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mercoledì 11 settembre 2019

Recensione [Strega 2019]: La straniera, di Claudia Durastanti

| La straniera, di Claudia Durastanti. La nave di Teseo, € 18, pp. 285 |

Hello, stranger. Erano queste le parole con cui i comprimari, negli episodi di Beverly Hills 90210 – cult degli anni Novanta da me conosciuto soltanto di sfuggita –, accoglievano ogni volta il ritorno in scena del compianto Luke Perry. Era il personaggio più sfuggente e avventuroso della serie, un vero rubacuori. Era il personaggio più amato dalle adolescenti. Sarà per questo che l’autrice, all’epoca liceale sospesa fra mondi e culture agli antipodi, è diventata una straniera: soprattutto agli occhi di sé stessa. Claudia Durastanti – finalista al premio Strega, giornalista, traduttrice: un curriculum lunghissimo, e all’anagrafe trent’anni o poco più – apre per noi le cerniere della sua valigia, sempre carica per un volo dell’ultimo minuto, e le porte di una casa di cui un po’ va fiera, un po’ si vergogna. Se in cerca delle proprie radici, meglio partire da dove tutto è iniziato: due genitori strampalati usciti da una commedia di Boris Vian, eternamente litigiosi ma d’accordo su un fatto fondamentale: comunque sia andata, si sono salvati la vita. La madre, cresciuta come una monella di strada, rimase sorda da piccola: la colpa fu presumibilmente di una meningite fulminante. Il padre, sordo sin dalla nascita, era un uomo bizzoso e bellissimo: un piantagrane irresponsabile che trascinava i figli a vedere i film vietati ai minori e, qualche volta, fingeva di rapirli per attirare invano le attenzioni della ex. 
Rifiutano tutt’oggi di imparare il linguaggio dei segni e preferiscono parlare a voce alta, compensando ai fraintendimenti con i gesti tipici del Sud.

Ma quando penso alle somiglianze tra i miei genitori nei pomeriggi malinconici e rabbiosi della loro adolescenza, entrambi isolati, valuto la possibilità che l’incontro tra due persone non abbia a che fare con la predestinazione quanto con una mappa biologica che si rivela mentre ci si innamora l’uno dell’altra, e si scopre che c’era un’intelligenza primitiva che governava i nostri corpi e rilasciava particelle elementari nell’aria ancora prima di incontrarsi, in modo che queste attraversassero città, pareti di cemento e membrane di pelle per entrare in contatto con sostanze simili e sviluppare una forma di resistenza comune, una difesa contro le offese del mondo: i miei genitori si sono incontrati per i riverberi simili a quelli di una foresta prima di un incendio, non perché era scritto; il loro futuro non era impresso nella filigrana di una Bibbia o di un vecchio oroscopo, era solo una vibrazione particolare nell’aria, un allarme invisibile che invitava alla sopravvivenza.

Fanno nascere la secondogenita a Brooklyn, ma presto la costringono alla ritirata in Basilicata: una regione poco conosciuta al pari del mio Molise – di grotte di tufo, trivelle instancabili, tramonti iniettati di sangue – con poche strade d’asfalto sbeccato e troppi campi incolti. Pregi e difetti, questi, di una famiglia allargata, scombinata, che abbina lunghe trasferte a un’esistenza per il resto modestissima; cantanti neomelodici da storpiare in italoamericano e tagliatelle al ragù; vignette di Topolino e manifesti della Beat Generation, da leggere di nascosto in soffitta dopo aver marinato di nuovo la scuola. Claudia ci racconta i suoi parenti, e allora incanta e diverte; i suoi viaggi innumerevoli – non soltanto quegli Stati Uniti sorprendentemente all’altezza del sogno americano, ma anche l’India e l’Inghilterra: con un’irrinunciabile attitudine punk e le cuffiette calcate nelle orecchie, l’autrice è interessata ai luoghi clou della controcultura, cimiteri, cinema d’essai, parchi di skater –; la fine lenta e amara della relazione con il ragazzo del liceo, i primi lavori da freelance, le avvertenze dell’oroscopo per i nati sotto il segno dei gemelli.  
Come ha vissuto il crollo delle Torri Gemelle, gli attentati dell’Isis, la Brexit e l’ascesa di Donald Trump un’eterna passeggera? Quali sono le letture, i film e le serie TV che l’hanno accompagnata? Quando alzare o abbassare la voce, perché mai impuntarsi, in una famiglia che faceva letteralmente orecchie da mercante davanti alle sue rimostranze?

La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato.

Le risposte sono state pronunciate in confessione tutte d’un fiato e racchiuse qui, in un best-seller dall’irresistibile copertina rosso fuoco. Equilibrista provetta com’è – fra mondi diversi, vuoti e pieni, rumori e silenzi – la Durastanti brilla per una delle scritture più espressive e originali incontrate quest’anno. Quanto è straordinaria la sua prosa, quant’è potente: al punto che, ammirato, ho finito di leggere il romanzo in pochi giorni. Con il senno di poi, grosso errore. All’inizio autobiografia pittoresca nello stile della Più amata, da metà in poi assume toni più vicini alla saggistica – ho ripensato all’Invenzione occasionale; a Parla, mia paura. La narrazione si frantuma e s’assottiglia. Si sparpaglia. D’un tratto diventano troppe le citazioni, troppe le digressioni, troppe le riflessioni. I capitoli sembrano articoli giornalistici a sé. E il rischio corso è stato quello di distrarsi, di perdersi per sempre, in una prosa che ha il pregio e il difetto delle canzoni ben musicate: concentrati sulla bellezza della melodia, non si presta attenzione al messaggio finale. Il mio consiglio per non guastarselo è quello di non fare come me, ma di piluccarlo poco alla volta, di leggerlo pianissimo. Figlia di genitori sordi, Claudia Durastanti dev’essersi abituata sin dall’infanzia a usare le parole perfette anche per raggiungere loro. A padroneggiare i segreti delle figure retoriche e dell’ironia anche per conto di mamma e papà, che nella loro routine fuori sincrono purtroppo ignoravano metafore e battute salaci. Da bambina, costretta sul divano, la protagonista seguiva Sanremo soltanto per i testi. Poco più grande, invece, avrebbe conosciuto Bob Dylan prima sui libri e poi attraverso i dischi – il Nobel per la letteratura, quindi, non l’ha mai stupita.

Possiamo fallire una storia d’amore, il rapporto con una madre. Ma quando una città ci respinge, quando non riusciamo a entrare nei suoi meccanismi più profondi e siamo sempre dall’altra parte del vetro, subentra una sensazione frustrata di merito, che può farsi malattia. Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe a esserlo; il resto del tempo, è solo il sinonimo di una mutilazione, è un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli.

Tutt’altro che restia alla magia sguaiata del dialetto, abituata a parlare forte e chiaro per farsi comprendere, l'autrice cresce ben consapevole del potere della lingua e orgogliosissima nel profondo. Non è soltanto il frutto acerbo di un’infanzia a tinte dickensiane. Non è semplicemente la ragazza delle borse di studio, l’elemosinante delle graduatorie da far scorrere. La sua questione privata, in libreria, diventa il pretesto per un gioco circense di infinita bravura, anche se qui e lì i nodi dell’albero genealogico, i sentieri della mappa topografica e il punto della situazione si perdono di vista. Ma bugiarda inguaribile per sua stessa ammissione, Claudia forse voleva semplicemente accontentare la mamma – che preferisce le storie reali ai racconti di fantasia, e ingenuamente è portata a  prendere tutto per vero. Restarci straniera, per preparare, così, la prossima fuga lontano dalla normalità.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Iggy Pop – Passenger

10 commenti:

  1. Sarà una delle mie prossime letture!! Devo solo smaltire qualche libro, prima 😊😊

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  2. Claudia la seguo da quando scriveva sulla rivista Il Mucchio Selvaggio e il suo stile mi è sempre piaciuto molto. Questo sembra proprio il libro per me. Devo sforzarmi di recuperarlo a tutti i costi, perdindirindina! :)

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    1. Ah, allora sai già che è una potenza. Una curiosità? È anche la traduttrice di Shotgun Lovesong, che ti era piaciuto.

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  3. Mik, vogliamo parlare del fatto che blogspot, simpatico come sempre, mi aveva tolto il Follow dal tuo blog e ci ho fatto caso solo adesso? Insomma, rieccomi :) Il libro mi incuriosisce molto, l'ho scaricato in audiolibro ma devo ancora iniziarlo.

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    1. Ciao Seli, ma sai che anche tu non mi compari più in bacheca? Vado a indagare. Fra un aggiornamento e l'altro, sacrifica followers come a un rito pagano. 😂

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  4. sembra interessante ci farò un pensiero (la tua foto è bellissima!)

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    1. Ahahahah, grazie mille, è stato difficile non fare accomodare il gatto in valigia. :)

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  5. Ben scritto ma frammentario, come fossero racconti e non un romanzo. Forse agli spunti autobiografici avrei aggiunto una struttura narrativa più solida. Ciao :)

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