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mercoledì 9 maggio 2018

Recensione [Strega 2018]: La madre di Eva, di Silvia Ferreri

| La madre di Eva, di Silvia Ferreri. Neo Edizioni, € 15, pp. 195 |

Romanzi in sala d'attesa. Autrici che in prima persona scrivono a nome di mamme e padri, sorelle e fratelli. Il bianco asettico di un ospedale, una porta che si apre e si chiude a ritmi alterni, un meccanico andirivieni di camici, ordini e parole difficili a proposito di prognosi riservate, vite e morti. Dall'altra parte, nel letto di una stanza inaccessibile, c'è una persona che amano o hanno amato. Sotto i ferri. Ci si limita a fare ciò che andrebbe fatto nelle sale d'attesa, perciò. Si attende. Anestetizzando il senso di colpa con l'arte del ricordo. L'ansia del verdetto tormentandosi mani e testa. La madre di Eva è l'ultima di quelle signore di mezza età accasciate su una sedia, tra i muri color tristezza e un passato da rivangare assieme. Immobile a riva, come una guardiana a cui sono stati preclusi i segreti del mare aperto. Sembra la versione sbagliata di un mito cosmogonico, il suo: una figlia chiamata come la prima abitatrice del Creato che nell'Eden, per ironia della sorte, avrebbe voluto essere Adamo.

Ci siamo solo io e te. Siamo su un iceberg che si è staccato dal continente e sta andando alla deriva al centro dell'oceano. Siamo io e te, sedute una accanto all'altra senza guardarci, spalla contro spalla a cercare con la vista qualcosa in fondo verso l'infinito, ad aspettare che una delle due gridi: “Terra”. 
Ma un'altra terra, un luogo nuovo, dove tu possa finalmente essere ciò che desideri e io possa finalmente riposare.

All'inizio erano un prodromo di famiglia felice in quel di Roma. Un papà architetto che costruisce case perfette e smussa angoli per professione, una mamma insegnante di teatro: giovani, presi, mettevano in cantiere l'idea di un neonato. Femmina, avrebbero scommesso a scatola chiusa, scherzando su un ramo materno composto da sole donne, tanto inconsueto da attirare la curiosità di una laureanda in ostetricia attratta da maledizioni e anomalie genetiche. E femmina è, senza sorprese: Eva. Crescendo, però, qualcosa si guasta o forse s'aggiusta. La bambina a Halloween vuole vestirsi da vampiro, non da strega, e al suo quinto Natale chiede un pisellino in regalo. Si disegna maschio, in innocenti ma rivelatori schizzi a matita, e attira su di sé i pettegolezzi crudeli delle altre madri, le prese in giro di qualche bullo, intrufolandosi nel bagno sbagliato per fare pipì in piedi. L'arrivo dell'adolescenza – il ciclo mestruale ogni mese, un seno procace che la fa impallidire per la vergogna – accentua le problematiche e le richieste d'aiuto. La leggerezza dei genitori si affievolisce: la ragazza e le sue scenate melodrammatiche, non semplici capricci, dividono una coppia progressita ma assolutamente impreparata. Per i diciotto anni, Eva ha chiesto loro un viaggio esotico ma senza ritorno. Almeno non con il nome dell'andata, non con quel corpo per fare il check-in all'aeroporto. O così, ha decretato, o la morte.

Irreversibile è una parola da cui non si torna indietro.

Ad accompagnarla a ogni passo, una madre coraggio amata e odiata. 
Attraverso anni e anni di consulti psichiatrici, trafile burocratiche e carte false. 
Verso la clinica privata di una Serbia piena di musica, piena di riservatezza, in cui si affaccendano come in un laboratorio segreto infermiere bionde e primari con la guerra per apprendistato. L'esordiente Silvia Ferreri, finalista al Premio Strega per un romanzo di commovente intensità, utilizza un monologo classico per parlarci di un dramma inconsueto. La riassegnazione di genere: il sogno di una figlia prigioniera, il fallimento di un genitore – perché a volte sbagliano mamme che non sanno perdonarsi, sbaglia Madre Natura, e l'interno non corrisponde all'esterno.

Ho chiuso le mani sulle tue, ho guardato il tuo corpo per l'ultima volta. Così come te l'avevo fatto. Speravo bastasse. Le madri sbagliano sempre. Io evidentemente di più.

Prima l'asportazione di utero e ovaie, poi la mastectomia, infine la falloplastica. Da qualche parte c'è un'adolescente aperta come un pesce, e quanto sangue sul pavimento, quanti resti nella pattumiera. Sono necessarie una violenza indicibile e una prosa quasi primordiale per una seconda nascita a colpi di bisturi: per chiamare, e farsi chiamare, con un nome nuovo. La transessualità, infatti, è per sua stessa definizione un viaggio. Non lo si fa da soli. Una mamma combattuta fino all'ultimo tra abiezione e orgoglio è lì in caso serva una trasfusione urgente; per ricomporre con scotch e pazienza foto di famiglia strappate in coriandoli. Si alternano in disordine passato e presente, desideri e ricordi. E la voce della Ferreri, a tratti, potrebbe confondersi con quella delle colleghe che aspettano all'ospedale buone nuove. La peculiarità delle famiglie infelici a modo loro, lo sapeva bene Tolstoj, rende però incomparabile e speciale – nostro, soprattutto, in un centinaio di pagine appena – il dolore della Madre di Eva. Si smette di aspettare, così.
Dopo il calvario, la resurrezione. Garze tinte di rosso, un bozzolo di lenzuola, per l'ultimo sonno di chi si sveglierà farfalla; Alessandro.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Villagers – Nothing Arrived

8 commenti:

  1. Non avevo notato questo questo libro, nonostante quella scritta altisonante - Strega 2018 - che hai giustamente riportato nel tuo titolo; o forse è stato proprio per quello, perchè spesso rifuggo i libri finalisti o vincitori di premi, per paura della fregatura. Ho letto questa tua recensione con sempre più attenzione e con sempre più brividi sulla pelle.
    E niente, adesso lo voglio mannaggia a te! ;)

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    1. Ma grazie, Dany!
      Nemmeno io sto troppo appresso ai premi, anzi, ma qualche romanzo finalista al premio Strega, quest'anno, mi chiamava. Quello di questo piccolo editore abruzzese su tutti. :)

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  2. Come sempre, recensione da urlo. Il romanzo è da leggere con la consapevolezza che la madre di Eva ti spezzerà il cuore

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    1. Ti ringrazio, Solsido.
      Ho il cuore ancora dolorante, ebbene sì.

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  3. Non lo avevo considerato, questo romanzo. C'è voluta la tua recensione, lo metto in lista, mi hai messo curiosità (e un po' di paura per una storia che, si sente leggendoti, colpisce al cuore).

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  4. Sembra una storia perfetta per Almodovar. E quindi anche per Ozpetek.
    Aspetto che uno dei due si decida a trasportarla sul grande schermo. :)

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    1. Almodovar ci sta. Non tanto per la tematica LGBT, ma per il ricordo di Parla con lei. ;)

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