Su
carta sembrava non promettere niente di buono. Una storia sull’aldilà
vista e rivista, sin troppo familiare ai fan di The Good Place
e Black Mirror. Contro ogni pronostico, però, Upload
sorprende. Ed è pronta a diventare una delle serie più
irresistibili dell’anno, con il suo mix di fantascienza e buoni
sentimenti; con una storia d’amore e morte ironica ma dolcissima,
che qualche volta fa sospirare. Siamo nel solito futuro non troppo
lontano in cui la tecnologia sta prendendo il sopravvento. Il
protagonista è il solito bellimbusto che per il solito guasto alla
macchina fa il solito incidente autostradale e finisce nel solito
paradiso personalizzato. La sua anima, infatti, viene caricata in un
aldilà per ricchi – tutto vedute mozzafiato e comfort –, ma
anche la perfezione nasconde immancabili lati oscuri. Anche da morti,
infatti, sussistono le iniquità. Nell’Upload vigono infinite
disparità sociali. Alcuni hanno una corsia preferenziale, altri no.
E soprattutto, per soggiornare lì, sono necessari i finanziamenti di
una persona esterna: nello specifico, quelli di una fidanzata ricca e
superficiale a cui, nonostante tutto, restare vincolati vita natural
durante. Si può sopravvivere alle difficoltà, se già defunti?
Robbie Amell, bello che balla, può fare affidamento sui consigli di
Nora: addetta al servizio clienti, vivissima e per questo lontana da
lui, con la quale è in contatto h24. Si innamoreranno, a dispetto di
una barriera insormontabile. Scrive lo sceneggiatore dell’iconica
The Office. I toni, sapientemente indovinati, sono deliziosi.
I colpi di scena, con tanto di inseguimenti ed esplosioni sanguinose,
non si contano. Il cast è un vero piacere per gli occhi. Insomma, ci
sono guai anche in paradiso. Perfino le tecnologie avveniristiche
hanno delle falle, dei difetti. Ma Upload – semplice, e per
questo semplicemente adorabile – non presenta bug imperdonabili.
(7+)
Devi,
caustica e spigliata, vorrebbe essere un’adolescente come tante.
Mimetizzarsi senza sforzi nella fauna della scuola pubblica. Ma è
difficile essere invisibili quando si è involontariamente al centro
dell’attenzione. Dopo la morte del padre durante il saggio di fine
anno, qualcosa ha fatto crack nella mente della ragazza e le
gambe, di conseguenza, si sono rifiutate di camminare. Bollata come
malata immaginaria, ora che è finalmente tornata a camminare non può
però guarire dal disagio peggiore: la sua “grossa grassa”
famiglia indiana. Vi avverto: a dispetto di qualche cliché di troppo
nel finale, la conoscenza di Devi sarà una delle rivelazioni
dell’anno corrente. Ha una parlantina a raffica, la risposta sempre
pronta, e diverte e intenerisce con una storia di formazione che
parla sì di amori impossibili, sì di maturazione, ma soprattutto di
origini e accettazione. Qui la giovane è chiamata a fronteggiare le
proprie usanze indiane, che le sembrano tanto bigotte, e soprattutto
gli agguati del lutto: di tanto in tanto, nel corso degli episodi,
qualche flashback struggente minaccerà di strappare lacrime
impreviste agli spettatori dal cuore tenero. Consigliata a chi ha
voglia di leggerezza ma non solo, Never Have I Ever piace per
la rappresentazione spassionata delle minoranze etniche – che
meraviglia, ho pensato tra me e me, incrociare tutti quei nomi
esotici nei titoli di testa – e per la scrittura al fulmicotone
della prezzemolina Mindy Kaling, che fra autobiografismo e invenzione
riesce a spiccare in mezzo alle teen comedy rivali: il colpo di genio
è la voce narrante del tennista McEnroe, che mi ha fatto pensare con
nostalgia a Jane The Virgin. Never Have I Ever,
insomma, non è un’altra stupida commedia americana. Soprattutto
perché, sia da parte di madre che di padre, è fieramente indiana.
(7)
Un
messaggio di testo da parte di un’ex fiamma spinge una moglie
insoddisfatta ad abbandonare la famiglia per salire sul primo treno.
Dice: corri. E una donna sull’orlo di una crisi di nervi, così,
segue il fidanzato dei tempi dell’università – nel frattempo
diventato life coach – nell’avventura di una notte. Giunti al
capolinea, decideranno se tornare insieme o lasciarsi per sempre. Ma
il viaggio, ovviamente, presenterà contrattempi tragicomici. Scritta
da Vicky Jones e prodotta da Phoebe Waller-Bridge – anche impegnata
in un piccolo ruolo bislacco –, Run è una commedia
romantica sui generis con ritmi vertiginosi e risvolti degni di un
thriller. Un appuntamento appassionato nel segno della nostalgia e
del pericolo su due personaggi perennemente braccati, che fuggono
dalle responsabilità e dai rimpianti. Il formato, pratico e
scorrevole, è insolito per le serie HBO: sette episodi di trenta
minuti ciascuno. Perché non realizzarne un ottavo regalando alla
serie una conclusione? Impossibile pensare altrimenti davanti a una
storia che non ha le carte in regola per una seconda stagione. Lo
suggeriscono a malincuore le svolte rocambolesche e irrealistiche
della seconda metà, dove i due fanno il passo più lungo della gamba
e rischiano di restare intrappolati in una vicenda che senza un
prosieguo apparirebbe purtroppo inconcludente. I primi episodi, a
metà tra Prima dell’alba e Intrigo internazionale,
lasciavano ben sperare. I restanti, purtroppo, si poggiano su un
delitto evitabile e sulla tensione erotica tra Merritt Wever e
Domhall Gleeson: un duo lontano dai classici canoni di bellezza che a
sorpresa sprizza sesso e scintille, oltretutto con performance di
peso. Perché, al giorno d’oggi, fare una serie TV su ogni
soggetto? Questa volta, per raccontare il rendez-vous degli eterni
Peter Pan, sarebbe bastato un semplice film di un’ora e trenta.
Fuggiamo via, a gambe levate, ma dalla moda della serialità a tutti i
costi. (6)
Di Upload ne abbiamo parlato e siamo entrambi concordi sulla sua bellezza. Never have I ever è in lista di attesa. Le mie due adolescenti hanno monopolizzato Netflix a causa di Teen Wolf e quindi è tutto un lupo di qua Banshee di la ... Vita da mamma. Nel frattempo aspetto fine luglio per la seconda stagione di Umbrella Academy. buon weekend
RispondiEliminaUh, Teen Wolf. Che ricordi! Avevo visto le prime due stagioni! Never Have I Ever consigliatissima in famiglia. :)
EliminaAnche per me Upload si è rivelato una bella sorpresa. A volte avere delle basse aspettative aiuta parecchio. :)
RispondiEliminaNever Have I Ever è un gioiellino. E a me, per fortuna, non ha ricordato Jane the Virgin. :D
Run parte di corsa e promette molto bene all'inizio, poi in effetti nella seconda metà le svolte assurde non aiutano. Occasione sprecata. Sì, un film da un'ora e mezza sarebbe stato meglio.
A sorpresa Run, che aveva le carte in tavola per essere la più originale delle tre, è la peggiore. Dati i riscontri freddissimi di pubblico e critica, penso finita così.
EliminaCome sai già, ho adorato Never Have I have 😍 upload è in visione, mi mancano circa 4/5 episodi. Molto carina!
RispondiEliminaAspetto le seconde stagioni di entrambe!
EliminaLa personalmente più interessante? Upload ;)
RispondiEliminaSicuramente, anche se su carta è quella che più ricorda altre serie TV. In ogni caso, Amazon Prime Video è sempre un passo avanti in quanto a qualità. Peccato non si sappia vendere un granché bene...
EliminaLe prime due sono state le più belle sorprese del periodo. Colpa del trailer troppo teen o della descrizione alla Black Mirror rischiavo di perdermele.
RispondiEliminaRun continua a sembrarmi un'occasione mancata, il pilot prometteva tanto, la caciara finale proprio non ci stava.
E credo che dovremo anche tenerci quel finale sospeso, data l'accoglienza gelida...
EliminaMannaggia al cliffhanger di Upload... ora attendo la seconda stagione!!!
RispondiEliminaChe finaleee!
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