaggi tanto tormentati
e contorti, nonostante l’indiscreto talento di una Silvia
Avallone distante dalla freddezza dell’esordio, non hanno
purtroppo il loro spazio vitale. Quando Piero perde la testa,
l’autrice perde il filo. La lettura, così, si chiude con un senso
d’irrisolto che non soddisfa, come se fosse l’assaggio di una
storia dal grande potenziale. Sessanta pagine erano poche per una
storia di crimini, desiderio e genitorialità: peccato; avremmo
voluto sinceramente saperne di più.
Non ne sapevo nulla di queste edizioni, anche se questo genere non rientra fra i miei preferiti ☺️☺️☺️ Carrisi però mi affascina, e pian pianino recupererò altro di suo 😊😊
RispondiEliminaL'iniziativa ha riguardato tantissimi autori, e altrettanti generi!
EliminaHi, I follow you on gfc #1103 , follow back?
RispondiEliminahttps://lovefashionyes.blogspot.com/
Come se avessi accettato.
Eliminanon conoscevo nè questi libri nè le edizioni straeconomiche, mannaggia che me le son perse o.O
RispondiEliminaStraeconomiche, ma le pagine sono pochine, non ti credere...
EliminaNon sapevo che Carrisi avesse scritto Falene, mi sembra un romanzo criminale coniugato al femminile che mi piacerebbe leggere. Prendo nota :)
RispondiEliminaLo consiglio moltissimo (al contrario della Casa delle voci, per me uno dei suoi peggiori purtroppo). :)
EliminaAl momento sono impegnato nella lettura di uno scrittore nuovo. Un certo Del Vecchio, non so se lo conosci. :D
RispondiEliminaHa pubblicato un romanzo davvero valido ma, considerata la mia lentezza nel leggere e nel trovare tempo per leggere, non so quanto ci metterò a finirlo. Meglio comunque non divagare ulteriormente cercando altre letture.
Se è davvero valido, sicuramente si tratterà di omonimia, ahahahahah!
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