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venerdì 26 luglio 2019

I ♥ Telefilm: Big Little Lies S02 | La casa di carta S03

Il libro è sempre meglio del film. Al giorno d'oggi il luogo comune vale anche per le serie TV? Aiutato dai tempi più estesi, il piccolo schermo può trasporre un romanzo meglio del cinema. Cosa succede, però, quando non ci si vuol fermare al primo ciclo di episodi? Quando la televisione scavalca gli autori, va oltre a tentoni, e quei romanzi autoconclusivi li supera per trarne a ogni costo una seconda stagione? Lo abbiamo scoperto in anticipo con The Handmaid's Tale: il soggiorno a Gilead era faticoso lo scorso anno, quindi figuriamoci adesso – il terzo di fila. A giugno, invece, lo abbiamo visto accadere con la commedia a tinte thriller sulle disavventure delle cinque di Monterey: spesso in conflitto fra loro, si scoprivano amiche inseparabili davanti a un segreto di troppo. L'omicidio di uno stupratore. Se il romanzo terminava lì, all'insegna della solidarietà femminile, la serie al contrario doveva andare oltre: troppa la voglia di riunire quel cast d'eccezione, troppo grande il capriccio di bissare i fasti passati alla stagione dei premi. Ma chi troppo vuole, diciamolo, nulla stringe. E nei sette episodi del ritorno di Big Little Lies si fa fatica a trovare un senso. Lo si capisce dalla durata delle puntate, più brevi che mai. Lo si legge nero su bianco in rete, fra i disastri commessi in post-produzione e le resistenze da parte della new entry verso Andrea Arnold: di solito bravissima, la regista fa rimpiangere l'incredibile lavoro di Vallée a causa di un montaggio brusco e di una colonna sonora, questa volta, scelta senza amore. Il problema maggiore resta però la trama assente. Lo spunto: i sospetti verso le protagoniste. Ma agli sceneggiatori interessano la crisi matrimoniale della Whiterspoon fedifraga, i debiti di una Dern sull'orlo di una crisi di nervi, la timida relazione della Woodley, il passato di una sorprendente Kravitz con ridicola mamma medium al seguito, lo scontro titanico fra la Kidman e la Streep. Celeste, da poco vedova, rischia infatti di essere trascinata in tribunale dalla suocera sospettosa. Al pari del figlio scomparso – il fascinoso Skarsgard, che portava sesso e contraddizioni nella prima stagione –, il nuovo personaggio è così subdolo e malpensante, un misto di falsa gentilezza e tic nervosi, che potrebbe regalare a Meryl nuovi trionfi: il suo urlo a cena, non a caso, è già cult. Poco interessata a rivangare i traumi di Perry, così come a seguire le indagini della polizia, la serie risulta di conseguenza poco interessante. Un inutile strascico che, escluso l'affiatamento delle attrici, quest'anno forse non aveva ragione d'essere. La sola consolazione: dati i costi esorbitanti e gli impegni del cast, probabilmente ci si fermerà qui. Di grande, parafrasando il titolo, per un po' resterà soltanto la mia delusione. (6)

A proposito di ritorni forzati. A proposito di incipit improbabili. A proposito di serie TV che non si accontentano di fermarsi quando sarebbe meglio, ma macinano instancabilmente consensi e denaro. La settimana scorsa, su Netflix, ha fatto nuovamente capolino la maschera di Dalì. Dopo un recupero recentissimo, risalente appena allo scorso aprile, a separarmi dalla banda di rapinatori ci sono stati pochi mesi: l'attesa, dunque, non l'ho doppiamente sentita. Sia perché il ritorno era alle porte, sia perché – anche a costo di ripetermi – dico che sarebbe stato più saggio fermarsi alla fuga rocambolesca della seconda stagione. Ma i criminali, com'è ormai noto, fanno sempre di testa loro. Mentre si godono la refurtiva in luoghi esotici, vengono riuniti d'urgenza: Rio è stato catturato. La colpa, ovviamente, è dell'odiatissima Tokyo: gatta morta volubile e scostante, che pianta in asso l'innamorato e per tre giorni va altrove a folleggiare. Il pensiero di Rio torchiato, torturato, mobilita il Professore a organizzare un nuovo colpo: l'ideatore originale era il compianto Berlino, che pur di non abbandonare la produzione s'intravede spesso in qualche nostalgico flashback italiano. Si punta allo scambio degli ostaggi. Si punta non ai soldi, ma all'oro. Qualcosa, come si diceva all'inizio, non torna: La casa di carta fa storcere il naso per la poca necessità del tutto, per il fanservice spudoratissimo, eppure funziona anche con tanto di intoppi. Non mancano le novità: l'ingresso in squadra di Palermo, cattivo che non fa rimpiangere Berlino; la sbirra Alicia, irresistibile cane da caccia con un pancione di nove mesi; il rapporto tenerissimo fra Helsinki e Nairobi, i miei personaggi preferiti, sospeso fra amicizia e amore impossibile. Nessuna menzione, invece, meriterebbe il Professore: fuori forma, patisce l'intromissione a gamba tesa di Raquel. Non mancano, ancora, le spettacolarità di sorta: un caveau sommerso, da perlustrare con la muta da sub; i dirigibili che gettano denaro contante per distrarre la folla; le lezioni di mimetizzazione quando si è messi alle strette. Aggiungete a fantasia ritmo, colonna sonora, montaggio. Partito sotto i peggiori auspici, l'heist movie spagnolo mi ha smentito strada facendo con la furbizia intelligente di chi – vedasi il finale shock – sa rendere indispensabile il binge di un'ennesima stagione. Quando si entra nel vivo dell'azione, e del trash, La casa di carta si conferma l'intrattenimento perfetto. (7)

13 commenti:

  1. E a me proprio questo genere non piace, parlando de La Casa di Carta.
    Però apprezzo la voglia di divertire un po' cazzeggiando, senza alcuna pretesa (nemmeno di aderenza alla realtà)^^

    Moz-

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    1. Guarda, la pensavo come te, infatti ho recuperato la serie con anni di ritardo. Curiosità zero. Poi ho capito, invece, che la formula funziona poco perché presa alla leggera. Diciamolo: si è più presi dai loro inciuci da soap spagnola che dalla rapina!

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    2. Parole sante. Ecco l'effetto telenovela ha un po' annacquato la seconda serie dopo una partenza che nulla aveva da invidiare alle produzioni stellestrisce. Ma vedrò la terza comunque.

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    3. Sapendo cosa aspettarti, non ne resterai deluso. ;)

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  2. Dovrei vederla in questi giorni la terza stagione della Casa Di Carta, ma sto andando a rilento con Il Racconto Dell'ancella che sto vedendo a spizzichi e bocconi ( sono alla 3x02 ).

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    1. Buona fortuna, io dovrei essere all'ottavo episodio della terza stagione... 😴

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  3. Big Little Lies è un'eterna incompiuta. La prima stagione era bella, ma non bellissima. Questa seconda inutile, ma non inutilissima.

    La casa di carta resta sempre irresistibile. Una figata che non annoia manco un secondo, al contrario di una buona fetta delle serie (teoricamente) di grande qualità, che invece regalano solo una casa piena di sbadigli.

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    1. La HBO, con me, non fa mai centro. Speriamo che non mi deluda anche Euphoria...

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  4. Big little lies lo recupererò al mare, mentre La casa di carta è sempre La casa di carta. Trash ma godurioso.

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    1. Spero che la location azzeccata aiuti a mandar già la delusione delle cinque di Monteray!

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  5. L'aria fritta di Monterey fa sempre piacere respirarla. Certo, visti i nomi coinvolti ci si poteva sforzare un po' di più con le storie da raccontare. Con The Handmaid's Tale sto trovando molte più difficoltà, episodi retti sul nulla, e una quantità esagerata di primi piani alla faccia incarognita di June. Basta.

    Almeno La casa di carta sa come correre veloce. I difetti insopportabili sono sempre quelli, ma questa volta ho saputo passarci sopra con più facilità. Sarà che ero preparata al peggio.

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    1. La Moss, in effetti, da intensa che era sta diventando indigeribile.
      Basta, sì.

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  6. si sono lasciate guardare senza pretese ma intutile dire che si potevano tranquillamente fermare alla prima stagione.

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