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lunedì 1 dicembre 2025

Torino Film Festival 2025: Pillion | Eternity | Kiss of the Spider Woman | El Cautivo

Harry Melling, anonimo ausiliario del traffico con l'hobby del canto corale, diventa lo schiavo – sessuale e non solo – del bellissimo motociclista Alexander Skarsgård. Nel loro rapporto i baci sulla bocca, le confidenze troppo intime, le cene in famiglia sono severamente al bando. Ma se i sentimenti ci mettessero lo zampino? A più di vent'anni da Secretary, arriva un'altra commedia indie – nei nostri cinema dal prossimo 12 febbraio – ca sdoganare la dipendenza emotiva e il sadomasochismo. Con tutte le carte in regola per diventare un nuovo cult, Pillion parte come una fantasia di sottomissione. Ben presto, però, si trasforma in una parabola sul tabù della vulnerabilità maschile. L'inesperto Melling osa. Può forse dirsi lo stesso di Skarsgård, impietrito dalla quotidianità? Se la loro relazione è rigida e normata, perfino nella trasgressione, l'esordio di Harry Lighton gioca senza regole. E prima diverte, poi imbarazza, infine spezza il cuore, rivelandosi la versione in latex del capolavoro di Todd Haynes. L'amore più struggente dell'anno? Ha un'orgia come festa di compleanno. E insegna che la libertà, a volte, passa dal BDSM. (8)

Il mio primo film del Torino Film Festival, la mia prima sorpresa. Perché Eternity, a breve in sala, resterà la romcom più riuscita dell'anno. Garbato, elegante, divertente senza rinunciare a un po' di struggimento, è la storia di un triangolo amoroso ultraterreno. Morta ormai anziana e in un letto d'ospedale, Elizabeth Olsen si scopre nuovamente desiderata in un aldilà variopinto e dettagliato in cui i trapassati hanno una settimana per scegliere dove trascorrere l'eternità. Il paradiso avrà le fattezze della Florida o di una baita in montagna, delle Hawaii o della Francia degli anni Trenta? Indecisa tra mille proposte, in un gate che somiglia a una giornata dell'orientamento, dovrà anche districarsi tra il burbero marito Miles Teller e l'indimenticato primo amore del fascinoso Callum Turner. Accanto a loro, sempre in equilibrio tra emozione autentiche e sfumate, c'è la premiata all'Oscar Da'Vine Joy Randolph come spalla comica. Prendete la serie TV The Good Place. Conferitele l'estetica di The Truman Show. Sceneggiatela come una commedia teatrale della Golden Age. E la delizia, targata al solito A24, è presto servita. (7,5)

Se il cinema è evasione, il musical è il genere più cinematografico tra tutti. Ma si può trasformare una pagina nerissima di storia contemporanea in un abbagliante incanto in technicolor? L'ultima trasposizione del romanzo di Manuel Puig canta di dittatura e lustrini, amori e rivoluzioni, oscillando dal dramma carcerario al musical degli anni Cinquanta. Siamo in Argentina, durante la dittatura militare. Due prigionieri – un omosessuale accusato di atti osceni e un rivoluzionario – combattono le violenze fisiche e psicologiche raccontandosi la Hollywood degli anni d'oro. Le coreografie sono trascinanti, ma le canzoni poco memorabili. Le fantasie metacinematografiche non sempre si amalgamano al resto, e la patina delle danze spesso sconfina anche in cella. Jennifer Lopez, splendida come non mai, è una diva che interpreta una diva. Sempre in parte Diego Luna, qui affiatatissimo con il querulo e struggente Tonatiuh – quest'ultimo, esordiente, affronta a testa alta il ruolo che valse l'Oscar a William Hurt. Nonostante siano tutti intonatissimi, qualche stonatura c'è. Ma quando la vita imita l'arte, e viceversa, che shock l'accendersi delle luci in sala e l'arrivo dei titoli di coda. (7)

Che fine ha fatto Alejandro Amenàbar? Ormai lontano dai trionfi di Apri gli occhi, The Others e Mare dentro, torna al cinema a un decennio dall'ultimo film. La sua ultima fatica è la biografia romanzata dell'autore di Don Chisciotte, con tutti i pregi e i difetti che ci si aspetterebbe da una coproduzione Rai e Netflix. Pop, godibile e ammiccante, racconta la prigionia del giovane Miguel De Cervantes. In fuga da Madrid con l'accusa di omosessualità, finisce catturato ad Algeri. In pugno ai mori, che vorrebbero convertirlo all'Islam, mette a frutto le sue doti oratorie per rabbonire il crudele Bajà. Ben presto, il carceriere – al vertice di un dissoluto  harem al maschile – si scoprirà attratto sia dalle storie del prigioniero galantuomo, sia dalla sua bellezza. Diviso tra amore e libertà, nostalgia per i mulini della Mancia e interesse verso i costumi orientali, Julio Peña Fernandez - classe 2000, e già stella dei teen drama spagnoli – è il protagonista di un dramma storico non sempre accurato e dall'esotismo a tratti stucchevole, ma con un Alessandro Borghi degli occhi bistrati per fiore all'occhiello. L'ode al potere seduttivo delle storie? Piace, in fondo: anche quando le storie, come in questo caso, sembrano frutto di Wattpad. (6)