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martedì 13 settembre 2016

Recensione: The Fireman - L'uomo del fuoco, di Joe Hill

E' brutto quando si muore a metà di una bella storia e non hai modo di vedere come si conclude. Certo, immagino che in un certo senso si muoia sempre a metà di una bella storia. La propria. O quella dei propri figli. O dei nipoti. La morte è una fregatura per gli appassionati di narrativa.

Titolo: The Fireman – L'uomo del fuoco
Autore: Joe Hill
Editore: Sperling & Kupfer
Numero di pagine: 312
Prezzo: € 14,90
Sinossi: Nessuno sa dove e quando sia iniziata. Tutti hanno imparato a loro spese che la nuova epidemia si diffonde più velocemente di qualsiasi altra malattia, e che ha già decimato la popolazione di grandi città come Boston, Detroit, Seattle. Per i medici il suo nome è Trichophyton draco incendiarius, per la gente si chiama Scaglia di Drago, perché il suo primo sintomo è un marchio d'oro e nero sulla pelle e l'ultimo è la morte. Per autocombustione. Milioni di persone sono infette; gli incendi scoppiano dappertutto. Non esiste antidoto. Nessuno è al sicuro. Harper Grayson, bravissima infermiera che non si lascia abbattere da niente e nessuno, ha curato migliaia di malati prima che il suo ospedale fosse ridotto in cenere. Lei e il marito Jakob si erano promessi di farla finita, in caso d'infezione, ma ora che anche lei porta i segni terribili del Drago, Harper vuole vivere. Almeno fino al termine della sua gravidanza. Incinta, abbandonata dal marito terrorizzato, perseguitata dalle feroci Squadre di Cremazione a caccia di infetti, Harper sembra destinata a soccombere. Se non fosse per il misterioso straniero vestito da pompiere che arriva in suo soccorso. L'unico uomo che sappia controllare il fuoco. Anche quello malato che cova dentro il suo corpo. Mantenete il sangue freddo. Arriva l'uomo del fuoco. Nessuno sa dove e quando sia iniziata. Tutti hanno imparato a loro spese che la nuova epidemia si diffonde più velocemente di qualsiasi altra malattia, e che ha già decimato la popolazione di grandi città come Boston, Detroit, Seattle. Per i medici il suo nome è Trichophyton draco incendiarius, per la gente si chiama Scaglia di Drago, perché il suo primo sintomo è un marchio d'oro e nero sulla pelle e l'ultimo è la morte. Per autocombustione. Milioni di persone sono infette; gli incendi scoppiano dappertutto. Non esiste antidoto. Nessuno è al sicuro. Harper Grayson, bravissima infermiera che non si lascia abbattere da niente e nessuno, ha curato migliaia di malati prima che il suo ospedale fosse ridotto in cenere. Lei e il marito Jakob si erano promessi di farla finita, in caso d'infezione, ma ora che anche lei porta i segni terribili del Drago, Harper vuole vivere. Almeno fino al termine della sua gravidanza. Incinta, abbandonata dal marito terrorizzato, perseguitata dalle feroci Squadre di Cremazione a caccia di infetti, Harper sembra destinata a soccombere. Se non fosse per il misterioso straniero vestito da pompiere che arriva in suo soccorso. L'unico uomo che sappia controllare il fuoco. Anche quello malato che cova dentro il suo corpo. 
                                             La recensione
Quanto è difficile farsi prendere sul serio, se sei un figlio di?
Quanto, ancora, imporsi, se hai un genitore che getta tutt'intorno un'ombra ingombrante e ha fan fedelissimi, che ti leggono per curiosità ma con il pregiudizio nel taschino?
Hill ha scelto un altro cognome, ha debuttato in silenzio, ma ben presto l'hanno smascherato l'inequivocabile somiglianza con il padre – nel fisico, così come nello stile – e i successi. Perché ci saranno pur voluti un paio di romanzi per capirlo, ma il buon Joe è chi dice (o, meglio, non dice) di essere: degno figlio di papà Stephen King. Scoperto con La scatola a forma di cuore, ghost story acerba ma in cui affiorava timidamente il potenziale, l'ho incontrato più di qualche anno dopo con La vendetta del diavolo e Ritorno a Christmastland. Il primo, romanticissimo e blasfemo, rischiava di lasciarsi prendere un po' sottogamba, con una trama che raccontava di un disgraziato che, una mattina, si risveglia dal doposbronza con un paio di corna in testa; l'altro, per chi anche se fuori è Natale si sente sempre intrappolato in un interminabile Halloween, era un horror con tutti i sacri crismi, corposo e raccapricciante. Serve specificarlo, allora, che ormai lo si attende in libreria come si fa con il prolifico padre? Hill, a colpi di storie, si è meritato la fiducia: a testimonianza che il proverbio non sbaglia, e che la mela non cade lontana dall'albero. The Fireman, con la critica statunitense che lo acclamava a viva voce e azzardati confronti di cui sembrava essere sorprendentemente all'altezza, è un ritorno che conta ottocento pagine, infiniti plausi e nuovi traguardi. Un survival epico, sulla scia di L'ombra dello scorpione, che non ci ha messo troppo a imporsi all'attenzione dei lettori italiani. Arriva, puntuale e attesissimo, ma diviso in due volumi, per una scelta editoriale che non stento a capire – nome di punta, doppio guadagno: anche se il prezzo, dandosi agli acquisti online, non è tra i più smodati – ma che, a fine lettura, mi accorgo di biasimare. Vi spiego i miei pro e i miei contro, vi dico un po' di che parla, vi confesso perché alla fine del post non troverete le classiche stelline di valutazione: andiamo con ordine. Con i romanzi voluminosi vado nel pallone: mi è difficile, infatti, incastrarli tra una cosa e l'altra – in piena sessione d'esami, poi, non ne parliamo – e il blog va in coma profondo, se le letture si protraggono a lungo. The Fireman, per intero, non l'avrei letto in quest'anno solare. 
Romanzo post-apocalittico, in cui il mondo finisce in fumo all'indomani di una misteriosa spora. Sul corpo, affiora la Scaglia di Drago: da lì in poi, morire per autocombustione è questione di pochi mesi. Harper, infermiera di buon cuore, pensava di curare il prossimo a suon di parole dolci e cenni a Mary Poppins; non pensava, in attesa del primo figlio, di ammalarsi. Suo marito, scribacchino represso, rivela in quell'occasione drammatica la sua faccia più spietata; per la demonizzata Harper, non c'è altra scelta che fidarsi dell'Uomo del fuoco e seguirlo nel fitto del bosco. Nascosta da tutto e da tutti, c'è una comunità – percorsa, però, da segrete tensioni e da sottili giochi di potere – che ha imparato a convivere con la piaga: il fuoco, insieme a loro, non spaventa. Può essere padroneggiato, vivendo in armonia. Joe Hill si conferma un narratore arguto e accattivante: ringrazia, nella prefazione, i genitori, Bradbury e Julie Andrews e dà vita a un'eroina curiosa e ingenua, saltata quasi fuori da un vecchio film per famiglie, che vaga all'ombra di un'infezione letale e di una comune hippy, in cui si canta e ci si affida alla bontà del prossimo. 
Come nei romanzi lunghi, però, ci sono pagine di assestamento per conoscere i protagonisti e le situazioni, per inquadrare una sconosciuta catastrofe. In The Fireman, le pagine in questione sono proprio le prime trecento che compongono il primo tomo della Sperling & Kupfer: un denso paragrafo introduttivo, noioso neanche un po', in cui, in definitiva, c'è ben poco da giudicare. L'uomo del fuoco – la cui parte complementare, L'isola della salvezza, sarà disponibile il prossimo novembre – non si discosta troppo dalla solita storia di sopravvissuti all'armageddon. E, sapendolo così apprezzato, così applaudito, direi che il potenziale non sta qui. Ecco, allora, i difetti di un romanzo pensato e nato come a sé stante, che viene bipartito per comodità e ragioni di mercato. E non davanti a un colpo di scena, e non davanti a un capitolo di cui non vedi l'ora di leggere il proseguimento. Finisce e basta, con una comunità consolidata che comincia a tremare per la fobia di rivoluzioni interne e il salvatore della nostra Harper, Ben, di cui al momento conosciamo giusto l'affascinante accento inglese, un lutto la cui elaborazione è in corso d'opera, i giochi di prestigio – fenici, diavoli – che riesce a fare con quelle fiamme che ammaestra. Se Joe Hill lo avessi conosciuto qui, a metà, lo avrei considerato degno erede del Re? Se non sapessi per fiducia cieca che il bello di The Fireman deve ancora venire, sarei allettato all'idea di acquistare la seconda parte, con il pericolo di trovarmi davanti una vicenda altrettanto sapiente ma irrisolta? Le risposte sono negative, la speranza è tanta, il giudizio è sospeso, confidando che i mesi di stacco non lo compromettano. Speriamo che novembre ci porti consiglio e rimpiangiamo la solidità dei miei temuti mattoncini. Intanto, manteniamo accesa la fiamma. 

Il mio consiglio musicale: The Prodigy – Firestarter

16 commenti:

  1. Io aspetto un "volontario" che si legga anche il secondo.

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    1. E ci sono io, Claudio, se la memoria mi accompagnerà.
      Okay che qui succede un po' poco...

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  2. Direi che passo. Devo ancora finire di leggere i libri del padre, quindi passare al figlio mi pare prematuro.
    Un saluto da Lea

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    1. Be', ma Stephen King non si finisce mai di leggerlo. Se ne scovano sempre di nuovi. Il figlio, però, merita (scelte degli editori italiani a parte). La vendetta del diavolo e Ritorno a Christmastland, sulla scia dell'entusiasmo, erano finiti anche nel listone di fine anno. E, tempo dopo, proprio non me ne pento. :)

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  3. Io parto digiuna, ho letto pochi libri del padre e in assoluto niente del figlio. Questo romanzo devo ammetterlo mi ispira veramente tanto ma visto il tuo giudizio così "sospeso" forse è meglio partire dagli altri libri di Joe Hill, che dici? ^^

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    1. Il giudizio in sospeso è unicamente per la divisione in due parti, quindi per un po' mi lascio il beneficio del dubbio.
      Ma in generale, sì, preferivo gli altri ;)

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  4. Mmm... dopo aver letto, mi viene quasi la tentazione di acquistare il "librone" complessivo in lingua originale e via. Dopotutto, da brava amante del fantasy, adoro i romanzi lunghi e sono abituata ai lunghi preamboli! ;D
    La citazione iniziale, comunque, è da paura! *___*

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    1. Ah, quant'è bella. L'ho subito fotografata.
      Secondo me in lingua è complessissimo, le citazioni abbondano, ma tu sei in gamba. Vedi un po'. ;)

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  5. Viva i Prodigy!

    Il figlio di Stephen King mi fa ritornare in mente il film Horns con Harry Potter cornuto.
    E non è un ricordo piacevole... :)

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  6. Film non del tutto da buttare, secondo me, ma un Frankenstein coi pezzi a caso del bellissimo romanzo.
    Anche qui, trasposizione ci cova: pare che il regista sarà Leterrier. ;)

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  7. La trama non sembra per niente male, e c'è da dire che è un genere che non leggo spesso, però odio profondamente queste divisioni di romanzi solo per fini commerciali! Mi urta veramente perché quando arrivi alla fine, il più delle volte, si capisce perfettamente che è stato "tagliato" così a random!
    C'è da dire anche che io non ho ancora letto nulla di Stephen King, quindi non so quando proverò ad iniziare con il figlio :D

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    1. Ah, ma DEVI prima fare le presentazioni ufficiali con il padre. :)

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  8. Io e Hill: una storia difficile v.v dopo che con Ritorno a Christmasland è andata malaccio, non ho capito se è proprio lui che non fa per me o se era proprio quel libro... ancora mi ispira un sacco La vendetta del diavolo... questo qua invece non so °-°

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    1. Come ha fatto a non prenderti Ritorno a Christmasland mica lo so. :-P

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  9. Di Hill ancora non ho letto niente, ma spero di farlo presto! Suo padre invece è una vecchia conoscenza che mi accompagna da quasi vent'anni! *.*
    Mi consigli di partire da La vendetta del Diavolo ? Per questo romanzo aspetterò sicuramente l'uscita del secondo volume, per potermeli leggere uno dietro l'altro, ma queste scelte editoriali non le capirò mai! :P

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    1. Ah, allora con Joe Hill sfondi una porta aperta.
      Per questo, aspetta pure il seguito. In quanto agli altri, da dove parti parti. Mi manca solo Ghosts, una raccolta di racconti purtroppo fuori catalogo :(

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