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mercoledì 7 dicembre 2022

Recensione: Tasmania, di Paolo Giordano

| Tasmania, di Paolo Giordano. Einaudi, € 19,50, pp. 258 |

Ai miei studenti, nell'ora di epica e mitologia, ho rivolto una domanda: cosa portereste con voi in caso di giudizio universale? A casa, qualche giorno dopo, correggendo a penna rossa i loro temi, mi sono trovato a sorridere della banalità di alcune risposte: cellulari, trucchi, profumi... Forse, però, sorridevo soltanto di me stesso. Cosa avrei scritto al posto loro? Cosa mi affannerei a salvare? Cambierei forse hobby e priorità in prossimità dell'apocalisse? La fine del mondo è già qui, ci rivela l'ultimo libro di Paolo Giordano. Tasmania, a metà tra il saggio e l'autofiction, è un decalogo minuzioso del peggio che ci è capitato in questi folli anni: gli attentati terroristici, il Covid-19, il riscaldamento climatico, gli scandali sessuali. Il narratore, presumibilmente lo stesso Giordano, è un uomo di scienza prestato alla letteratura.

Scrivo di ogni cosa che mi ha fatto piangere.

Ha compiuto da poco quarant'anni, è in crisi esistenziale e, in un pianeta in crisi, fa ricerche su ricerche per il suo prossimo successo: un libro sulla bomba atomica. Esorcizza la paura con la paura. Con un software online simula l'esplosione di un ordigno sul tetto della propria casa e fa una conta approssimativa dei danni. Sempre online, non visto, cerca video di decapitazioni. Nell'altra stanza c'è Lorenza, la compagna di qualche anno più grande, già madre di un adolescente in partenza per gli Stati Uniti, che vorrebbe un altro figlio prima dell'arrivo della menopausa. E altrove, sparsi in giro per il mondo, ci sono amici e conoscenti che si innamorano, si tradiscono, flirtano, sabotano la loro carriera per una parola di troppo, premettono il sesso alla vocazione, si prendono, si mollano e infine si ripigliano.

Per poter scrivere non bisognava prima di tutto, forsennatamente, vivere?

Viviamo, smarriti, in un tempo pre-traumatico. Patiamo l'ansia sociale, la sindrome di Cassandra, i notiziari. Siamo spacciati. Allora perché, come i miei studenti – superficiali o forse soltanto pragmatici –, continuiamo a badare al superfluo? Perché, come Paolo e i suoi amici accademici, nutriamo quest'insensata ossessione per il futuro? Perché la vita, nonostante tutto? Di recente anche al cinema con il bel Siccità, di cui è stato sceneggiatore accanto a Paolo Virzì, l'autore piemontese continua il suo viaggio fra le ansie della nostra generazione. Ne viene fuori una lettura dal taglio divulgativo, all'apparenza distante da quelle che solitamente preferisco intraprendere, ma capace di toccare corde tutte sue – e tutte nostre. In caso di giudizio universale, mi porterei dietro beni di prima necessità e un libro così: un manualetto dotto, poetico e autoironico, sull'arte del reinventarsi e sul vizio della speranza. È possibile trovare scampo dal presente, dagli altri esseri umani, dalle responsabili della vita adulta? Giordano ci fornisce indicazioni preziose sulle vie di fuga. I più ricchi si stanno già procurando stanze antipanico superaccessoriate e navicelle spaziali. A noi non restano che le coordinate per raggiungere la Tasmania, novella terra dell'oro in cui Nick Cave ospitò il suo primo concerto all'indomani della straziante perdita del figlio. E gli abbracci spaccaossa delle persone che amiamo: che sono bunker antiaerei; che son casa.

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Levante – Andrà tutto bene

4 commenti:

  1. Bellissimo post, come al solito la tua penna non perde mai inchiostro.
    Cosa mi porterei? Non mi sovviene niente di così indispensabile, credo una foto dei miei cari....
    Bellissimo il vizio della speranza e in fondo riesco a capire anche i tuoi studenti, forse esorcizzano o probabilmente si sentono immortali perché quando si è giovani non si pensa, fortunatamente, alla morte.
    Oggi porterebbero il cellulare, un domani alla stessa domanda potrebbero rispondere 'un libro', hai la forza per trasmettere questo, pensa che bella responsabilità.
    Un caro saluto 👋

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  2. ciao Michele, sempre bello rileggerti!!
    ehm,. forse rischio la banalità anch'io, ma d'istinto, senza arrovellarmi troppo il cervello, direi che vorrei portarmi le persone che amo.
    non vale, eh? Per forza oggetti? Mmm, un quaderno e una penna, per tentare di ingannare il tempo scrivendo.
    un caro saluto!!

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  3. Dai lezioni di epica e mitologia?
    Dev'essere qualcosa di epico! :)

    In caso di giudizio universale una delle prime cose che può venire in mente di portare è il cellulare... ma se poi non c'è più campo come la mettiamo? XD

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  4. Io mi porterei dietro un libro, magari non questo anche se è ovviamente in lista, ma quello da poter leggere e rileggere per far passare il tempo.
    Spero di perdonare Giordano dopo il passo falso di Siccità.

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