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lunedì 29 aprile 2024

Recensione: Ho qualche domanda da farti, di Rebecca Makkai

| Ho qualche domanda da farti, di Rebecca Makkai. Bollati Boringhieri, € 19, pp. 480 |

Come in Le regole del delitto perfetto, un'insegnante dà ai suoi allievi un singolare compito per casa: indagare su un omicidio compiuto trent'anni prima. Come in Only Murders in the Building, l'ossessione per il true crime spinge un gruppo di detective improvvisati a ficcanasare tra i dettagli di una storia di sangue: non andrà bene. Rebecca Makkai torna in libreria, con un thriller perfetto, su carta, per diventare una serie TV. Prolisso e dispersivo, invece, invoglia più a mandare avanti veloce che a fare binge watching. L'intreccio, destinato a dipanarsi in quasi cinquecento pagine ma non a trovare una risoluzione definitiva, gioca con la nostra ossessione per la verità. Davanti a un caso di cronaca nera, siamo tutti voyeur. Non ci rassicurano nemmeno i verdetti. Quando qualcuno viene incriminato, di rado crediamo che giustizia sia realmente stata fatta. Olindo e Rosa sono gli artefici della strage di Erba? Il DNA che inchioda Bossetti è stato sistemato ad arte sulla biancheria di Yara? Amanda Knox, col suo visino d'angelo, ce la conta davvero giusta? Per quanto immaginario, il giallo di Makkai parla dell'ennesima vittima di femminicidio: Thalia, sedici anni, fu trovata riversa nella piscina della scuola.

Solo perché non riesci a immaginare qualcuno che fa qualcosa non significa che non ne sia capace.

Correvano gli anni Novanta. Gli adolescenti consacravano altari a Kurt Cobain e gli assassini erano puntualmente afroamericani: così è stato per Omar, preparatore sportivo, condannato per l'omicidio dell'adolescente. Si tratta di un caso di mala giustizia? Bodie Kane, ex allieva della Granby ormai celebrare nell'ambito della critica cinematografica, torna sulla scena del crimine. Divorziata e irrisolta, rivive il passato a ogni passo, con la speranza di cambiarlo. I suoi vecchi professori sono ancora in carica. I ricordi delle amiche e dei conoscenti, dei bulli e delle spasimanti bruciano ancora nell'orgoglio. Per fortuna sono cambiati i rapporti di genere, anche se l'ondata me-too travolge anche l'ex marito. Per fortuna sono cambiati gli adolescenti, più schierati. L'autrice si impelaga in un romanzo che ha troppa carne al fuoco. Il giallo passa presto in secondo piano, appesantito dalle stoccate femministe; dalle shitstorm su Twitter a proposito di molestie e razzismo; dalle riflessioni su un falso Eden, provinciale ed elitario quanto il sistema giudiziario americano. Cara Makkai, anch'io ho qualche domanda da farti. Perché dilungarsi con le relazioni sentimentali della protagonista? Perché il continuo rivolgersi a Bloch, professore di teatro sotto sospetto, senza mai farlo comparire in scena? Perché lasciare spazio alle teorie del complotto, ai dati, alle statistiche, se la riapertura del processo avviene a porte chiuse? Logorroica, tergiversi e impieghi fiumi di parole per distoglierci dalla povertà della tua inchiesta. Inefficace come thriller, il tuo ultimo romanzo può funzionare soltanto se letto in chiave amarcord. Più che un maxiprocesso, infatti, è una pizzata di classe in cui tutti parlano troppo e troppo forte mescolando gossip e tragedie alle foto d'epoca. Per essere al centro dell'attenzione, e dei disastri. Per sentirsi vivi.

Il mio voto: ★★
Il mio consiglio musicale: Sophie Ellis-Bextor - Murder on the Dancefloor 

4 commenti:

  1. Se c è una cosa che non digerisco è proprio la tendenza a divagare esageratamente, lasciando per altro troppi interrogativi sospesi.
    I gialli li adoro, un po' le pagine inutili o inconcludenti 😅
    Passo 😃

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    1. Passa, per questa volta senza rimpianti. Un abbraccio.

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  2. Shonda Rhimes potrebbe farla diventare una serie accattivante. Le basi su cui costruire qualcosa di valido mi sembra ci siano, a partire dalla componente anni '90!

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    1. Sicuramente nelle corde di Shonda. In una trasposizione a puntate, potrebbe uscirne migliore e vincente.

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