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giovedì 5 luglio 2018

Recensione a basso costo: Bilico, di Paola Barbato

| Bilico, di Paola Barbato. Pickwick, € 9,90, pp. 320 |

Ho letto per la prima volta un romanzo di Paola Barbato, sceneggiatrice d'eccellenza dell'intramontabile Dylan Dog, giusto la scorsa estate. Erano giunti infine i tempi dei bilanci, e ritrovando Non ti faccio niente nel meglio della passata annata (limitante l'etichetta di thriller al cospetto di quello stile materno e ricercato, di un'emozionante avventura a cavallo fra le generazioni) mi ero detto che sarebbe stato l'inizio, quello, di una lunga conoscenza. Benché tornata in libreria con il capitolo introduttivo di una nuova trilogia di successo, dalla mia ho ingranato la retromarcia e rispolverato il controverso esordio, galeotta la ristampa in edizione tascabile. Bilico arriva sugli scaffali nel 2006. In anticipo rispetto a personaggi femminili volitivi, distaccati, sdegnosi, che vincono con un clamoroso colpo di stato la guerra dei sessi; prima che il best-seller di Gillian Flynn facesse carta straccia della struttura compassata del giallo tradizionale. I membri delle forze dell'ordine non saranno allora senza macchia. I criminali non avranno metodo, colpiranno alla cieca. I colpi di scena, non riservati a una chiusa a effetto. La giustizia che non vince mai. Protagonista all'avanguardia, Giuditta Licari: anatomopatologa e psichiatra, quarant'anni portati a fatica, detentrice dello strano fascino esercitato dalle donne di potere – né belle né brutta, infatti, viene idealizzata in nome di una reverenza che spaventa l'altro sesso. Sgradevole, distaccata, e forse proprio per quello irresistibile, fa un lavoro da uomini, e dagli uomini è guardata a occhi bassi. Come fa a ostentare una calma perfetta davanti allo scempio di scene del crimine che richiedono guanti in lattice, cuori saldi e uno sguardo clinico? Perché è sfida aperta fra lei e il serial-killer che la stampa ha chiamato il Seviziatore – omicida disordinato ma implacabile, che sembra mietere vittime senza un disegno preciso e accanto ai cadaveri lascia un trailer, un piccolo indizio del male che farà?

Giuditta sa cose che nemmeno immaginavo... mi ha insegnato che dalla morte si può imparare a vivere... sì, ecco, che dalla morte si può imparare a vivere.

Personaggio amorale e borderline di quelli che piacciono a me, a tratti perfino più pericolosa dell'assassino da braccare, la Licari non prova niente, se non il brivido della caccia; a smuoverne l'animo imperturbabile è la curiosità antropologica dell'osservare, dell'indagare. Single, vergine, è la regina di chat erotiche in cui veste un'identità fittizia nonché una mezza habitué dei locali fetish. In ufficio assoggetta l'infatuato Miglio, dolcissimo sottoposto dal pollice verde, alimentando una frustrante e continua tensione sessuale. Flirta con il dirimpettaio sedicenne, soprannominato Tadzio in onore dell'efebo del capolavoro di Visconti, e all'occorrenza copre i misfatti di Alessandro, ex (fidanzato, agente di polizia) dalla spiccata vena pazza. Ma Giuditta non si dà, non si affeziona a nessuno, non si rivela. In intimità com'è con la morte, con i segreti. Queste pagine sono il suo esatto riflesso: eccessive, divertenti, politicamente scorrette. Scritte da un'autrice che, pur di seguirne le mosse e gli sbalzi d'umore, rischia di calcare spesso e volentieri la mano. Esagerando con lo splatter, i vizi del privato, il nero a profusione. Questa volta, gli equilibri non sono dei più perfetti: errori imputabili alla gioventù. Questa volta, il sangue a fiumi, i travasi di bile e le sfumature labili fra buoni e cattivi vorrebbero purtroppo graffiare più della scrittura: così bella, in realtà, da non avere bisogno dei trucchi gore di Sergio Stivaletti. Paola Barbato gioca sporco e, cosa strana, gioca a carte scoperte.

In fondo la morte è un grande mito. Prenderla, darla, che differenza fa?

Da metà in poi sceglie di svelare l'identità del Seviziatore, ed ecco allora giustificati i toni grotteschi, l'ironia tragica, le stranezze – all'autrice fanno un baffo, infatti, le regole del quieto scrivere, e il fastidio, l'antipatia, non risparmiano né la protagonista né i comprimari. 
Il twist al centro, all'inizio chiave di lettura utile a comprenderne le pessime intenzioni, è però un'arma a doppio taglio: se da una parte scagiona il romanzo da qualche esagerazione di troppo, dall'altra fa in modo che la lettura si trascini più o meno prevedibilmente verso un epilogo di inaudita e pregevole cattiveria. 
Cronache di un thriller pionieristico che non ha morale, che non le manda a dire, e in bilico fra il sì e il no si lascia leggere.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: The Cure – From the Edge of the Deep Green Sea

7 commenti:

  1. Mi tentava l' ultimo uscito. Ciao da Lea
    P.s. questo non penso faccia per me

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    1. Quello sembra a livello di Non ti faccio niente, decisamente. Questo è un nì. Un esordio con i suoi perdonabili difetti, che comunque ha bei guizzi.

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  2. Sono in Bilico tra il leggerlo e il non leggerlo...

    Naaah, mi sa di thriller non troppo imperdibile, credo che me lo perderò.

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    1. La protagonista stronza, però, è pane per i nostri denti.

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  3. L'autrice mi incuriosisce (seguo sia lei che il marito su FB e adoro entrambi) ma non ho mai letto un suo libro. Inizierei però da "Non ti faccio niente", questo mi convince poco!

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  4. Vorrei tanto leggere qualcosa di suo... ma penso proprio non inizierò da questo dopo aver letto la tua recensione :P

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