Pagine

mercoledì 18 aprile 2018

Recensione: La manutenzione dei sensi, di Franco Faggiani

| La manutenzione dei sensi, di Franco Faggiani. Fazi, € 16, pp. 250 |

Leonardo – cinquantacinque anni, vedovo da dieci, giornalista affermato nella Milano da bere – abbandona tutto, nell'esordio nella narrativa di Franco Faggiani. Si lascia dietro lo smog della città, i ricordi di una vita prima e fra i monti della Val di Susa, un po' roccaforte e un po' trappola, costruisce per sé e un ospite speciale un piccolo paradiso privato che somiglia tanto a un mio sogno ricorrente: un casetta ristrutturata di fresco affacciata sugli alberi, sui pascoli, in cui scoprirsi più sereni e più forti. Nel corpo, temprato dal lavoro fisico, e in quella mente finalmente in pace, se immersa nella bellezza dell'incontaminato. Chiara, la moglie stroncata nel letto da un aneurisma cerebrale, non avrebbe voluto niente di diverso per lui. Stessa cosa l'impegnatissima Nina, sua unica figlia, a Boston per un lavoro di prestigio: sapendolo in buona compagnia, è partita però senza sensi di colpa. Leonardo, infatti, condivide casa e silenzi con Martino: adolescente in affido temporaneo, che ha poche chance di trovare il suo posto nel mondo prima della maggiore età. Ha la sindrome di Asperger e, per il sistema, è una mela bacata. Può scoprirsi indentico agli altri, nel suo, mimetizzandosi in alta montagna. Dove intagliare il legno e raccogliere quel che si è seminato conta più del rendimento scolastico. Dove, soprattutto, non c'è differenza alcuna fra i modi spicci del ragazzo – che da copione non amerà il contatto fisico, le metafore, chiacchierare del più e del meno – e quelli degli abitanti locali: prendiamo l'anziano Augusto, ad esempio, che presto diventa un datore di lavoro e saggio migliore amico. Oltre la valle, un mondo sconosciuto di cui imparano subito a non sentire la mancanza. In altitudine, amori, avventure e pericoli per sfatare insieme un infondato luogo comune: quella vita solitaria no, non li isola affatto.

A lui piaceva andare, ma soprattutto ritornare. Dopo ogni assenza, appena sceso dalla macchina, adempiva un rituale che lui stesso si era inventato: correre verso il borgo sopra casa fino a una piccola radura, allargare le braccia e dire a voce alta agli alberi, agli animali e alle montagne.
Ehi, sono qua, sono tornato, mica sono stato via tanto”.

Ho portato La manutenzione dei sensi con me a Pasquetta, per una foto a tema in un borgo alle pendici del Gran Sasso. L'ho voluto, l'ho avuto e l'ho messo da parte, infine, per il momento giusto. Ho visto quanto bene stesse accanto agli altri titoli Fazi, che custodisco gelosamente in libreria. Ho fatto l'errore di associarlo a colpo d'occhio, per assonanza, alle Otto montagne di Paolo Cognetti. Sperando invano di trovarci all'interno la stessa delicatezza e la stessa morsa allo stomaco che le amicizie maschili – straordinariamente sincere, rare – non si sa perché mi ispirano, da qualche anno a questa parte. Gli ingredienti c'erano: tutti, giusti. Ma qualcosa con me non ha funzionato. Questione di stili che non piacciono, di emozioni mancanti. Ancora, di pura soggettività. Faggiani scrive correttamente, con leggerezza e ironia, ma non si imprime: a tratti annoia forse un po' nel tentativo di ricercare bei dialoghi da libro stampato, scorci naturali da fotografare a suon di descrizioni particolareggiate. Parla di morte e rinascita, di guarigione, ma non ci sono né la tristezza esistenziale né la malinconia auspicate. La colpa, probabilmente, più mia che dell'autore, quando una lettura non ha grandi difetti, eppure non convince. Con un narratore che, strano ma vero, è il meno interessante dei personaggi (come possa un giornalista con incarichi all'estero ignorare cosa abbia fatto Alan Turing o quali siano le peculiarità dell'Asperger, poi, proprio non lo so). Con i suoi protagonisti privilegiati e benestanti che passano la vita in vacanza, come nel tormentone sanremese dello Stato Sociale.

Forse hai ragione. Siamo stati noi a scegliere un posto e un modo di vivere che ci fa stare bene. Insieme. Tu stai bene?

Leggendo di vini rossi e genziana, di sughi saporiti e polenta con selvaggina, li si invidia per la buona forchetta e la vista mozzafiato. Si sorride, ma come davanti a quei film di Natale in cui tutti sono buoni, buonisti, e tutto andrà bene per forza di cose. Manca l'autentica vocazione dell'autore premio Strega, e queste cime poco tempestose fanno da sfondo a un esperimento sociale, a un cambio vita, che avevo immaginato diverso. Romanzo ad alta quota che mi ha promesso le vertigini di un volo e le carezze del conforto, senza mai portarmi in alto.
Il mio voto: ★★½
Il mio consiglio musicale: Arisa – Ho cambiato i miei piani

10 commenti:

  1. Peccato. Sembrava interessante, ma alla fine mi sembra di capire che la cosa migliore sono le descrizioni della polenta col sugo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, mi nomini la polenta col sugo e la voglio, alle undici di mattina!
      Scherzi a parte, è uno di quei romanzi piaciuti a tutti tranne che a me: googlare per credere. Siccome non succedeva da un po', questa volta pochi sensi di colpa. :)

      Elimina
  2. Ho letto questo romanzo quando papà era in ospedale. L'ho trovato consolatorio, in quel periodo, come un racconto in cui sai già che tutto finirà bene e che non può far male. Giusto per quel momento della mia vita, ma assolutamente privo di mordente. Concordo con te (anche se gli avrei dato comunque un voto un pochino più alto). Baci.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I momenti - quelli giusti, ma anche quelli sbagliati - fanno tanto, e forse io l'ho letto quando non ne avevo davvero bisogno. Ero indeciso sulle stelle, avrei dato le tre canoniche dei romanzi senza infamia né lode. Ma in questo caso, avendone letto in rete solo cose belle, tanto ha fatto anche la delusione, l'essere preso in contropiede da una storia meno intensa e più furbetta del previsto. Insomma: ultimamente ho letto romanzi oggettivamente peggiori, ma che mi hanno infastidito di meno. Un abbraccio a te.

      Elimina
  3. Sulla carta (per temi, sogni e titoli), sembrava fare per me, ma del tuo giudizio tiepido mi fido di più.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Però giuro, sono dalla parte del torto.
      Piace a tutti. E in fondo, eccessiva dolcezza a parte, capisco perché.

      Elimina
  4. Sempre guardato con sospetto quasi certa che non facesse per me. Leggendoti ne ho la conferma per cui, per questa volta, passo :)

    RispondiElimina
  5. Mi sembra una di quelle storie da "montanaro" che potrebbero entusiasmare quelli come Ford. :) Non certo me.
    Se già gli ingredienti per me non sono quelli giusti e poi lo svolgimento non è neppure dei migliori, salto decisamente.

    RispondiElimina