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mercoledì 9 gennaio 2019

Recensione: La segretaria, di Renée Knight

| La segretaria, di Renée Knight. Piemme, € 19,50, pp. 305 |

Leggi segretaria in cima a una copertina conturbante e il primo pensiero non è per la signora di mezza età che nella sala d'attesa del dentista ti fa firmare liberatorie o ti rivolge dal bancone sorrisi di convenienza. Uomo o donna che tu sia, infatti, non importa: penserai comunque a uno sguardo sornione incorniciato da un paio di occhiali non graduati, a una gonna al ginocchio con sotto calze velate e tacchi alti. Colpa del cinema noir, della commedia sexy degli anni Sessanta, che hanno fatto del ruolo di queste figure professionali – riservate, attente, onniscienti – un nostro fumoso sogno erotico. Purtroppo o per fortuna il secondo romanzo di Renée Knight non cade nel cliché. Anche se le confidenze troppo intime tra capo e impiegata – due donne di potere, in definitiva, come negli irresistibili Da una storia vera e Un piccolo favore si sarebbero prestate benissimo. Anche se, a conti fatti, la storia della segretaria bella e manipolatrice immaginata a scatola chiusa avrebbe avuto maggiore appeal sul sottoscritto, piuttosto annoiato invece dall'ultima lettura di dicembre.

Ho mentito “per” Mina così tante volte, capisci? Ma mai “a” lei.

All'inizio del romanzo Christine, mamma poco presente e moglie disposta a rinunciare facilmente al proprio matrimonio per un'ingrata ascesa, non sa di firmare un patto di sangue con la sua datrice di lavoro, Mina: donna, al contrario suo, benvoluta ed emancipata con la fama di essere la risposta femminile a Gordon Ramsey. I giornali parlano con reverenza dell'anziano padre Lord, dell'educazione in Svizzera, di una relazione glamour ma puramente di facciata con un attore di soap opera e, soprattutto, di un'etica professionale assai meno limpida del previsto. Erede di una catena di supermercati, presenza ricorrente sui rotocalchi e presto conduttrice di un programma culinario di successo, quella Mina sempre impegnata lascia impegni e corrispondenze da sbrogliare – colpe comprese – alla sua collaboratrice. Una presenza invisibile che per diciotto anni la assiste negli imbrogli grandi e piccoli senza batter ciglio, e insieme a lei impara ad apprezzare le camicette Armani, i pregi di una dizione perfetta, la vita pubblica rispetto a quella privata.

Io e Mina fiorimmo insieme. Lei naturalmente, come una specie dominante. Io, invece, come una pianta del sottobosco, che sbocciava alla sua ombra.

Finché un giorno tutto crolla sulla scia dello scandalo. L'insoddisfazione degli agricoltori trascina la Appleton's al completo in tribunale: la segretaria, servile ai limiti della spersonalizzazione e inconsapevole per tutto il tempo di ciò che accadeva sotto il suo naso, è la pedina più sacrificabile. A metà si parla di inchieste e scandali finanziari, di una burocrazia dagli ingranaggi mal oleati e d'intralcio alla giustizia. Temi tutt'altro che accattivanti, se si immaginava purtroppo qualcosa di diverso: un thriller psicologico, magari, che trattava di mobbing e rivincite fuori dalle aule di tribunale. Se un intreccio da dramma giudiziario non assicura né brividi né colpi di teatro, linearissimo nonostante descriva due decenni di taciti servigi, l'isolato punto di forza sta allora in personaggi talmente convincenti da valere una lettura altrimenti senza nerbo. Mancano i ritmi, manca il mistero. Se la protagonista appare sin da subito alla disperata ricerca di approvazione, infatti, l'altra è la classica donna di potere amichevole in teoria ma velenosa in pratica. A un passo dall'invidiata Villa Minerva si consuma così la placida vendetta di una professionista tranquilla e metodica anche nel crimine. Christine, spesso sull'orlo di una crisi di nervi, conosce a memoria password importanti e gli effetti proverbiali dell'ira dei miti: abituata com'è a un lavoro implacabile perché sempre uguale a se stesso, il quale richiede riserbo e spirito di osservazione in cambio di sparute soddisfazioni. Gli stessi compromessi, in fondo, richiede anche la lettura della Knight: una vicenda che si fatica a incasellare, benché non dispiaccia.
Il mio voto: ★★½
Il mio consiglio musicale: The Hives – Nasty Secretary

12 commenti:

  1. Non lo conoscevo, ma non mi convince. Continuerò a non conoscerlo, senza sensi di colpa.
    Peccato per l'idea che poteva portare a qualcosa di molto originale.

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    1. Non posso proprio convincerti del contrario, questa volta. 😅

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  3. Passo pure io, ma ricordo che il suo libro precedente mi ispirava parecchio.

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  4. Ciao, ho letto solo il primo libro di quest'autrice: nel complesso non mi è dispiaciuto, però non mi ha fatto venir voglia di leggere altro di suo...

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  5. Felice di non essere il solo ad aver fatto quel pensiero al titolo del libro! :)

    Per una volta che avrei desiderato il cliché, questo decide di non scadere nel cliché, e allora questo libro mi sa che non fa per me.

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    1. Stesso mio problema.
      Bisogni, e desideri trash, infranti!

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  6. passo ma grazie per averci illuminati!XD

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