Siamo
cuori in fiamme soffocati in un'anima nera.
Titolo:
Gray
Autore:
Francesco Falconi
Editore:
Mondadori “Chrysalide”
Numero
di pagine: 372
Prezzo:
€ 17,00
Sinossi:
Dorian
osserva l'Anima Nera strisciare sulla sua pelle come un tatuaggio,
avvolgersi alla spalla e raggiungere la sua schiena. È il serpente
oscuro che l'ha condannato a un inferno in terra: l'immortalità.
Cent'anni prima, di fronte a un ritratto che esaltava la sua
bellezza, Dorian ha osato desiderare di rimanere giovane e seducente
per sempre: il suo desiderio è stato esaudito, ma il prezzo da
pagare è un baratro infinito di estasi e perdizione. Layla è
tormentata da un demone che le toglie il respiro, la ragione e la
volontà. È prigioniera di un corpo che sente disarmonico e deforme.
Il suo rifugio è l'arte, e quel ritratto di ragazzo che da sempre
disegna con precisione maniacale, occhi di ghiaccio e corpo perfetto,
pur non avendolo mai conosciuto. In una Roma incantevole e superba,
Dorian e Layla stanno per incontrarsi e i loro destini si allineano
come tessere del domino in attesa di essere sfiorate.
La recensione
“Vissi
d'arte, vissi d'amore.” Il
sogno di un'epoca lontana, di un'altra vita. La speranza di divorare
il mondo con gli occhi, di metterlo a posto con le proprie mani, e di
riempirlo fino all'orlo di cose belle. Un vaso di Pandora finalmente
libero dai mostri della notte, una coppa di splendore. L'appello al
passato remoto che una Tosca con la voce di Maria Callas intonava a
Dio. Tosca, l'infelice Tosca. La chimera, il melodramma, la tragedia
in tre atti. Un salto nel vuoto, in cerca dell'eternità sul fondo
buio del baratro. Anche Dorian Gray visse così. D'arte, d'amore.
Nelle parole ispirate di Oscar Wilde, tra i salotti di una tetra
Londra vittoriana e case del piacere. E morì, così. Una cornice
squarciata per privarsi dell'arte, un pugnale nel petto per
condannare l'amore. La pace, alla fine, ritrovata nell'unico spiragio
che c'è d'eterno: la morte. Francesco Falconi ci ha stupiti spesso
con un'originalità fuori dal comune. Con uno stile duttile,
malleabile come metallo. La sua immaginazione è la fucina in cui la
trasformazione diviene possibile. Il ferro battuto diventa spranga,
spada, lancia, oro. In Muses
aveva illustrato le strategie e le insidie di un mondo complesso: le
dee delle arti scendevano sulla terra, camminavano su tacchi alti o
sulle suole di un paio di scarpe da ginnastiche, si sporcavano, si
uccidevano, risorgevano dalle ceneri. Anche il suo Dorian lo è. Una
musa. Ispirazione per uomini ossessionato dal suo viso, dal suo
corpo, da pennellate che riescono a immortalare solo i lineamenti
prodigiosi di chi non è mai invecchiato. Di chi non è mai morto,
perché semplicemente non poteva. Gray è
l'ipotetica risposta a una domanda lanciata all'aria. E se... Se, in
quella stanza umida di tanto tempo fa, la creatura di Wilde non
avesse conosciuto il gusto del riscatto, la soddisfazione di una
definitiva disfatta, il riposo agognato? Se il seduttore, la musa, il
demonio racchiusi nella sua unica persona fossero giunti alle soglie
della modernità, in questa nostra era tecnologica e dissipata? Come
scontare, allora, il prezzo del per sempre? L'originalità è insita
nell'idea stessa. Usare un personaggio iconico, leggendario, come
protagonista di una storia nuova. Un doppelganger: sì. Un
doppelganer: no. L'autore non si lava le mani sulla scia di un Pilato
qualsiasi. Dorian è Dorian. Una responsabilità, una certezza.
Ha cambiato nomi, paesi, identità; ha incontrato le copie riflesse
di Henry e Basil e, per istinto, si è avvicanto a quelle esistente
sottratte al passato, in misteriose vite parallele e rinascite
inspiegate. Un surrogato del padre, il primo. Un rimpiazzo del
pittore che lo dipinse e lo amò di un amore insano, il secondo.
Remake entrambi. Déjà vu.
Il protagonista ha messo a distanza la noia, a bada il desiderio di
una casa. Ha visto crescere i semi delle Avanguardie Storiche, ha
conversato con Dalì, è stato gallerista in Europa e gigolò in ogni
altro luogo. Roma, Firenze, Venezia, Siena, Praga: il suo corpo
sempre uguale come bagaglio e unico lasciapassare, il richiamo
dell'arte a influenzarne le tendenze e le infinite traiettorie.
Layla Vanni è una studentessa universitaria con la stanza piena di
ritratti di Dorian Gray: il suo Charming Prince. Non lo conosce, non
sa se sia reale oppure no, ma è una passione intensa. Un hobby
strano, un lavoro di immaginazione. Lei non si vede. Non sa
descriversi, non sa disegnare il suo stesso profilo. Le sue mani
abili disegnano linee comuni, il carboncino gratta il bianco della
carta per formare l'ombra di un naso, la sfumatura di un labbro, una
palpebra, una voglia a forma di fiore. Ombre fitte e nere. Come
quella che la perseguita.
Un mostro, per lei che si percepisce mostro. Evita di specchiarsi, odia il chiasso, adora Frida Kahlo. Osessionata, come lei, da un corpo ostile che le si è rivoltato contro. La bellezza era anche il suo demone. L'entrata di Dorian nella sua vita è trionfale. Teatrale, queer. Ballerini sui tacchi a spillo, calze a rete, costumi succinti color carne. Monaci seduttori, chiese sconsacrate, una Roma chiesa e bordello come in Sorrentino. Gaga, Madonna, Adam Lambert, la regia di un Almodovar. Mucca assassina. Eternità assassina. Vacca sacra, Nirvana, limbo. Purgatorio e inferno. Layla è la sua sfida, l'ennesima vittima. La più difficile. Divorerà a morsi la sua innocenza. Lui è una tela da riempire in cui si incontrano e si scontrano i tratti del Bel Ami di Maupassant, la spigolosità del Conte di Valmont; le Cruel Intensions – dunque – dei fratellastri incestuosi Sarah Michelle Gellar e Ryan Philippe. Ho bramato quei rari flashback come l'acqua: assolutamente intriganti, ben inseriti. Il Dorian che si muove all'interno di quei ricordi – spietato, calcolatore, egocentrico – è quello che ho preferito. E' bello, ma il fascino, secondo me, è slegato dalla perfezione di un viso, dalla solidità dei muscoli, dal bianco di denti drittissimi. Lui ha forme troppo nette e precise. Terreno, ultraterreno. Il Dorian che ho sempre immaginato io è un Peter Pan guidato da una fata nera. Un bambino col volto pulito, il fisico asciutto, la fronte spianata. Gli uomini e le donne vogliono possederlo per quell'innocenza astratta, per il suo corpo da angelo in terra. Fragile, pallido, efebico. Il protagonista di Falconi è più aitante del Ben Barnes che gli diede il viso nella libera trasposizione cinematografica del 2009, meno comune del Reeve Carney della serie rivelazione Penny Dreaful.
La bellezza la vedi, la vuoi, la fai tua. Il carisma è qualcosa di più sottile, sotteso, vago, però. E' un tarlo. E' saper persuadere con la nuda parola. L'estetica di Oscar Wilde viveva dell'arte per il gusto dell'arte. E il coerente Dorian Gray dei giorni nostri vive del bello per il gusto del bello. E' un modello, un ballerino, una creatura notturna. Io, tuttavia, se rileggessi il capolavoro dell'autore ottocentesco, penserei – ora - al Dane DeHaan di Giovani Ribelli. Al Lucien Carr del movimento Beat, vale a dire; al Lucignolo del Pinocchio Allen Ginsberg. Un metro e settanta, sessanta chili, faccia nella media, occhi blu. E' tutta questione di atteggiamento: un languore inespresso, dato da una consapevolezza non palesata. Qualcosa che si muove nel profondo; dietro le palpebre, sotto la stoffa della camicia. Figlio della Pop Culture, Gray parla di redenzione. La storia di una Bestia che, in un frammento stroboscopico di infinità, guarda la sua rosa nera spogliarsi di tutti i petali. Una delle stonature che, personalmente, ho rintracciato, è legata giusto al cambiamento del protagonista: troppo concreto. A dialoghi finali che mantenevano una parvenza troppo da favola. Più che dolci, dolciastri: momenti romantici ritagliati in altri apparentemente pieni di disperazione; inscatolati nella speranza di non far danni. Poi, salvifica, una scena grandiosa a liberarmi da quella smorfia venuta per caso: un zoom puntato nella squallida stanzetta di una persona che ama morbosamente. Chi non dovrebbe, come non dovrebbe. Quell'alone fiabesco accoltellato con brutalità e coraggio, quel sentimentalismo zuccheroso – almeno per chi, come me, il caffé lo prende amaro – stordito dai pesticidi. Per protagonisti interessanti, ma insieme un po' meno, in una cornice ordinaria che aggiunge realismo alla vita di Laya e sottrae perdizione a quella di Dorian. Falconi è una specie di kamikaze. E' bravo, ma fino a che punto ne era consapevole? Ha una bella prosa – secca, personale, con una musicalità ricercata, quasi tribale. Ma una bella pagina, una penna affilata, un'idea buona servono a farti capire che ciò che fai è giusto? Che quella è la strada? Lui procede: sfrontato, sicuro, audace. Chat su Facebook comprese di faccine sorridenti, messaggi, spogliarelli. Come fare qualcosa di simile e capire che non è troppo – grottesca, adolescenziale, trash? Non lo so Francesco come lo sapeva. Ma aveva indovinato. Un esordiente non credo l'avrebbe fatto con una simile sicurezza. E parlo della pazzia dell'impresa, del folle volo, non esclusivamente della gestione di una trama, senz'altro più semplice di quella di Muses, che, in quegli sporadici momenti noir, sfodera a pieno la sua bestiale potenza. Questo Gray è una statua bianca che invece qualche segno del tempo lo conosce. Ha un neo sulla guancia, un molare scheggiato, qualche sbavatura perdonabile nel nero della prosa. Ma divertete per il suo desiderio di divertirsi e macchiarsi: è l'importante. Sguazza nel torbido. Gli schizzi di nero sono più belli. Il petrolio delle industrie nell'acqua del mare fa più vero il mondo. Elementi di distrazione, tinte forti e malate che generano un erotismo convulso da elettropop. L'ambiguità di cui è punteggiato il tutto, una coinvolgente scena di sesso descritta nel dettaglio, il sospetto cattivo dell'incesto... La volgarità, in una scrittura simile, non esiste mai. Vietato porsi il problema. La collana Chrysalide dà fiducia al Falconi pioniere e, in una trama che oscilla di tanto in tanto sul limite del classico young adult e del moderno retelling, ma senza mai cadere, lascia entrare chili di sporco, senza il bisogno di nasconderlo sotto il tappeto, subito dopo. Su un post-it giallo, all'interno del libro, ho una freccia stilizzata che collega il nome di Francesco Falconi a quello di Baz Luhrmann. Feste sensazionali, musica assordante, kitsh-non kitsh, perdizione in bicchiere, gocce di assenzio incendiario. C'è un disegno anche nella confusione. Una coreografia anche in questo seducente caos stroboscopico.
Un mostro, per lei che si percepisce mostro. Evita di specchiarsi, odia il chiasso, adora Frida Kahlo. Osessionata, come lei, da un corpo ostile che le si è rivoltato contro. La bellezza era anche il suo demone. L'entrata di Dorian nella sua vita è trionfale. Teatrale, queer. Ballerini sui tacchi a spillo, calze a rete, costumi succinti color carne. Monaci seduttori, chiese sconsacrate, una Roma chiesa e bordello come in Sorrentino. Gaga, Madonna, Adam Lambert, la regia di un Almodovar. Mucca assassina. Eternità assassina. Vacca sacra, Nirvana, limbo. Purgatorio e inferno. Layla è la sua sfida, l'ennesima vittima. La più difficile. Divorerà a morsi la sua innocenza. Lui è una tela da riempire in cui si incontrano e si scontrano i tratti del Bel Ami di Maupassant, la spigolosità del Conte di Valmont; le Cruel Intensions – dunque – dei fratellastri incestuosi Sarah Michelle Gellar e Ryan Philippe. Ho bramato quei rari flashback come l'acqua: assolutamente intriganti, ben inseriti. Il Dorian che si muove all'interno di quei ricordi – spietato, calcolatore, egocentrico – è quello che ho preferito. E' bello, ma il fascino, secondo me, è slegato dalla perfezione di un viso, dalla solidità dei muscoli, dal bianco di denti drittissimi. Lui ha forme troppo nette e precise. Terreno, ultraterreno. Il Dorian che ho sempre immaginato io è un Peter Pan guidato da una fata nera. Un bambino col volto pulito, il fisico asciutto, la fronte spianata. Gli uomini e le donne vogliono possederlo per quell'innocenza astratta, per il suo corpo da angelo in terra. Fragile, pallido, efebico. Il protagonista di Falconi è più aitante del Ben Barnes che gli diede il viso nella libera trasposizione cinematografica del 2009, meno comune del Reeve Carney della serie rivelazione Penny Dreaful.
La bellezza la vedi, la vuoi, la fai tua. Il carisma è qualcosa di più sottile, sotteso, vago, però. E' un tarlo. E' saper persuadere con la nuda parola. L'estetica di Oscar Wilde viveva dell'arte per il gusto dell'arte. E il coerente Dorian Gray dei giorni nostri vive del bello per il gusto del bello. E' un modello, un ballerino, una creatura notturna. Io, tuttavia, se rileggessi il capolavoro dell'autore ottocentesco, penserei – ora - al Dane DeHaan di Giovani Ribelli. Al Lucien Carr del movimento Beat, vale a dire; al Lucignolo del Pinocchio Allen Ginsberg. Un metro e settanta, sessanta chili, faccia nella media, occhi blu. E' tutta questione di atteggiamento: un languore inespresso, dato da una consapevolezza non palesata. Qualcosa che si muove nel profondo; dietro le palpebre, sotto la stoffa della camicia. Figlio della Pop Culture, Gray parla di redenzione. La storia di una Bestia che, in un frammento stroboscopico di infinità, guarda la sua rosa nera spogliarsi di tutti i petali. Una delle stonature che, personalmente, ho rintracciato, è legata giusto al cambiamento del protagonista: troppo concreto. A dialoghi finali che mantenevano una parvenza troppo da favola. Più che dolci, dolciastri: momenti romantici ritagliati in altri apparentemente pieni di disperazione; inscatolati nella speranza di non far danni. Poi, salvifica, una scena grandiosa a liberarmi da quella smorfia venuta per caso: un zoom puntato nella squallida stanzetta di una persona che ama morbosamente. Chi non dovrebbe, come non dovrebbe. Quell'alone fiabesco accoltellato con brutalità e coraggio, quel sentimentalismo zuccheroso – almeno per chi, come me, il caffé lo prende amaro – stordito dai pesticidi. Per protagonisti interessanti, ma insieme un po' meno, in una cornice ordinaria che aggiunge realismo alla vita di Laya e sottrae perdizione a quella di Dorian. Falconi è una specie di kamikaze. E' bravo, ma fino a che punto ne era consapevole? Ha una bella prosa – secca, personale, con una musicalità ricercata, quasi tribale. Ma una bella pagina, una penna affilata, un'idea buona servono a farti capire che ciò che fai è giusto? Che quella è la strada? Lui procede: sfrontato, sicuro, audace. Chat su Facebook comprese di faccine sorridenti, messaggi, spogliarelli. Come fare qualcosa di simile e capire che non è troppo – grottesca, adolescenziale, trash? Non lo so Francesco come lo sapeva. Ma aveva indovinato. Un esordiente non credo l'avrebbe fatto con una simile sicurezza. E parlo della pazzia dell'impresa, del folle volo, non esclusivamente della gestione di una trama, senz'altro più semplice di quella di Muses, che, in quegli sporadici momenti noir, sfodera a pieno la sua bestiale potenza. Questo Gray è una statua bianca che invece qualche segno del tempo lo conosce. Ha un neo sulla guancia, un molare scheggiato, qualche sbavatura perdonabile nel nero della prosa. Ma divertete per il suo desiderio di divertirsi e macchiarsi: è l'importante. Sguazza nel torbido. Gli schizzi di nero sono più belli. Il petrolio delle industrie nell'acqua del mare fa più vero il mondo. Elementi di distrazione, tinte forti e malate che generano un erotismo convulso da elettropop. L'ambiguità di cui è punteggiato il tutto, una coinvolgente scena di sesso descritta nel dettaglio, il sospetto cattivo dell'incesto... La volgarità, in una scrittura simile, non esiste mai. Vietato porsi il problema. La collana Chrysalide dà fiducia al Falconi pioniere e, in una trama che oscilla di tanto in tanto sul limite del classico young adult e del moderno retelling, ma senza mai cadere, lascia entrare chili di sporco, senza il bisogno di nasconderlo sotto il tappeto, subito dopo. Su un post-it giallo, all'interno del libro, ho una freccia stilizzata che collega il nome di Francesco Falconi a quello di Baz Luhrmann. Feste sensazionali, musica assordante, kitsh-non kitsh, perdizione in bicchiere, gocce di assenzio incendiario. C'è un disegno anche nella confusione. Una coreografia anche in questo seducente caos stroboscopico.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Jack White - Love is Blindness
Mick!!! Era da un pezzo che non entravo nel tuo angolino... Ehm, a dire il vero era da un pezzo che non entravo nemmeno nel mio, di angolino :) Va beh, prima di tutto.... Non comprerò questo libro solo perchè non ci sei TU nella cover. Come hanno potuto? No, no, mi dispiace ma se faranno un'edizione con la tua mezza faccia allora lo piglio!!!
RispondiEliminaA parte gli scherzi la tua recensione mi è stata utilissima, io di Falconi ho letto solo Muses (il primo libro) e sinceramente ha deluso le mie aspettative. Credo che prima o poi gli darò una chance, insomma anche se un libro non ti piace hai quel potere ipnotizzante da farlo comprare a chi legge le tue recensioni.
Io non mi stancherei nemmeno a leggere la tua lista della spesa, e ho detto tutto.
Ti ringrazio tantissimo, claudina!
EliminaIo sono troppo caro. Solo le grandi firme della moda possono permettersi il mio faccione in copertina, eh. Il libro, con me come modello, avrebbe avuto due lettrici in più: mia mamma e mia nonna! :D
Ahahahahah grande nonna XD
EliminaComunque te l'avevo detto e gli ho dato una chance, terminandolo ieri e più o meno la penso come te :)
Il libro mi lasciava abbastanza indifferente e non mi ero premurata di cercare informazioni, ma la tua recensione mi ha davvero incuriosito! :) Mi sa che, forse forse, un pensierino ce lo farò :)
RispondiEliminaGrazie mille, Siannalyn!
EliminaIo amo le tue recensioni, ma sai cosa me le fa amare, il tuo potere di ricreare le emozioni che provi durante la lettura. Le tue recensioni diventano delle bellissime metafore di luci ed ombre di cosa hai provato leggendo i vari libri, e questa recensione di Gray è il tuo omaggio, in vero e proprio stile Buz Luhrmann al libro di Falconi, complimenti Mik!
RispondiEliminaE grazie per aver citato il mio amatissimo Dane DeHann <3 un bel Dorian con il suo volto mi riempirebbe di gioia, e ti devo dire, un pensierino al libro lo fare volentieri, basta che mi immagini Dane come il protagonista!
PS: saresti stato un modello perfetto per la cover!
Vero, Susi? Bello, biondo, occhi azzurri. Tutto coincide, ahahahhaha.
EliminaTi ringrazio tantissimo per il bel commento. Anch'io DeHaan, in questi ruoli, lo vedo bene: è uno psicopatico insospettabile ;)
Il romanzo mi incuriosisce, più che altro perché non ho mai letto niente di Francesco Falconi e vorrei farmi una mia idea :)
RispondiEliminaNel mio caso, è il secondo, dopo Muses, ma ho in casa anche La decima musa. Spero di parlarne a breve, sessione estiva permettendo! :)
EliminaDopo la tua recensione DEVO leggerlo.
RispondiEliminaP.s. ovvio che dovevano scegliere te per la copertina :')
Ormai è deciso. Sulla ristampa i lettori di Diario vogliono me :P
EliminaSeriamente, se ci fosse stata la tua faccia l'avrei comprato.
RispondiEliminaQuello che hanno messo sulla cover attuale è un obrobrio, mi fa stare sempre lontana, mi fa impressione ahahahha
Oh. Una delle cose più carine (?) che mi hanno mai detto, ahahahahah. :°D
EliminaHai visto :') sono una romanticona Ahahah
EliminaPerò dicevo sul serio!
E lo so, lo so. Poi ti mando l'assegno che ti ho promesso. Shhh ;)
EliminaMa smettila ahahahahahahhahahahahahah
Elimina*___* questo libro mi ispira in una maniera abnorme XD se c'era la tua faccia sarebbe stato il top ;p
RispondiEliminaSe lo leggi, passerò a sapere come ti è sembrato ;)
EliminaWow!!! Bellissima recensione!!!
RispondiEliminaHo letto Muses, due anni fa, e mi piacque parecchio. Ho dedotto, da quello ke scrivi, ke questo nuovo romanzo merita :). E anche parecchio...
Ci farò un pensierino :)
Ciao :)
Grazie, Gresi :) Ho preferito Muses, ma anche Gray mi è abbastanza piaciuto: molto divertente!
EliminaNon ho mai letto niente di Falconi anche se è un autore che mi incuriosisce da un po'. Grey mi atttrae particolarmente, forse perché amo l'originale. La recensione è stupenda e, nonostante le piccole pecche messe in evidenza, hai rinnovato il mio desiderio di leggerlo.
RispondiEliminaIn wishlist! :)
Grazie per la fiducia, Miriam. Secondo me, storia a parte, lo stile di Falconi potrebbe piacerti :)
Eliminaun libro molto particolare che esce fuori dagli schemi, come un pò tutte le opere di Falconi! un autore coraggioso che si mette in gioco sopratutto con questa figura enigmatica di cui tutti abbiamo sempre sentito parlare e di cui pochi hanno letto la storia! Ho la fortuna di essermi accaparrata una copia autografata con la mia incursione a torino, sono proprio curiosa di scoprire il Dorian di francesco!
RispondiElimina:)
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