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venerdì 20 novembre 2020

Recensione: Rebecca la prima moglie, di Daphne du Maurier

| Rebecca la prima moglie, di Daphne du Maurier. € 15, pp. 425 |

Quando una giovane dama di compagnia si innamora corrisposta di un fascinoso vedovo, sembra il principio di una fiaba. O meglio, l'epilogo: quando la nostra coppia di eroi, scortata su una carrozza, scompare felicemente nell'orizzonte dei titoli di coda. Cosa succede alle principesse dopo il lieto fine? All'indomani di luna di miele consumata tra Venezia e Parigi, è necessario assumersi i doveri di padrona di casa. Ma le vesti di nuova Signora de Winter non calzano a pennello alla protagonista, timida e goffa, che preferisce le gonne di flanella agli abiti eleganti; che sembra più una sguattera che un'aristocratica. Cos'ha conquistato Max? Se lo chiedono tutti. Se lo chiede anche lei. Quelli che agli occhi degli ospiti e della servitù sembrano difetti, però, per Max sono pregi impagabili: la sposina, nel suo confortante anonimato, è perfetta per scongiurare pettegolezzi e mondanità. Ma la labirintica Manderley, immersa in una natura lussureggiante che all'improvviso cede il passo alla scogliera, è un castello che racconta già la storia di un'altra donna: Rebecca, morta un anno prima per annegamento. La prima moglie è una R inclinata nella dedica di un libro di poesie, è un angioletto di ceramica sapientemente scelto per arricchire una scrivania, è un profumo che non va via dalle tende, è un capello corvino rinvenuto su una spazzola, è un elegante guardaroba nell'ala ovest. La signora Danvers, la governante subdola e inquisitoria, sembra esserle ancora devota, al punto da trattare l'altra donna alla stregua di un'usurpatrice.

Conoscevo il suo viso, minuto e ovale, la pelle bianca e liscia, la gran massa di capelli scuri. Sapevo che profumo usava, ero in grado di immaginarne la risata e il sorriso. Avrei riconosciuto la sua voce, se l'avessi udita, anche in mezzo a mille altre. Rebecca, sempre Rebecca. Non mi sarei mai liberata di Rebecca.

Tormentata da paragoni impietosi, commenti malevoli e occhiatacce, la protagonista si scopre sepolta viva in un reliquario: in compagnia di uno scheletro scricchiolante, che tutt'ora detta legge. Si può essere all'altezza di un ricordo? Mentre le lunghissime descrizioni e i dialoghi altisonanti ne tradiscono qui e lì l'età anagrafica – il classico del gotico, celebre per l'adattamento premio Oscar di Alfred Hitchcock, ha ben ottantatré anni –, il talento di Daphne du Maurier continua comunque a sorprendere grazie alla sottigliezza psicologica della narratrice. Sprovvista non a caso del nome di battesimo, la protagonista divorata da insicurezze e paturnie risponde all'ozio delle sue giornate con fantasticherie inquietanti. Cosa farebbe Rebecca? Quanto sarebbero leggendarie le sue feste in maschera? Come bacerebbe il marito? Immaginandone i modi di fare, la voce, gli sguardi, la seconda moglie evoca a tratti la presenza evanescente della prima in una possessione demoniaca che non scomoda né diavoli né almanacchi. Calata in un contesto sempre realistico, questa è una ghost story atipica perché disputata quasi interamente nella mente di una protagonista ordinaria all'apparenza. L'autrice è incedibile in questo: la ricerca di spine nel cuore dell'idillio e di ombre ambigue in una damina altrimenti soggetta a soprusi e svenimenti.

A volte, mentre cammino lungo questo corridoio, mi immagino di averla alle spalle. Quel passo leggero e svelto. Lo riconoscerei tra mille altri. E nella galleria dei menestrelli, sopra l'atrio. Ai vecchi tempi la sera stava lì, appoggiata alla balaustra; guardava giù e richiamava i cani. Anche adesso mi capita di vederla ogni tanto. Mi par quasi di sentire il fruscio del suo abito sui gradini dello scalone, mentre scende per venire a cena. Credete che lei in questo momento ci stia guardando? Ci starà ascoltando, mentre parliamo? Pensate che i morti vengano a controllare i vivi?

Quando il mistero sulla fine di Rebecca finisce per essere sviscerato in ambienti più convenzionali – prima l'aula di un tribunale, poi un salotto che fa da sfondo a un interrogatorio alla Christie –, il romanzo diventa un giallo prolisso e cavilloso; lo svelamento di una fitta serie di bluff già noti al lettore, che purtroppo toglie al personaggio della Danvers – indimenticabile negli adattamenti – il diritto a un'uscita di scena trionfale. Regalarsi la lettura di Rebecca oggi, all'epoca dell'ennesimo remake Netflix, è come recuperare un film in replica talmente famoso da risultare per forza di cose già noto in linea di massima. Uno di quelli in bianco e nero, impreziositi dal glamour della vecchia Hollywood, che da un lato sembrano di una grazia ormai tramontata e dall'altro moderni come non mai. Dietro un cancello arrugginito, al termine di un colossale viale alberato, la vista di Manderley – benché ormai decaduta, vittima di vandali e rampicanti – continuerà a ispirarvi soggezione. E con lo sguardo all'insù, intimoriti dalla sua fama di casa stregata, vi chiederete: quale delle due donne era il fantasma che la infestava?

Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Billie Eilish – No Time to Die

10 commenti:

  1. Non mi ha mai attirato particolarmente, letto da ragazza, non penso lo rileggerei.
    Preferisco di gran lunga la Austen, con i suoi andirivieni, le sue spiegazioni, i dialoghi dettagliati. Le sue eroine sono spacciatamente romantiche come me.
    Ragione e sentimento, hai visto il film?
    Il signore di Manderley non fa per me 😁

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    1. Visti tutti i film della Austen, anche la versione recente di Emma. Piacevolissimi, ma lei come autrice mi annoia moltissimo. Sono impopolare, lo so, ma faccio fatica a comprendere come i suoi romanzi siano entrati nel novero dei classici. Mi sembrano tutti delle chiacchierate di salotto. 😢

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    2. Io invece per l'epoca in cui sono stati scritti, trovo che la sua mente fosse arguta e la sua scrittura interessante.
      Non consiglierei però i suoi libri ad un pubblico maschile, forse neanche i suoi film.

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    3. Ho sempre sentito parlare di questo libro, come genere e storia mi attira ma finora l'ho rimandato.
      Vedrei anche il film, perché no?

      (La Austen mi piace, ma il mio cuore è delle sorelle Brontë)

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    4. @Lory, secondo me non esistono cose per maschi e per femmine, per grandi e per piccoli. Quando sussistono, allora non sono cose belle. :)

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    5. @Angela, straconsiglio! Ti piacerà. :)

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    6. Non mi trovi d'accordo ma va bene, un po' estremista il tuo parere....bacio!

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    7. Un bacio a te, buona domenica!

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  2. Mi sembra una cosa dal sapore troppo classico per i miei gusti. Pure il patinatissimo remake Netflix non mi attira un granché...

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    1. L'ho visto qualche giorno fa. Non malvagio, finale a parte. Le due regalano bei duetti attoriali. Hammer un (bellissimo) carciofo.

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