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giovedì 26 aprile 2018

Recensione: Notte inquieta, di Albrecht Goes

|Notte inquieta, di Albrecht Goes. Marcos y Marcos, € 15, pp. 110 |

Ucraina, ottobre 1942. Dopo un mattino insolitamente clemente, di quelli che ti infondono nelle scarpe il desiderio di passeggiare all'aria aperta, l'avvicinarsi della sera porta la tempesta sul fronte di guerra. Fulmini, saette, e la consapevolezza che la disfatta è ormai vicina. Si è eccezionalmente nelle fila dell'antagonista, del nemico crucco. Dalla parte di chi, di lì a qualche tempo, sarà vinto. Nevicano cristalli e svastiche sulla bellissima copertina illustrata da Laura Fanelli. In una locanda di Proskurov, in una fragile bomboniera di vetro, un comò allestito a tavolino – sopra: cioccolato, tè, vino rosso, caffè forte – e due letti, due questioni private costrette a una convivenza forzata. La luce della lampada a petrolio brilla sui segreti militari e gli incartamenti, sull'amarezza del salutarsi per sempre: più forte ancora, la scrittura di Albrecht Goes, scomparso diciotto anni fa. Prima pastore protestante, poi scrittore, presta sensibilità e vocazione all'occupante di uno dei letti: il narratore è infatti un cappellano militare. Il suo compito, raccogliere l'ultima confessione di uno sfortunato destinato al patibolo: il soldato Baranowski ha rinunciato alla divisa, ha disertato per amore di una donna con un viso «per cui vale la pena di rischiare qualcosa». Non c'è un paravanento a separarlo dall'altro ospite, il capitano Brentano: l'indomani volerà a Stalingrado e, probabilmente, il suo è un viaggio senza ritorno. Sarebbe sconveniente imporre a quello sconosciuto – un uomo di chiesa, tra l'altro: con i suoi tabù, con il suo decoro – la presenza in camera dell'infermiera Melanie, la fidanzata a cui prepararsi a dire addio?

Non c'era bisogno di parlare. In cima ai monti e nell'abisso tacciono le conversazioni; e quanto sia grande la distanza fra quelle e questi, solo Iddio lo sa. Iddio e coloro che si amano. Dunque è così, pensa Brentano. E Melanie: dunque avrebbe potuto essere così, per tutta la vita. E tutti e due: ma una volta lo è stato. Qualche volta. E l'ultima volta è ora, a Proskurov, nella notte. E poi: è ancora.

Ore turbolente, le loro. Ore in cui ricercare l'incanto delle piccole cose, le gioie del condividire. Ore in cui dispensare illusioni e farsi compagnia in una zona franca, nell'attesa di un destino triste rimandato finché è stato possibile rimandare. Ore brevi, dense, come breve e denso è questo romanzo. Gli antichi spiriti dei guerrieri caduti battagliano nel cielo. L'alba, nell'immaginario collettivo un forziere di promesse, è invece uno squallido miraggio da scongiurare. Ci si prende a cuore a vicenda, casi umani dalle ore contate. E inevitabilmente li si prende a cuore a nostra volta. Ci sono sconsiderati che nelle armi hanno ricercato lo sfavillìo delle medaglie e del successo facile, comandanti improvvisati, rari veterani degni di gloria. Se la guerra è un mercato di corpi e speranze infrante, se il disonore ti mette in una posizione scomoda precludendoti scelte alternative, come fare la differenza? Nelle linee nemiche, dalla parte del torto, si può restare in coscienza brave persone?

Bisogna sconsacrare la guerra. Toglierle ogni incanto. Bisogna inculcare nella coscienza umana la certezza di come sia banale e laido questo mestiere di soldato. Che l'Iliade rimanga l'Iliade e il Canto dei Nibelunghi quel che è; ma noi dobbiamo sapere che lavorare con una pala e una zappa è più onorevole che andare a caccia di decorazioni. Dobbiamo dire che la guerra è sudore, pus, orina. Dopodomani lo sopranno tutti e lo sapranno per qualche anno. Ma lasci che passi un decennio e vedremo di nuovo crescere i miti, come gramigna. E allora ciascuno di noi dovrà essere al suo posto, con una buona falce.

Dove i sogni e i giovani hanno vita breve, quando gli altri non fanno che intimarti di mantenere la calma morendo da soldato, regali graditi possono essere allora parole in grado di confortare davvero, bugie comprese, o un colpo di proiettile bene assestato. A Goes, «capace di contenere tutto un uomo come lo sono le braccia di coloro che si amano», non trema la mano. Non fallisce. Il suo sparo centra il cuore, ed è così che intanto ti grazia. 
In una notte di carta che porta consiglio, e la commozione.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Gino Paoli – Il cielo in una stanza

6 commenti:

  1. Non l'avevo mai sentito nominare, questo libro, ma come fin troppo spesso accade mi fai desiderare libri che non conoscevo assolutamente. Anche se sembra veramente malinconico, nella migliore delle ipotesi.

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    1. Neanche io, Kate, nonostante le ristampe e qualche trasposizione BBC, tra piccolo e grande schermo.
      Malinconico, sì, ma una piuma...

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  2. Mi ha incuriosita da subito questo titolo! La tua recensione aumenta ancora di più la voglia di leggerlo.

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  3. Solitamente evito i libri storici, e soprattutto quelli di guerra, ma mi hai incuriosito, e il titolo sembra quello giusto per far pace con il genere.

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    1. Stesso problema, Lisa, ma qui di guerra si parla, ma non se ne fa. Nessuna strategia, nessuna battaglia, nessun cenno alla politica. Ha un'umanità, una delicatezza, che amerai.

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