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mercoledì 10 maggio 2017

Mr. Ciak: A Monster Calls, Get Out, I guardiani della galassia II, Personal Shopper, In guerra per amore

Conor ha una mamma che si sta spegnendo, una nonna che non sa come prendersi cura di lui e un padre lontano, americano, che se n'è lavato le mani. Ha tredici anni. Se avete letto la fiaba di Patrick Ness, saprete già cosa succede: un tiglio sbuca dal terreno e raggiunge la casa del protagonista. Gli occhi fiammeggianti, la voce di Liam Neeson e tre storie dal mancato lieto fine. Qual è la verità contenuta nella quarta, quella che soltanto il protagonista conosce? A Monster Calls, metafora struggente e originale, si fa cinema grazie allo spagnolo Bayona: uno che prima con gli spettri di Orphanage, poi con le onde anomale di The Impossible, sa colpire. Trasposizione curata e fedele, si conferma una meditazione sentita sull'elaborazione, gli stati della malattia e il lutto. Come in Ness, si evitano le frasi fatte e alla violenza dei bulli si risponde con la violenza. Si distruggono le cose, le case, e nelle tazze rotte e nelle finestre smantellate si cerca invano una specie di sollievo. Il dolore è furia cieca. E' un mostro che ti strappa dal letto e ti espone al gelo dei mancati lieti fine. Aggrapparsi all'illusione o abbandonarsi all'inevitabile? Durante la visione, ho trovato gli stessi spunti di riflessione e la stessa rabbia. Si piange, molto, e si impara la lezione insieme a un ragazzino che sta metabolizzando il tutto. La dolcezza di Felicity Jones incontra il rigore di mamma Sigourney Weaver, e la fiaba sposa i prodigi di una computer grafica che avrei dosato con più parsimonia. Le fiabe del mostro, infatti, sono mostrate con un'animazione troppo roboante che qui e lì tende a distrarre. Tra le pagine, invece, fioccavano bellissimi disegni in bianco e nero: l'essenzialità di cui un film già così intenso, così carico, avrebbe avuto bisogno. A Monster Calls si prende esagerata cura del lato visivo, ma non scorda il cuore. E te lo restituisce sciupato, come un foglio di carta con uno schizzo a matita sopra: un angelo custode che si fa mostro, di questi tempi, per fugare i mostri del cancro, i bulli, l'insensatezza tutta umana del senso di colpa. (7,5)

Un weekend da passare con i genitori di lei. Sbucare dal nulla, presentarsi come il fidanzato ufficiale, ma con l'aggiunta dell'effetto sorpresa. Loro sono bianchissimi, tu no, e la tua ragazza ha deciso di non dirglielo con la scusa del politicamente corretto. Gli assalti della polizia raccontano un'altra storia però. L'intolleranza è virale. Grazie al piano sequenza iniziale sappiamo di non essere in presenza di una riscrittura di Indovina chi viene a cena. Sappiamo che Get Out è un horror - uno di quelli acclamatissimi, sopravvalutati senz'altro, che al botteghino fanno furore. Cosa andrà per il verso storto nella storia d'amore tra Chris e Rose, se le presentazioni non hanno creato ansie e imbarazzi - non più del solito? Una riunione annuale, ospitata in giardino, piena di cibo e parenti molesti. Domandano al protagonista (un Daniel Kaluuya dalla faccia di gomma) se gli afroamericani siano più bravi a letto, più forti nelle competizioni, se si sentano più alla moda con Obama presidente per due mandati. Solo i domestici hanno la pelle del suo stesso colore: strani e ingessati, sono i custodi dei segreti di famiglia. L'horror di Peele, regista che viene dal mondo del cinema comico, è popolato da zii sui generis e inserti grotteschi. L'inquietudine è la padrona di casa, il rumore di un cucchiaio che picchia contro una tazzina da tè fa gelare il sangue, ma si è combattuti tra domande e ghigni davanti alle stranezze di una mamma ipnotista e un papà chirurgo. Divertentissimo e claustrofobico, intelligente nel suo copia-incolla, Get Out è attuale nel messaggio ma mai serioso. A tratti, manca della crudeltà che ci si aspetterebbe: la realtà, soprattutto nell'epilogo, serberebbe di certo orrori maggiori. Con cenni alla Fabbrica delle mogli, ha fughe per la libertà annunciate sin dal titolo e un agghiacciante bingo a fine pasto. Dotato di un lampante sottotesto politico, appare dunque una satira – il prodotto giusto nell'anno sbagliato – in cui tutto è a rovescio. Ipotizzando un nuovo arianesimo, tra le righe, e il ritorno ai demoni dello schiavismo. (7)

Qualche anno fa, complici i pareri della rete, avevo visto I guardiani della galassia. Cinecomic fracassone con splendida colonna sonora e trama da poco, mi era sembrato tale e quale agli altri del filone – non l'eccezione alla regola, se preferisci altro e magari soffri di una qualche forma di daltonismo (per distinguere un personaggio dall'altro, occhio, tocca affidarsi unicamente ai colori a fantasia della loro pelle). Avendo rimosso la visione del primo, trovavo tutt'altro che indispensabile concedermi il secondo capitolo. Mi è toccato accompagnare papà: uno che il cinema in solitudine non lo concepisce. In una sala non particolarmente partecipe ho visto un sequel che in fondo mi ha divertito: di certo più dell'altro, visto in una distratta visione domestica. Seduto in poltrona non mi annoio, anche se due ore e sedici sono troppe. Seduto in poltrona, dove tutto è più bello e più grande, guardo a cuor leggero anche cose che non fanno al caso mio. I guardiani della galassia è come lo immagini. Tutto luci ed esplosioni, tutto botte da orbi e rumori. Che dovresti dire, nel bene e nel male, che non sia intuibile? La trama, ma non azzardatevi a chiedermela domani, ruota attorno alla scoperta della natura semidivina di Star-Lord: un Pratt eclissato dal carisma di Kurt Russel, che vorrebbe antipaticamente apparire bello e simpatico a tutti i costi. Il Groot danzerino in apertura, il procione che si credeva un boss e un indelicato Batista, vera rivelazione della pellicola, sono la causa delle risate più sguaiate – non mancano i cameo folli, poi, tra i vari Stallone, Hasselhoff e Stan Lee. Contano più i legami di sangue o chi, senza nulla in cambio, ha abbracciato le nostre battaglie perse? Meglio la guida del burbero Youndu o l'affinità con un padre redivivo? Possono la Saldana e la Gillan, sorelle agli antipodi, odiarsi? Rumoroso, veloce e un po' stucchevole per via di quella sua morale tipicamente disneyana, ha momenti spassosi e in cuffia un Cat Stevens da brividi. Il resto, un falso cuore di ricotta (spoiler: in CGI pure quello) sullo sfondo di indistinguibili ammutinamenti intergalattici. Papà, dalla sua, è d'accordo. Cosa non si fa per la famiglia? (6,5)

Assayas, nel bellissimo Sils Maria, ci aveva mostrato l'intensità di Kristen Stewart. L'attrice, lontana dallo sfarvallio dei vampiri di Twilight, conquistava il premio César. Il regista che ha il pregio di avercela mostrata nel pieno delle sue potenzialità poteva rinunciare a lei nel suo lavoro successivo? Americana a Parigi, la Stewart è ancora una volta l'assistente di una donna capricciosa. Personal Shopper significa fare la spola tra faccende da poco e lunghe attese. Acquistare abiti firmati su commissione, indossarli di nascosto per il brivido del proibito, e tormentarsi in completa solitudine. Maureen non ha mai smesso di piangere la morte del fratello: erano medium, complici, gemelli. Aspetta da allora un suo segno dall'aldilà. Aguzza le orecchie e mette in pausa la propria esistenza. Ma la fidanzata del defunto ha trovato un altro amore. E la sua casa, forse infestata o forse no, è già sul mercato. Una Stewart sempre padrona della scena, arruffata ma bellissima, è in cerca di scricchiolii significativi e della propria identità – un look definito, una sessualità inesplorata, un lavoro che la appaghi. Interroga le stanze buie. A testa bassa, studia i messaggi di uno sconosciuto che incalzano sul suo cellulare. Occultismo, stalking, un omicidio a metà e, infine, un viaggio. Una confusione di uomini eleganti e fantasmi, hall e atelier, mentre il motorino semina il traffico e i dettagli si annebbiano. Maureen, per tutto il tempo, è perseguitata da malintenzionato o da uno spirito? A infrangere i bicchieri è quel fratello desideroso di comunicare o il nervosismo di una giovane insonne? Domande retoriche, inappagate, che fanno parte del mistero di Personal Shopper – fascinoso e frustrante. Un dramma metafisico, dalle atmosfere hitchcockiane, che riflette sulla malinconia dei sopravvissuti senza darci le giuste chiavi di lettura. Chiedendo, forse, un'esagerata sospensione dell'incredulità. Le certezze, quando tutto è astrazione, sono una classe sconfinata, la tensione alle stelle per l'insospettabile trillo di WhatsApp, le cuciture impercettibili sulla silhouette di una attrice che cresce. (6,5)

Il ritorno di Pif. Una conferma in cui riponevo fiducia, in un anno – quello passato – in cui gli italiani hanno saputo stupirci con storie confezionate con cura e cuore. Non faceva eccezione la serie ispirata all'opera prima del regista. La mafia uccide d'estate, tra fiaba e cronaca, toccava anche a puntate. Fedele al suo percorso, legato alla sua terra, Diliberto è tornato con In guerra per amore. Con lui: un asino volante, le ricostruzioni dei borghi degli anni '40 e una fidanzata bella come Miriam Leone. Pif torna, sì, e veste ancora i panni di un Giammarresi. Ancora, si parla di mafia. Ma la si affronta partendo da lontano: dalle origini, da New York. Arturo, travolto da vicende rocambolesche e comprimari buffi – su tutti, la strana coppia (di fatto) formata da un cieco e uno zoppo –, fa da spettatore all'avanzata degli alleati. Ma i tedeschi erano forse il male maggiore, se il loro arrivo porta all'amara restaurazione dello status quo ante? In guerra per amore è una commedia più ambiziosa del previsto: troppo, nonostante la nobiltà delle intenzioni. Se il comparto tecnico è di tutto rispetto, la sceneggiatura rivela innumerevoli ingenuità. Partiamo da una storia d'amore superflua, che da titolo apparirebbe invece centrale. Abbracciamo, poi, coprotagonisti pieni di potenziale e sketch comici fini a loro stessi. Quante storie? Quanta carne al fuoco? In guerra per amore è fatto meglio del precedente, ma è meno convincente. Storie che cominciano senza finire, rimanendo sospese. L'amore: nella messa in scena e, per dirlo storpiando una canzone, mai nell'aria. Anche se, difettoso e tutto, leggero ma mica tanto, gli si vuol bene comunque. (6)

24 commenti:

  1. Attendo con grande impazienza "Sette minuti dopo la mezzanotte", visto che adoro il libro.
    Devo invece ammettere che il secondo volume dei guardiani mi ha entusiasmato meno del primo. Premtto che in genere i cinecomic mi piacciono, al contrario tuo, però mentre il primo, per quanto fosse bene o male sempre la solita storia di origini ecc, mi aveva conquistato, per le risate, la musica e altre cose, questo l'ho trovato eccessivo. Perché è sempre in bilico tra una 'presa in giro del genere' e un 'crederci troppo'. Non so se mi spiego. è divertente e tutto il resto eh, però a volte calca troppo la mano.

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    1. Anche papà ha preferito di gran lunga il primo, ma io non lo ricordo proprio e l'ho visto, appunto, con un occhio sì e l'altro no. Assolutamente promossa la trasposizione di Ness, anche se mentre frignavo (in quello è riuscita, sì), i troppi effetti digitali mi hanno un tantino disturbato. Fammi sapere, poi. ;)

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    1. Grazie, Arwen!
      Passerò a leggere le tue impressioni. ;)

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    2. ovviamente, e io aspetterò i tuoi commenti ^_^

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  3. Tenero e doloroso A Monster Calls, identico al libro e quindi vederlo fa un bel po' male. Anch'io non ho trovato eccellenti le animazioni delle tre "favole", avrei preferito qualcosa di più simile agli schizzi a china del romanzo, ma qualcuno non l'ha pensata così...

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    1. Ma sono belle anche le parti animate, eh, ma il rischio "troppo tutto" era dietro l'angolo.
      Poco male, comunque. :)

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  4. Concordo su Batista, vera rivelazione di questo volume 2 (e poi vabbè, viva Baby Groot, sempre e comunque!). Sulla morale un po' troppo stucchevole sono d'accordo (mi sta bene la storia di Star-Lord... un po' troppo forza quella tra sorelle, secondo me). Però a me ha divertito parecchio, non posso proprio negarlo :)
    Ma The Circle non l'hai ancora visto? :P

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    1. Baby Groot, come mi diceva un'amica in chat, era pensato un po' troppo a beneficio del merchandising (ma il suo Funko Pop lo voglio, perché si sa che mi faccio far fesso), però quant'è tenerello. In generale, nel non essere mai d'accordo, siamo d'accordo. I bambini non capivano la crudeltà di Batista e, niente, in sala mi sentivo ridere solo io.
      The Circle da me non l'hanno dato, a espatriare non espatrio per quella faccia di cavolo di Emma Watson... Aspetterò le famose vie traverse. ;)

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  5. Allora!!! Non si parla di Get Out prima che esca, mi costringi a saltare il paragrafo cavandomi gli occhi per non vedere neppure una lettera di recensione >.<

    Detto questo, A Monster Calls per me è già il film dell'anno. L'argomento trattato mi ha molto coinvolta, per motivi personali, e sono uscita dalla visione distrutta. Non so se avrò il coraggio di mettere mano al libro né se tornerò al cinema a guardare il film ma nel mio cuore conserverò il ricordo di un film davvero meraviglioso.
    Guardiani della galassia è molto carino, più autoriale rispetto agli altri film Marvel o, perlomeno, quello con più personalità (il trash di Gunn stavolta va a briglia sciolta e sono persino riuscita a piangere sul finale) e anche il film di Pif mi era piaciuto molto, anche se continuo a preferire il suo primo film.
    Personal Shopper l'ho perso al cinema e devo recuperarlo al più presto.

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    1. Ma sai che, scherzi a parte, tutto il mistero di Get Out non lo capisco? Nel trailer c'è tutto il film. Che è carinissimo, senza dirti troppo, ma spero non l'horror/thriller dell'anno.

      Ti consiglio vivamente la lettura del romanzo di Ness: dolorosissimo, ma merita anche solo per le illustrazioni a china, splendide, che fanno impallidire l'animazione un po' pacchina scelta da Bayona. Ma ero in una valle di lacrime, quindi chissene.

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  6. ciao Mik! film di pif a parte che proprio non m'interessa gli altri li ho tutti in pronta visione anche se prima vorrei recuperare il libro di Ness che a dire di tutti è una perluccia! :) sempre ottimi consigli!

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    1. Grazie Saya! Recupera assolutamente Ness, devi.
      E' anche breve, tra l'altro, e non ti ruberò troppo tempo. ;)

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  7. Ammetto che la prima volta che vidi I guardiani della Galassia rimassi parecchio delusa, probabilmente per le aspettative altissime. Di recente invece l'ho rivisto in attesa dell'uscita del sequel e mi è piaciuto tantissimo! Non vedo l'ora di vedere il secondo "volume" :3

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    1. Ah, dici che se lo rivedo mi farà la stessa impressione?
      Chissà. Purtroppo, è proprio Pratt che non digerisco.
      Ma anche quando era trippone, eh. Così che non dicano che sono razzista verso i belli (bello, poi: mi pare un quarto di bue). :)

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  8. I primi due li vedrò senz'altro, nonostante il cuore che sussulta per un nonnulla (l'ultima puntata di Doctor Who, per dire, mi ha terrorizzato), così come vedrò con poche aspettative Assayas nei prossimi giorni.
    Salto i supereroi del momento che non fanno per me e no, nemmeno il giovine accompagno in sala, e salto pure PIF, che fin dal trailer mi faceva storcere il naso... non mi convince, e vedo che ci vedo bene ;)

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    1. Tranquilla per Get Out, nonostante la tensione non manchi, e munisciti solo di fazzoletti per Bayona (c'è il mostro, sì, ma nessuna paura). Assayas è affascinante e incomprensibile come dicono. Avrei voluto leggere in qualche modo tra le righe del film, ma mi è stato impossibile. Mi dirai. ;)

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  9. Con A Monster Calls spero che Bayona sia tornato dalle parti di The Orphanage, che avevo adorato, e da quel che dici sembrerebbe di sì...

    Get Out negli Usa in effetti è stato un po' sopravvalutato, comunque è una visione niente male.

    In guerra per amore ho cominciato a vederlo, ma non l'ho mai portato a termine. A quanto pare non ho fatto troppo male.

    Peccato che Personal Shopper non sia (almeno per te) allo stesso livello di Sils Maria, però mi incuriosisce decisamente. Il sequel dei Guardiani invece mi attira meno ed è strano che alla fine ti sia piaciucchiato. Dev'essere stata l'influenza di tuo papà. ;)

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    1. Ma anche l'influenza in generale, Marco, perché siamo andati in motorino e abbiamo beccato lo tsunami. A proposito di tsunami: di Bayona mi aveva commosso anche The Impossibile, ma questo - per quanto costoso e mainstream - forse è più vicino all'esordio, sì. Pif puoi saltarlo senza sensi di colpa, mentre Assayas (con tutto il bene che voglio alla Stewart, di recente) è abbastanza insalvabile. Anche se le sufficienze le strappa, perché ha una regia impeccabile e immagini che ricorderò (non solo gli spogliarelli). :)

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  10. A Monster Calls mi interessa, così come I Guardiani 2 visto che tutti ne parlano bene ( il primo non mi aveva esaltato, ma mi aveva divertito molto ).
    Del primo metto in lista anche il libro, magari se lo becco in futuro in paperback scontato potrei farci ben più di un pensierino.

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    1. Già dovrebbe esserci il paperback, il prezzo non è esagerato mi pare. :)

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  11. A monster calls ancora mi manca, i Guardiani, come sai, li ho adorati, mentre ho dei dubbi su Personal shopper.
    Get out niente male, anche se sono d'accordo che un pò di cattiveria in più non avrebbe guastato!

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    1. A Monster Calls lo adoretete in famiglia, vi so. ;)

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  12. questa volta hai beccato bei film. Avevo dubbi su a moster calls mi sa che una occhiata la merita ;-)

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