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Molto mossi gli altri mari, di Francesco Longo. Bollati
Boringhieri, € 16, pp. 176 |
Avevo
questo romanzo in libreria dal periodo dell’uscita. Ma, a
testimonianza di come le letture non abbiano una data di scadenza, ho
scelto di conoscere l’esordio di Francesco Longo ora. Il mood,
infatti, era di quelli perfetti. Mentre in streaming sono immerso
negli amori inconfessati della serie Normal People, il quattro
maggio – per inaugurare la fase due – sono finalmente tornato a
passeggiare al mare: uno dei miei veri affetti stabili. Tutto preso
dagli struggimenti post-adolescenziali e dagli andirivieni in
spiaggia, insomma, non potevo non tuffarmi a bomba nelle estati di
Santa Virginia. Una località fittizia, a un’ora di treno da Roma,
che fa da sfondo alle amicizie rievocate dal narratore. Sarà che il
protagonista ha il mio stesso nome, sarà che ho sempre vissuto sulla
costa, ma l’immedesimazione è stata istantanea.
Smilzo,
occhialuto e cagionevole, Michele è un tipo malinconico e
sedentario. Di quelli che si commuovono per la bellezza dei tramonti,
scrutano le stelle in cerca di UFO, fantasticano di mostri alati in
fondo al lago. Di quelli che hanno fatto dell’attesa il senso
stesso della loro esistenza, e non a caso hanno l’abitudine di
tuffarsi sempre per ultimi. Nato e cresciuto in una località presa
d’assalto dai turisti, non l’abbandona a vacanze finite. Abita in
un paese popolato soltanto per tre mesi all’anno e nei restanti
nove viene lasciato in balia del mare d’inverno.
Sono
stati tutti convocati dal mare, dalla promessa di una mareggiata
epica che ha richiamato anche chi non si vedeva più da anni. La
spiaggia è a sud del promontorio, è la Baia di Santa Virginia. Lì
abbiamo trascorso tutte le nostre estati. Lì l’infanzia era una
cosa sola con la sabbia.
L’autore
descrive con esattezza la solitudine di cui il suo protagonista
soffre, ma è con l’arrivo di giugno che lo fa rianimare: quando,
come da tradizione, si ricompone il cosiddetto gruppo della Baia.
Anno dopo anno, infatti, Michele ha stretto con un manipolo di
coetanei che si riunisce soltanto d’estate. Ci sono Guido, spavaldo
ma fedele, che ha portato la moda del surf da un viaggio in
California; la bella Silvia, che raccoglie le confessioni di tutti ma
raramente si sbottona; il Cicogna, accanito lettore destinato a fare
il naturale salto alla scrittura; Gabriele con la sua inseparabile
chitarra; e c’è soprattutto Micol, con un cespuglio di capelli
ricci e gli occhi più brillanti della luna. Senza dirglielo, il
protagonista la amerà fino all’età adulta. Loro come vivono
invece l’attesa del mare? Con la stessa pena, con le stesse
speranze, con lo stesso languore? Strutturato tra passato e presente,
Molto mossi gli altri mari li racconta com’erano e come
sono: radunati eccezionalmente per una bufera tropicale che allarma i
meteorologi ma promette, d’altra parte, onde altissime. Michele
saprà affrontarle di petto, soprattutto davanti alla notizia delle
nozze di Micol?
Di
una cosa solo tu puoi essere geloso: del mare.
Questo
è un piccolo romanzo generazione che vive non tanto di personaggi
quanto di atmosfere. Se gli amici di Michele sembrano spesso
schiacciati dall’apatia, poco messi a fuoco nella foga della
nuotata e condannati a un finale per me sin troppo precipitoso, a
fare la differenza è una natura kantiana in cui scorgere l’ennesima
sfida. Piace allora per i cieli coperti, per i braccialetti
dell’amicizia al polso, per le pedalate a perdifiato e per le
grigliate, per la metafora alla base: l’età adulta come una
mareggiata da fronteggiare. Non importa il cosa né il perché.
Questa volta importa il come: ossia attraverso una prosa splendida
sin dalle allitterazioni del titolo. Questa volta importa il quando:
nella stagione che inevitabilmente precede l’autunno degli ideali.
Le sensazioni conclusive sono familiari ma altalenanti. Se da una
parte la componente sentimentale mi ha ricordato una frustrante
partita di ping pong, dall’altra la lettura ha il profumo di brace
e risate dei falò di fine estate. Al centro di una storia di attese
e devozione, Michele e Micol evitano il presente per paura. Baciano
altre persone, si distraggono con altre relazioni. Si crogiolano in
un’eterna sospensione. Come se l’estate – della vita, della
gioventù – potesse durare per sempre. In attesa che l’onda del
secolo o li schiacci, o li faccia volare.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Hola (I Say) – Marco Mengoni feat. Tom Walker
Potrebbe fare anche per me.
RispondiEliminaSe, e quando, pure io riuscirò a rivedere il mare...
Quanto ottimismo!
EliminaDavvero una bella recensione, però non credo che il libro faccia per me.
RispondiEliminaStoria post-adolescenziale di quelle che fanno breccia, nel mio caso, anche se non tutto funziona.
Eliminanon conoscevo quest'autore. libro breve, è più facile inserirlo tra i quelli più corposi :-D
RispondiEliminabuon fine settimana ;)
Una piacevole scoperta!
EliminaHo incrociato la tua recensione, così l'ho letto. Ho ritrovato le mie estati da adolescente vissute, però, da un altro punto di vista: io sono sempre stata quella che partiva e tornava (ero la milanese). Ho cullato un po' di quella nostalgia che spesso mi assale - la non più giovanissima età gioca brutti scherzi! Mi è piaciuto e mi ha fatto stare bene. Nonostante qualche ricercatezza di linguaggio che parecchie volte mi ha fatto inciampare: a volte dobbiamo ricordarci che "il mare è il mare" e niente più lo può raccontare. Un abbraccio, Michele!
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