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martedì 6 ottobre 2020

Recensione: Lacci, di Domenico Starnone


| Lacci, di Domenico Starnone. Einaudi, € 12, pp. 134 |

Se i miei genitori fossero rimasti insieme, lo scorso sei settembre avrebbero festeggiato trent’anni di matrimonio. Il giorno in questione l’ho realizzato in ritardo, ricercando un perché alla mia malinconia improvvisa: se la mente confondeva le date, il corpo sapeva.  Credo che ciascuno di loro stia meglio adesso, accanto ad altre persone, ma a volte mi sorprende la nostalgia di com’eravamo. Colpa dei ricordi, che addolciscono tutto; di un tempo che lenisce. Ho ventisei anni, ma vado dicendo che non ho intenzione di avere né figli né famiglia: sono stanco, ho fatto una lunga gavetta non pagata, ho cresciuto mamma e papà. Ma fa comodo dare tutte le colpe a loro. Chiedetelo a Freud: i genitori sgravano la coscienza.

I figli hanno bisogno dei genitori non anche, ma sempre.

Non nuovo agli sgambetti domestici, mi sono sentito a casa perfino in quella a soqquadro di Aldo e Vanda. Di ritorno dalle vacanze, i coniugi in pensione trovano il loro appartamento sottosopra. Per di più è sparito anche il gatto Labes, forse rapito per un riscatto, forse fuggito perché nella stagione degli amori. I ladri hanno portato alla luce cose che sarebbe stato meglio lasciar nascoste. Le lettere scritte per Aldo nei tardi anni Sessanta, ad esempio, nel clou di una crisi coniugale durata quasi un lustro: pietosi, struggenti, crudeli, quei fogli custodiscono gli appelli della moglie abbandonata. La loro storia è comune agli uomini e alle donne della generazione del dopoguerra. Un matrimonio in tenera età, le sicurezze economiche del boom, infine la curiosità fanciullesca verso i cambiamenti intorno: la rivoluzione sessuale, la legge sul divorzio. Disgustato dalle istituzioni borghesi, Aldo si concede un’avventura con Lidia, studentessa che scoppia di gioventù e di colori: fa un errore però, se ne innamora. Diviso tra il desiderio di essere felice e il senso del dovere – l’infelicità di Vanda e lo smarrimento dei loro due figli sono colpa sua –, cosa avrà scelto Aldo per ritrovarsi così: chino a cercare cocci e indizi sul pavimento, vessato da una partner che ora regge il coltello dalla parte del manico?

Gli unici lacci che per i nostri genitori hanno contato sono quelli con cui si sono torturati reciprocamente per tutta la vita.

Mentre l’uomo si è trasformato in un figuro sospettoso e nevrotico, con la tendenza a lasciarsi imbrogliare, la donna è una moglie puntigliosa e accorta: una carceriera spietata. Lui, sostanzialmente inerme, vive nella paura di una ritorsione. Lei, regina del melodramma, si erge fiera del proprio egoismo. Parlano il giusto, evitano le discussioni, rifuggono la verità. Dandosi una seconda possibilità, si sono disinnescati a vicenda fino a diventare l’ombra di loro stessi. Almeno gli eredi ne avranno tratto giovamento? Chiedetelo a Sandro, che ha avuto quattro figli da tre donne diverse; domandatelo ad Anna, rimasta volontariamente zitella per piangere più forte al ricordo di quando le strapparono l’Eden dell’infanzia a Napoli.

Sono passati gli anni e i decenni in questo gioco e ne abbiamo fatto una consuetudine: vivere nel disastro, godere dell’ignominia, questo è stato il nostro collante. Perché? Forse per i figli. Ma stamattina non ne sono più sicura, mi sento indifferente anche a loro. Ora che sono vicina agli ottant’anni posso dire che della mia vita non mi piace niente. Non mi piaci tu, non mi piacciono loro, non mi piaccio io stesso. Perciò, forse, quando te ne sei andato me la sono presa tanto. Mi sono sentita stupida, non ero stata capace di andarmene prima io. E ho voluto con tutte le mie forze che tornassi solo per poterti dire: ora sono io che me ne vado.

Sulla copertina del romanzo, anche al cinema diretto da Luchetti, ci sono un paio di scarpe. Davanti a questa vicenda di disamore, ho pensato a Storia di un matrimonio. Scarlett Johansson inseguiva Adam Driver in strada. Lo avvisa, ha una scarpa slacciata: potrebbe scivolare. Anche se una relazione appartiene al passato, come vorresti che il padre dei tuoi figli cadesse? Qui i lacci, al contrario, sono la metafora dei vincoli e dell’inadeguatezza. Come puoi andare avanti se l’inciampo è dietro l’angolo? Come possono Sandro e Anna crescere, amare, se non hanno mai imparato a fare il nodo? Sullo sfondo di una devastazione sia concreta che figurata, Starnone scrive con perizia chirurgica un thriller dei sentimenti breve, ossessivo, cesellato. Un gioco d’amore e massacri con un unico difetto. Qui e lì vorrebbe stupirci con la sottile crudeltà dei suoi protagonisti – il colpo di scena finale lascia sulle labbra un sorriso beffardo –, ma con me non ci è riuscito. Per questioni personali conosco talmente bene queste modalità che nemmeno gli aspetti più grotteschi del giallo hanno serbato sorprese. Purtroppo per me, purtroppo per noi, abbiamo vissuto dispiaceri simili. I nostri lacci avevano altri nodi, ma stringevano ugualmente. Ho sofferto quando sono stati spezzati. Ma con il senno di poi separarsi è stato il regalo migliore che mamma e papà potessero farsi per non ritrovarsi così: a salvare dal pattume i ricordi di una casa in cui tutto, tutti, sono insalvabili.

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Ivano Fossati – La costruzione di un amore

12 commenti:

  1. Mi è stato consigliato da una cara amica, cui si aggiunge la tua sentita recensione e la curiosità verso il film..
    Mi sa che lo leggerò, entro la fine dell'anno, quantomeno :-))

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    1. Grazie, Angela!
      Anch'io spero di vedere il film quanto prima.

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  2. Io invece lo sconsiglio. E' di una pallosità straziante.
    Sembra un manifesto a favore della legge Fortuna-Baslini (che però è di 50 anni fa, quindi non è particolarmente attuale)

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    1. Dal momento che ammetto candidamente di non conoscere bene neanche la legge che nomini, me lo sono goduto alla grandissima. Da membro di una famiglia scoppiata, posso giurare che sia un ritratto particolarmente cinico e veritiero.

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  3. Ma sai che mi sembra di averlo letto, ma non ricordo assolutamente niente, segno che è passato così...in ogni caso niente mi invoglia a ri/leggerlo. Probabilmente andrò a vedere il film, vedremo, mi sembra che sull'argomento già si sia detto molto e in tutte le salse. Dopo Storia di un matrimonio che mi ha lasciato l' amaro in bocca, andremo nuovamente a farci del male?
    Prima di entrare nel mondo di Poissant che ha un modo speciale nel raccontare le cose, ho letto "È quello che ti meriti" di Barbara Frandino, stessa brutta storia di un matrimonio avvelenato. Scrittura potente, ma se mi chiedi 'ti è piaciuto?' non saprei risponderti. Dietro le storie, i libri, ci sono gli scrittori, persone che come noi hanno un vissuto e allora mi viene da chiedere magari sbagliando: 'a che pro?'. Non so, a volte faccio delle riflessioni tutte mie....e non riesco a scindere lo scrittore dalla storia. È un discorso un po' confuso, non so se sono riuscita a spiegarmi ma non posso esimermi dal pensare che ci sia sempre un punto di vista così personale e a volte rabbioso che rischia di lasciare un'ombra negativa e condizionare un po'...
    Certi luoghi comuni, queste guerre da film come i Roses, non sempre mi piacciono, dipende da come vengono raccontate. Insegnano qualcosa? Non credo.
    Anche se il discorso sarebbe lungo e articolato, dimmi cosa ne pensi.... ciao!

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    1. Ciao Lory, probabilmente hai ragione tu. Ma non penso che le storie debbano sempre raccontare qualcosa, a volte sono storie e basta. Tranche de vie. E nella vita è difficile vederci una morale, un disegno, soprattutto se la si vuol raccontare in presa diretta così. Sono storie che fanno più male che bene, più distruttive che costruttive, ma hanno un'onestà che invidio.
      Anche se, concordo, evadere è più bello. Il romanzo Einaudi che hai letto tu mi ispirava molto.

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  4. Ciao Michele, probabilmente hai ragione tu. È giusto il tuo punto di vista. Al momento ho necessità di altro, anche se storie tristi, negative, cupe, chissà perché ci attirano sempre....

    Se lo leggerai mi dirai il tuo parere, spero però che ti dedicherai ad altro ☺️

    Vado anche a scriverti qualche riga al post La casa sul lago.

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    1. Anch'io forse ho necessità di altro, ma poi puntualmente finisco a sbattere in storie di queste.
      Come avevo letto in Nessuno si salva da solo: "non puoi andare contro al tuo stato d'animo". :-/

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  5. Ti ho lasciato un messaggio, controlla, ciao!

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    1. Non vedevo il commento, Lory! Poi ho visto che era tra quelli da "sbloccare", essendo il post più datato. Faccio così per evitare i messaggi spam. Si accaniscono soprattutto contro i post più vecchi!

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  6. La storia della tua famiglia probabilmente meriterebbe di essere raccontata in un libro...
    Quanto al romanzo, mi sa che mi vedo prima il film e poi valuto. :)

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