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sabato 28 novembre 2015

Recensione: La ragazza nella nebbia, di Donato Carrisi

Il peccato più sciocco del diavolo è la vanità.

Titolo: La ragazza nella nebbia
Autore: Donato Carrisi
Editore: Longanesi
Prezzo: € 18,60
Numero di pagine: 373
Sinossi: La notte in cui tutto cambia per sempre è una notte di ghiaccio e nebbia ad Avechot, un paese rintanato in una valle profonda fra le ombre delle Alpi. Forse è stata proprio colpa della nebbia se l'auto dell'agente speciale Vogel è finita in un fosso. Un banale incidente. Vogel è illeso, ma sotto shock. Non ricorda perché è lì e come ci è arrivato. Eppure una cosa è certa: l'agente speciale Vogel dovrebbe trovarsi da tutt'altra parte, lontano da Avechot. Infatti, sono ormai passati due mesi da quando una ragazzina del paese è scomparsa nella nebbia. Due mesi da quando Vogel si è occupato di quello che, da semplice caso di allontanamento volontario, si è trasformato prima in un caso di rapimento e, da lì, in un colossale caso mediatico. Perché è questa la specialità di Vogel. Non gli interessa nulla del dna, non sa che farsene dei rilevamenti della scientifica, però in una cosa è insuperabile: manovrare i media. Attirare le telecamere, conquistare le prime pagine. Ottenere sempre più fondi per l'indagine grazie all'attenzione e alle pressioni del "pubblico a casa". Santificare la vittima e, alla fine, scovare il mostro e sbatterlo in galera. Questo è il suo gioco, e questa è la sua "firma". Perché ci vuole uno come lui, privo di scrupoli, per far sì che un crimine riceva ciò che gli spetta: non tanto una soluzione, quanto un'audience. Sono passati due mesi da tutto questo, e l'agente speciale Vogel dovrebbe essere lontano, ormai, da quelle montagne inospitali. Ma allora, cosa ci fa ancora lì?
                                         La recensione
Faceva freddo come adesso, più di adesso, e il bavero del giaccone non bastava a ripararmi dal vento. Dopo anni ci si abitua – all'umido, alle nuvole pesanti – ma la pioggia, in quel weekend a un passo dalle feste, si infilava con impegno negli occhi, sotto la pelle. Spaccava le ossa, una ad una. Fulmini e saette, percussioni ritmiche e riflettori accesi, per uno scenario degno di un noir da manuale. Ogni storia da brivido trova il suo inizio in una notte buia e tempestosa. Ogni presentazione di Donato Carrisi meriterebbe perciò un cielo a tema. Una nerissima visione da fine del mondo. Ricordo i brividi di febbre passeggera del ritorno a casa, in autobus, e il piacere di un incontro sorprendente – se avete letto il mio post, all'epoca, è un po' come se ci foste stati anche voi, con me –, insieme alla sensazione che il cattivo tempo avesse disturbato, stranamente, anche l'autore: uno che, per lavoro, gioca con le ombre, ma a cui poi manca il sole pugliese; uno che maneggia argomenti grevi, sempre con i guanti bianchi, e che in privato – o davanti al suo pubblico di lettori affezionati – si scopre leggerissimo. Donato Carrisi, di persona, è meno tenebroso che in foto: alto come me, più o meno, e dal sorriso facile. Soprattutto, non si lascia scoraggiare dalle bizze dei microfoni: le interferenze tecniche o la presenza, in libreria, di un pubblico che chiacchiera e gli scatta foto non lo turbano. Ci sono scrittori schivi e scrittori, invece, che sanno modulare frasi significative e creare immagini indelebili anche così, all'impronta. Donato Carrisi lavora con le parole, che siano d'inchiostro o di fiato poco importa. E con quelle stesse parole, in unione a innate capacità di uomo di spettacolo, aveva catturato il pubblico – perfino mio fratello, all'inizio preso dai suo acquisti – in un'ora in cui si parlava del più e del meno, del processo creativo, dei gialli di cronaca. “Ricordate tutti la Strage di Erba, i coniugi Romano”, aveva domandato, “ma scommetto che nessuno terrà più a mente un particolare. Il bambino ucciso, come si chiamava?”. I nomi – arabi, perlopiù, giacché ci si ricordava tutti un bimbo dai profondi occhi scuri e il suo sospetto padre tunisino – volavano come i numeri a tombola. 
“Youssef”, aveva rivelato infine. L'incontro si era concluso con una riflessione dolente – il ricordare i colpevoli, ma non le vittime quanto ci rende complici? - e un'anticipazione che non avevo saputo cogliere. A un anno di distanza, infatti, Donato Carrisi torna con La ragazza nella nebbia. Storia nuova con un vecchio interrogativo che si risveglia, all'ora delle streghe. E se mettersi sulle tracce di una ragazza scomparsa avesse minore priorità rispetto all'altro tarlo che logora: assicurare alla giustizia – e alle brame delle telecamere – un mostro? E se una storia, in realtà, la scrivessero i cattivi, con atti esecrabili che sovvertono gli equilibri, e non i buoni, povera gente dall'esistenza tranquilla? Abbiamo visitato, con lui a farci da Cicerone, un girone infernale senza confini e la Città Eterna. 
Abbiamo avuto professionisti dalle abilità fuori dalla norma – l'instancabile Mila, il penitenziere Marcus –, che sul male hanno formulato ipotesi schiaccianti; organizzato cacce. La bruma che si dirada a valle ci restituisce la foto di un paesino all'ombra delle Alpi. Avechot è un presepe immaginario su cui il Padreterno ha fatto cadere la neve, a fiocchi grossi, e un'inaspettata fortuna: si è fedeli al denaro e alla religione, da quando le ricchezze del sottosuolo hanno allontanato i turisti e i cantieri a cielo aperto hanno sottratto spazio vitale agli splendori naturali. Sembra Cogne. Quando il Natale chiederebbe a tutti di essere più buoni, quando il bianco è troppo bianco per il nero della cronaca, la sedicenne Anna Lou scompare nel nulla: ha un diario segreto in cui scrive di gatti e perline, una famiglia profondamente religiosa, i capelli rossi. Si parte dalla fine – il protagonista, confuso, è sotto interrogatorio – ed è il suo racconto al Dottor Flores, in un magistrale alternarsi di punti di vista e piani temporali, che scioglie, poi, il mistero de La ragazza nella nebbia. Sul romanzo, da parte mia, pesavano alte aspettative: superfluo dirlo. Con Carrisi – uno di quegli autori di cui non mi stanco – cerco la lettura del thriller dell'anno, non di un thriller, e, prima o poi, lecito incappare non in una delusione, ma in un romanzo vagamente sottotono. Anche se dispiace ammetterlo, abituati al meglio sin da un esordio indimenticabile. Lo stile resta riconoscibile, la struttura cambia. Si assottiglia, si semplifica: non ha, questa volta, tanti fuochi. Un unico perno – Chi ha ucciso Anna Lou? come Chi ha ucciso Laura Palmer? - e il confrontarsi, dopo intrecci machiavellici e bambole russe di tranelli, con il giallo tradizionale. Sembrerebbe prendere fiato tra due serie – e, dunque, da quei polizieschi tridimensionali, difficilissimi, ad incastro. 
Un gioco da ragazzi. Invece, ragionandoci, si nota che è meno semplice di quanto appaia: stupire con poco, anziché intrattenere con tanto. Carrisi stupisce e intrattiene, non dimentica le regole base del suo straordinario successo, ma – fino alla fine, anche davanti alla sue quasi quattrocento pagine – ho conservato l'impressione di un racconto lungo, di un esercizio ben portato a termine. Ho fatto le ore piccole per finirlo – con, fuori, le stesse atmosfere dello scorso anno e, tra le pagine, lo stesso Carrisi padrone – ma mi è mancato il colpo di scena eclatante, il brivido, in un ultimo capitolo frettoloso che, per la prima volta, non mi ha lasciato a bocca aperta. Se le risposte al caso mi sono sembrate modeste, La ragazza nella nebbia è interessante, molto, per le riflessioni sulla morte ai tempi dei mass media. I misteri dello storico Twin Peaks, gli uomini qualsiasi del Sospetto di Vinterberg, vessati dalle occhiate di fuoco del vicino di casa, e un quid – in questo caso, il sezionare la materia fragile di cui sono fatti i talk show, penna e telecomando alla mano – che è inequivocabilmente suo. La trama si fa circostritta, ma il male, chiodo fisso, rompe di nuovo gli argini. E l'agente speciale Vogel, che eppure dovrebbe combatterlo, lo coltiva con dedizione sotto le luci della ribalta. Non integerrimo uomo d'azione, ma mestierante dotato di sangue freddo e tratti telegenici, cercherà di offrire alla telecamera un colpevole – un mite professore di lettere con la sfortunata di non avere un alibi abbastanza solido – e il suo profilo migliore. Non cerca prove, ma indizi, con l'aiuto del giovane Borghi, di una giornalista d'assalto che gli ha rovinato la reputazione e di una giacca di cachemire – sotto: camicia inamidata, gemelli d'oro, cravatta di seta – per combattere il clima rigido, e nascondere le macchie di sangue altrui. Qualche sbavatura c'è – i colori del giallo, a volte, diluiti nel mare magnum del realismo – ma tanto si salva dalla nebbia della mia memoria. I lumi e i peluche. Un regalo mai scartato, con ancora il fiocco in cima, e un albero puntato verso la finestra, come un faro per i naviganti – e in città così piccole è assurdamente facile smarrirsi. I reporter, come gli avvoltoi, che avvertono l'odore dello scoop, pare ricordi quello rugginoso del sangue, e iniziano a volteggiare su Avechot, in cerchi implacabili e perfetti. Non ci si prende la briga di cercare la vittima, data per spacciata sin dalle prime ore, ma il suo assassino. Per santificare Anna Lou e dare a quel borgo spuntato da una fiaba, all'improvviso scena del crimine, la sua pace. La stampa adora i finali lieti, per quanto possibile, e l'illusione dei mostri.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Negramaro – Io non lascio traccia

24 commenti:

  1. Eheh maledette tre stelle :P Io ti farò sapere credo a metà settimana (ho dato un taglio a quel grosso malloppo di romanzo), l'accostamento a Twin Peaks mi suscita curiosità, speriamo che sia almeno un 7 per quanto mi riguarda (che poi sarebbero un poco più di tre stelle, no? :D

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    1. Penso di sì. Le valutazioni sono la cosa più difficile. Dipende un po' da quanto hai assegnato agli altri: sicuramente, questo si beccherà un punto - o mezzo - in meno. Mi dirai. ;)

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  2. Come ti dicevo in privato a me uno dei due misteri ha lasciato a bocca aperta e mi ha fatto pensare che se fossi un suo familiare avrei paura della sua sottile pazzia! ;)
    Concordo nel finale un po' di corsa.
    Per quanto riguarda l'analisi dei media nelle storie di sparizione, all'inizio ne sono rimasta affascinata poi però mi è sembrata troppo protagonista a discapito del giallo che invece, comunque,mi sarei aspettata fosse il fulcro di tutto.
    Il suo stile è sempre convincente ma la storia in sé in questo caso mi sembra un insieme di casi visti e rivisti sulla nostra televisione negli ultimi tempi.
    Di certo la capacità di non far smettere il lettore di leggere è sorprendente!

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    1. Concordo con te. Avrei preferito un compromesso, una via di mezzo tra il caso di Anna Lou e le riflessioni sui media. Il tema, purtroppo, interessa più del giallo. Sarà voluto, ricercandosi il mostro per tutto il tempo, insieme a Vogel, e curandosi poco della ragazza scomparsa?

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    2. Se sia voluto non saprei... Forse più semplice concentrarsi su quello! Ma non voglio pensare male! ;)

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    3. Altra mia curiosità: perché di Vogel sappiamo poco e niente? Il suo stile mi ricorda quello di Donato - elegantissimo, l'ho visto ieri a Quarto Grado - ma non ci dice i suoi anni, i dettagli dell'aspetto fisico. Secondo me, non ce l'ha raccontata giusta. Non ci ha detto tutto. Mistero! Vedremo leggendo. ;)

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    4. L'hai visto anche io ieri sera! Dieci che anche questo possa essere l'inizio di un'altra serie?

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    5. Non saprei. Il finale è conclusivo, diciamo così, ma Vogel non me la conta giusta. Personaggio affascinante, ma su cui si vorrebbe sapere di più. Pare anche che ci sarà un film - diretto dallo stesso Donato. Non vedo l'ora di dare un volto a Vogel.

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    6. Letto fino alla fine ma non mi ha entusiasmato, anzi, in verità, sono molto perplessa. I personaggi non hanno spessore psicologico, sono funzionali a una trama stiracchiata che trova nel pessimo finale la sua (il)logica conclusione. Ben fatto il meccanismo della "macchina crea-mostri" ma la bravura di Carrisi, almeno in questo testo, finisce qui. Una inspiegabile frettolosità nel concludere una storia che davvero lascia ben poco.

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    7. Ma cosa ci trovi di "illogico " nella conclusione??...ma dove sarebbe questo pessimo finale??...Io ci ho trovato invece coerenza assoluta! Trama stiracchiata??....Davvero l'hai letto fino alla fine??......mah!!!

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    8. Gentile Patrizia, Donato è un autore pubblicato, tradotto e ritradotto - oltretutto, ci conosciamo anche di persona -, quindi direi che non ha bisogno delle sue perorazioni. Le è piaciuto da impazzire il romanzo? Benissimo. Se non è piaciuto a me o ai miei lettori, però, la invito a non controbattere qui e lì. Come dicevano i latini, de gustibus.

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    9. Ho solo espresso la mia opinione...non e' concesso??...credevo che controbattere e discutere avesse senso in questo contesto, non ho perorato la causa di Donato Carrisi, so bene che non ne ha bisogno, semplicemente non condivido la sua recensione perche' io questo romanzo l'ho compreso, e l'ho trovato logico in ogni sua parte....certo "de gustibus" non fa una piega....ma dissento dalla sua recensione non perche' "il romanzo mi e' piaciuto da impazzire ", solo per rimarcarne la coerenza che non e' stata...come dire...rilevata...

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    10. Cara Patrizia, io il romanzo l'ho letto un po' in anticipo. E gratis. E, liberamente, ho detto cosa mi ha convinto e cosa no. Se non è coerenza questa.

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    11. Assolutamente si, questa e' coerenza..io pero' mi riferivo alla coerenza del romanzo stesso, che nel finale non spiega e non svela quello che forse vorremmo sapere, proprio perche' e' questa la chiave, ovvero cio' che nessuno potra' scoprire dei movimenti dei protagonisti che nella loro personalissima scala dei valori della vita muovono le loro pedine per regalare e regalarsi una sorta di "giustizia".....di conseguenza tutto deve rimanere nella nebbia, anche per i lettori. Comunque sono anch'io una sua lettrice..da tempo e se all'inizio mi sono espressa in modo un po' arrogante (molto?)...chiedo scusa, mi e' dispiaciuto che alcuni suoi lettori abbiano deciso di non leggere il romanzo a causa della recensione, ovviamente qualcosa piace o non piace, e su questo, nulla da dire (De gustibus no? )ma dovrebbe essere, secondo me, una decisione presa dopo avere valutato il contenuto personalmente. Forse pero', anche la questione costo ha il suo peso,e qualcuno avra' sicuramente piacere nell'essere consigliato nell'uno o nell'altro senso, va bene cosi', io pero', per mia natura, debbo sempre prendere una decisione, in base alle mie valutazioni......ok, il mondo e' bello perche' e' vario....cordiali saluti.

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  3. Tanto per restare in tema, le tue recensioni creano dipendenza xD nel bene e nel male, ognuna crea come un mondo a parte e riesce a far entrare direttamente chi legge nel cuore del libro. Prima o poi mi deciderò a leggere questo autore..

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    1. Ma grazie, Cristina! Da amante del thriller, non puoi perdertelo. ;)

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  4. Anch'io devo recuperare molto di questo autore; le tre stelle un po' mi turbano, la trama mi attira. Recensione impeccabile, come sempre .)

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    1. Se devi recuperare molto, Tessa, meglio ancora.
      Questo puoi lasciarlo alla fine, secondo me. ;)

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  5. Che bella atmosfera che hai creato! io amo i noir, di Carrisi ho letto solo La donna dei fiori di carta che ho apprezzato ma senza esagerare, ho il suggeritore nella mia libreria, i pareri sono ottimi, credo che leggerò quello e non La ragazza nella nebbia, mi fido del tuo parere.

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    1. Anche La donna dei fiori di carta ha un incastro di storie bellissimo, ripensandoci. Se ti piace il noir, con Carrisi fai sicuramente centro. :)

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    2. A me ha deluso fortemente, la fine soprattutto mi è sembrato che sia stato tutto buttato li per far finire il libro, tutti i passaggi che fa l assassino (di cui ovviamente nn dico il nome) o meglio che ipotizza sono semplicemente assurdi, molto molto deluso alla fine ho avuto per la prima volta la sensazione che doveva per forza scriverlo.

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  6. NON sono daccordo con la tua recensione...ho appena terminato di leggerlo...e' formidabile, e il colpo di scena finale c'e'....eccome!!! se poi trovi che non abbia approfondito alcune parti...secondo me sono proprio quelle che NON devono essere approfondite, e restano nascoste proprio come lo sono per i personaggi del romanzo-il colpo di scena non e' rappresentato dall'assino che alla fine viene svelato (io peraltro lo avevo supposto), ma da quell'altro "mostro"...(non voglio rovinare la lettura a quelli che ancora lo devono leggere), pensa che ho letto la tua recensione PRIMA di iniziare il romanzo...gia' con un po' di delusione a farmi compagnia, poi pero' man mano che andavo avanti...non trovavo nulla di affrettato, nemmeno nel finale......e' senz'altro un voto strapieno il mio! - (anche se e' solo la mia opinione ) :)

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  7. È deprimente ho appena visto il film e non ho capito chi ha ammazzato Anna Lou (non ero l'unica), leggendo il libro il finale è chiaro?

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  8. Quello che ho capito io vedendo il film è che il professore ha ammazzato Anna Lou...lo psicologo era "l'uomo della nebbia" che 30 anni prima aveva ammazzato tutte le altre ragazze... di Anna Lou ha solo trovato il corpo in una delle stanze dell'hotel in cui era stata uccisa e ha quindi potuto prendere una ciocca anche dei suoi capelli.. cmq questo dubbio rimane..e forse è proprio il bello del film..

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