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mercoledì 3 ottobre 2018

I ♥ Telefilm: Maniac | BoJack Horseman s05

Lei, ribelle ma vulnerabile, cerca di superare la morte della sorella. Lui, schizofrenico, è chiamato a testimoniare il falso in tribunale per salvaguardare la reputazione della stessa famiglia che lo ha ripudiato, mentre tutt'intorno crede di scorgere i segni di un complotto da sventare. Come i protagonisti strampalati di un boy meets girl del Sundance, si scopriranno complici in un contesto dei più particolari: la sperimentazione di un nuovo farmaco per elaborare e combattere, fase dopo fase, il malessere che li accomuna. Siamo in un futuro minimalista alla Spike Jonze, con gli uffici arredati come in quegli anni Ottanta tornati noiosamente in voga e un'intelligenza artificiale dai desideri di donna che, ammalatasi un giorno di malinconia, s'impunta per sabotare i piani di Justin Theroux, scienziato sopra le righe con questioni irrisolte con mamma Sally Field – adorabile al solito, è sempre lei a prestare la voce a un processore che fa i conti con i lati oscuri del lutto. Ma se i farmaci sperimentali prevedono la somministrazione delle pillole di Matrix, per le cavie si spalancano scenari inimmaginabili soltanto in teoria – vedasi i sogni a occhi aperti di Gondry e Nolan, o perfino i viaggi tra generi cinematografici di un Capatonda in cerca d'autore. I protagonisti a volte sono due coniugi che salvano un roditore dall'essere ridotto in pelliccia, e a volte ladri imbucati a una seduta spiritica dei ruggenti anni Venti; alcune elfi mitici verso un lago miracoloso, altre membri di clan mafiosi in cui il sangue è legge; infine, agenti segreti allo scoppio di un'invasione aliena. Nei loro sogni fanno coppia, anche se non dovrebbero; salvano l'universo, salvando frattanto loro stessi. Un'affinità dettata dal fato o dai piani alternativi di un processore irascibile? Qual è la costante, caos a parte, delle danze da un'esistenza all'altra? A spiegarcelo è Maniac, la serie più attesa dell'anno accanto al già deludente Sharp Objects: commedia terapeutica che di folle, di nuovo, in realtà ha solo qualche nome vincente nel cast. A ben vedere, tolta la confusione degli episodi introduttivi, l'originalità manca. Manca la sostanza, da me preferita alla forma. Manca il cuore, a cui in fase di sceneggiatura si è preferito il cervello. Tanto rumore per nulla? Se non per nulla, comunque per poco. E quel poco lo si deve ai toni da commedia indie, alle citazioni mai rinfrescate a dovere, ai piani sequenza di Cary Fukunaga pasticciati stavolta con lo splatter e la computer grafica. Alle smorfie di Emma Stone, a tratti bella e a tratti bruttissima, a tratti troppa; alla bravura di quello sottovalutato del duo, Jonah Hill, che sembra tristissimo anche quando su di giri. Sarà per questo che si storce il naso, in una chiusa che altrimenti avrei adorato: davanti alla banalità di una risposta – indovinate, coraggio, meglio l'illusione o la vita reale? – che cozza contro la fittizia autorialità del progetto. I motivi che mi hanno reso la visione insospettabilmente leggera e godibile, insomma, sono gli stessi che non hanno elevato la serie in mezzo a un garbuglio di storie già lette, di esperienze già fatte, di film già amati. Maniac non è all'altezza di voci di corridoio che ce lo raccontavano geniale. Piace, a modo suo, ma non da impazzire. (6,5)

Ho calcato per la prima volta i red carpet di Holliwoo lo scorso anno, con un ritardo affatto elegante che mi aveva regalato però la gioia di quattro stagioni consecutive. Questa volta senza corsia preferenziale, mi è toccato aspettare i comodi di Netflix, dei rehab e delle star che amano tardare: mettermi in fila. Ne è valsa la pena, anche se eccezionalmente qualche difetto l'ho scorto. Provato dalle aspettative troppo alte io, oppure nel torto loro, con una Hollyhock assente ingiustificata, un Todd dalle parentesi comiche quanto mai stonate, un ennesimo dramma – quello della dipendenza da farmaci – non percepito come tale prima del nono episodio, in cui tutto si fa serio all'improvviso? Fatto sta che un anno è passato, e che BoJack Horseman resta lo specchio perfetto della nostra epoca; il riflesso di idiosincrasie e nevrosi tutte contemporanee, che spesso sfociano nella patologia. Guardane una stagione, infatti, e grazie a sceneggiatori sempre sul pezzo ricorderai cos'è successo intanto intorno a noi, quel che abbiamo letto o visto, di cosa ci siamo rimproverati con acredine guardandoci allo specchio nei giorni no. Ecco gli scandali sessuali, un femminismo da salotto televisivo, tentati abbordaggi che nell'era del metoo non passano inosservati, dipendenze che chiedono un tornaconto personale a suon di vomito a fiotti o scatti di ira. Diane – e questa è la sua stagione, inutile cercare altri vincitori morali – torna pensierosa e divorziata da un viaggio in Vietnam; Princess Carolyn, qui sottotono, vuole adottare un bambino e vivere da single; Mr. Peanutbutter perfeziona invano le pose da duro e fa un bilancio agrodolce dei propri fallimenti sentimentali. Dopo il mancato Oscar e la mancata paternità, ad aspettare BoJack ci sono invece un giallo a puntate e una sentita lezione di autocritica: non basta rimuginare notte e giorno, scavarsi dentro, per mettersi in salvo dalla depressione. I protagonisti sono dunque chi ancora in cerca, chi in pace. Hanno abbandonato il bivio a cui erano fermi da quattro stagioni a questa parte. Ma non per questo sono più realizzati, più coraggiosi, migliori. Raramente insieme, hanno trame appena accennate e, immersi quanto mai in una forte dimensione metatelevisiva, rischiano di far scomparire il loro privato, e perfino la realtà stessa – ma cos'è poi, se non l'ennesima finzione cinematografica? Questa volta si preferisce procedere per salti temporali, rivangare il passato, mostrare i primi incontri-scontri e le origini della loro tristezza. Sempre un gioiello di scrittura, impegnatissima ma un po' incostante nella pianificazione, l'inossidabile serie animata si cimenta con altri impeccabili esercizi di stile, spesso al limite dello sperimentale, che trovano facilmente terreno fertile da queste parti – viva i soliloqui teatrali, viva gli incastri audaci –, ma a questo giro non strappano il cuore. Accendete: c'è l'esistenza in onda. La pubblicità dice di chiedere aiuto a terzi, in caso di bisogno, e i fantasmi sussurrano dalle tombe che il segreto per vivere felici è essere visti. Magari in bingewatching? (7,5)

16 commenti:

  1. Concordo su Maniac: molta forma e poca sostanza; 6½ è anche troppo. Dopo le vette sublimi di True Detective, un Fukunaga deludente.

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    1. Per me, data l'ottima foggia, resta comunque ampiamente sufficiente. Peccato gli manchi una personalità (stilistica e non solo). Provaci ancora, Fukunaga. Magari direttamente con il nuovo Bond?

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  2. La stagione 5 di Bojack l'ho trovata di altissimo livello e superiore, leggermente, alle altre. L'assenza di Hollyhock l'ho trovata paradossalmente positiva, perché è un personaggio che può essere al centro di diverse puntate nella stagione n.6. Todd è più defilato rispetto alle prime serie, ma la parte di Harry Affonda l'ho trovata esilarante, commovente nell'ultimo saluto che Todd fa al suo robot.

    Poi c'è molta Diane, che dopo il protagonista è il mio personaggio preferito :)

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    1. Ti dirò, Diane io l'ho sempre trovata antipaticissima. Sarà perché più umana, sarà perché più spina nel fianco rispetto agli altri personaggi. Questa stagione è stata la sua rivincita: asfalta tutti per maturità e consapevolezza acquisite. Il resto per me, ma anche per il mio coinquilino che è stato il primo a consigliarmelo e a sostenerlo, è un po' sottotono, meno struggente del solito, ma per fortuna la qualità brilla più delle stelle di Holliwoo. ;)

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  3. Come detto ieri, pensavo davvero che Maniac ti entusiasmasse di più, peccato.
    Mi rendo conto che in questo autunno particolarmente "blue" per me, queste due serie sono riuscite a parlarmi in modo diretto, e anche per questo mi han colpito così tanto, come scrivi bene: c'è l'esistenza in onda :)

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    1. Felice che ti abbiano sostenuta nel tuo autunno "blue", sperando che passi presto. :)

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  4. Io lo sapevo che non dovevo passare da te... Ora mi tocca aggiungere assolutamente anche queste due serie alla mia già interminabile lista di cose da vedere ahahah.
    Ciaooo :-*

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  5. Maniac ce l'ho in lista, nel frattempo sto guardando la quinta stagione di Bojack Horseman e, per gli episodi che ho visto, rischia di essere la mia preferita, la migliore di tutte. E come tutte le altre stagioni ha abbassato di una tacca la mia voglia di vivere.

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    1. Felice che piaccia, allora, e che deprima al solito.
      Quest'anno, però, non mi ha convinto in toto. Non so perché.

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  6. in visione Maniac ma già concordo con te..vediamo se nel finale si riprende un pochettino..

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    1. Penso che saremo d'accordo fino alla fine, purtroppo per Maniac.

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  7. Quest'anno le serie belle non riesci proprio ad apprezzarle, vero?
    Sei stato per caso sottoposto a una cura Ford? XD

    La cosa peggiore di Maniac per me sono gli episodi introduttivi, poi la serie esplode in tutta la sua originalità, come un The Generi all'ennesima potenza, che non si limita alla parodia dei generi cinematografici, ma la usa per scavare dentro la mente dei personaggi. Proprio come faceva Sharp Objects con la sua protagonista, con la "scusa" del caso thriller. E la sostanza e il cuore per me sono ben presenti, forse persino più che in Gondry e di sicuro più che in Nolan.

    BoJack quest'anno è andato avanti anch'esso pure in modalità Maniac, al confine tra realtà e fantasia, tra sanità e follia, ma evidentemente il tema in questo momento non ti entusiasma proprio...

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    1. Sarà il tema, forse.
      O sarà che, data l'autorialità dei progetti, la loro spocchia, mi aspetterei risoluzioni meno banali.
      Siamo già a ottobre e il non apprezzare le annunciate serie dell'anno, credimi, mi dà ansie. Nel listone cosa ci metto?!

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  8. bisogna saper distinguere la sceneggiatura dalla regia. In tre Detective, Fukunaga è solo regista in Maniac è anche sceneggiature. Quindi le due cose non si posso mettere a confronto

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    1. Qui, come ho appunto scritto, poco mi ha convinto in entrambe le vesti.

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