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lunedì 20 agosto 2018

Recensione: Non è colpa della luna, di M.L. Rio

| Non è colpa della luna, di M.L. Rio. Frassinelli, € 19,90 pp. 316 |

Silenzio in sala. Signore e signori, prego, i cellulari spenti. Nessuna foto, grazie
Si alza il sipario. Che la luce dei riflettori illumini uno a uno gli attanti: sette silhouette in nero, William Shakespeare e l'omicidio colposo in scena. Hanno interpretato Macbeth a Halloween, Romeo e Giulietta durante il ballo in maschera di Natale, Sogno di una notte di mezza estate con la mìse succinta dei pigiama party. È arrivato poi il tempo di Giulio Cesare – dramma storico o tragedia, e con Cesare o Bruto nel ruolo di autentico protagonista? –, personaggio destinato ad ascendere e cadere nell'ennesima rilettura in chiave contemporanea. Gli attori in giacca e cravatta, come nella corsa alle elezioni politiche, e un tagliacarte per arma del delitto. Di certo non cambia il finale, no; di certo non cambiano i ruoli in programma.

Quello che succede con Shakespeare è che lui è così eloquente... Parla di ciò di cui non si può parlare. Trasforma il dolore e il trionfo e l'estasi e la rabbia in parole, in qualcosa che possiamo comprendere. Rende comprensibile l'intero mistero dell'umanità. Si può giustificare qualsiasi cosa se la si rende abbastanza poetica.

La Dellecher, istituto con una retta di ventimila dollari e la crème de la crème nel corpo docenti, è infatti un microcosmo in cui vigono parti fisse e precari equilibri di potere. Alla ribalta ecco lo sprezzante Richard, nato con la camicia: cosa succederebbe se qualcuno gli negasse i riflettori e l'annunciato ruolo dell'eroe? Seguono Wren, sua cugina, ragazza pallida e cagionevole sbucata da un'epoca di gentilezza incondizionata e principesse da destare con un bacio; la facoltosa e bellissima Meredith, che per selezione naturale di Richard è prevedibilmente la ragazza; Filippa, con frequenti ruoli en travesti, un passato misterioso e un intuito finissimo, a dispetto del fare laconico; Alexander, giullare vizioso e carismatico, senza tabù in camera da letto e con il bicchiere sempre pieno alle feste; James, l'alter-ego di Richard e il suo yin: tutti lo amano, e lui magnanimamente ama tutti. Non fa eccezione il narratore, Oliver: il compagno di stanza fedele e l'ombra inseparabile, al centro di un'ambigua amicizia dalle inespresse pulsioni omoerotiche che lo fa sentire graziato per ogni affettuosa pacca sulla spalla, per ogni momento – o segreto – condiviso.

Gli attori sono per natura instabili: creature alchemiche composte di elementi incendiari, emozione ed ego e invidia. Surriscaldali, rimestali insieme, e a volte otterrai l'oro. Altre un disastro.

I sette privilegiati hanno famiglie che non li comprendono fino in fondo, Per aspera ad astra come motto e i giorni contati per riuscire a emergere. Siamo agli sgoccioli degli anni Novanta. Sta per finire il vecchio millennio, assieme al loro ultimo anno di corso. Tutto ha un equilibrio, tutto un senso: perfino la spocchia, quando diventa crudeltà verso il prossimo. Come contrastarla, se non con l'assassinio? Congiurati non soltanto per finzione, allora, ci si copre le spalle, ci si accusa, ci si condanna in 300 pagine elettrizzanti. Ci si ama e ci si odia, spesso contemporaneamente. Ci si scopre tutti vicini: dietro le quinte, nella malasorte.

Non esiste conforto maggiore della complicità.

Arrivato in Italia con una copertina dai toni inutilmente seriosi, Non è colpa della luna è un irresistibile thriller alla Kevin Williamson che ha scene, non capitoli; atti, non sezioni. Colto nelle citazioni, elegantissimo benché in linea con lo spirito irrequieto e giovanile dei romanzi di formazione, l'esordio della talentuosa M.L. Rio rende perfettamente le ambizioni, le passioni torride, l'impalcatura e lo spettacolo mirabolante dei loro brutti segreti. Manca un guizzo alla cronaca di Oliver, fino all'ultimo il personaggio con meno ombre: spalla drammatica generosa e versatile, che fa brillare gli altri anche su carta, rimanendoci in parte – nonostante l'impiego della prima persona – sconosciuto. A non mancare, ovvio, è il coup de théatre. Quando scoppia il caos in seno alla compagnia, si crea un posto vacante. E ognuno di loro vorrà inconsciamente riempirlo, per salvaguardare lo status quo: non c'è spettacolo, infatti, senza antagonista. Ingredienti indispensabili: gli omicidi, i segreti, la poesia. Sotto l'incantesimo di uno Shakespeare che ha i versi e le parole per tutto, sono dunque i benvenuti gli intrighi proibiti, le vendette trasversali, le passioni omicide. Gli attori, per deformazione professionale, fanno infatti loro ogni emozione. Saranno chiamati questa volta a recitare il dispiacere, a recitare l'innocenza. Nuovo ruolo? Quello dei superstiti, alla deriva nei flutti del sospetto. Quello dei cattivi.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Tears for Fears – Everybody Wants to Rule the World

6 commenti:

  1. Ciao, è autoconclusivo?

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    1. Ciao a te! Nonostante il twist dell'ultimissima pagina, direi proprio di sì.

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  2. La descrizione che hai fatto dei personaggi e delle dinamiche mi ha conquistata.

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  3. Ti ringrazio, sono davvero il punto forte di un romanzo, come ti dicevo, purtroppo passato in sordina. E invece... 😉

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  4. Questa volta il consiglio musicale è decisamente ottimo! ;)
    E anche il romanzo, thriller alla Kevin Williamson dai contorni shakeasperiani e anni '90, sembra roba giusta per me.

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  5. Lascia stare, ché Fedele si meritava Alessio Bernabei. 😂
    La Rio è roba tua, l'ho pensato immediatamente.

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