mercoledì 7 febbraio 2018

Mr. Ciak - And the Oscar goes to: I, Tonya | Wonder

Sfrecciava leggiadra sulle lame dei pattini, portandosi dietro scie di sangue. Si gettava con così tanto impeto nell'impresa impossibile di un triplo axel da apparire, complice la velocità, una figura indistinta al centro della pista. Giravano lei, il mondo, e quella figura sfocata appariva ora un'icona di stile, ora un mostro: una creatura bicefala. Tonya Harding, la pattinatrice. La mandante, o così si raccontò negli anni Novanta, del pestaggio di una collega rivale. Sulla sua vita, sulla sua verità, hanno ricamato a piacimento i media. I, Tonya racconta come fosse una lunga e incensurata intervista, un documentario bizzarro, l'ascesa e la caduta – soprattutto, i chiacchierati misfatti – di un nemico pubblico col vestito glitterato e il fiocco fra i capelli. Il risultato è la biografia politicamente scorretta che non ti aspetti. L'altro lato della medaglia. Bambina prodigio, spremuta come un limone sin dalla tenera età, la protagonista cresce nella violenza fisica e psicologica. Si affida ciecamente all'esempio della volgare mamma manager (un'irresistibile Janney in odore di vittoria, già genitrice degenere nella sit-com Mom), a un compagno manesco (il baffuto Sebastian Stan), all'imprevedibile volubilità del pubblico (che ora la acclama, ora la chiama campagnola); infine, ai servigi di un manipolo di sicari stupidissimi da cui non potevano dipendere né vite né reputazioni, no. La Harding si esibiva su note assordanti, portava lo smalto colorato in barba alle regole, indossava vestitini succinti cuciti personalmente a macchina la notte prima. Tecnicamente insuperabile, non piaceva ai giudici: in cerca di campionesse di pattinaggio, e di moralità. Su Netflix, lo esemplificavano già gli incontri a tavolino di Glow: una nazione di patrioti bellicosi, di benpensanti, ha bisogno di personaggi rivali nello sport; della battaglia fra bene e male. Tonya, suo malgrado, al contrario della dolce Nancy, era il male incarnato. Perché, cosa inammissibile, aveva una personalità. Amareggiata, sempre fuori posto, indesiderata, cerca allora la gloria che le spetta – e che in fondo merita – con le cattive. Il montaggio e la colonna sonora, pazzesca, sono martellanti. Craig Gillespie, alla regia, si muove come un David O. Russel rock n' roll. Una quasi irriconoscibile Margot Robbie, pronta a tutto per scollarsi di dosso l'etichetta di pupa bella e innocua, sorprende per una maturazione avvenuta dalla notte al giorno – al di là di un allenamento fisico che deve averla molto provata, di sedute estenuanti di trucco e parrucco che nemmeno riescono a imbruttirla troppo, ammiratene l'intensità dei pianti e dei sorrisi forzati allo specchio del camerino, a pochi minuti dal verdetto finale. La campionessa sovversiva ha un'interprete alla sua altezza, un film che la rispecchia. Fatto di sudore copioso, sangue pazzo e glitter ovunque. Di grazia su ghiaccio e ingiustificata barbarie. Per la tendenza tutta americana a non vedere sfumature, a non ammettere gradi di colpevolezza, c'è gente da amare e gente da odiare: punto e basta. Tu, Tonya, qui puoi finalmente essere amata. (7,5)

Sulla scia dell'entusiasmo generale, ai tempi, ho provato e riprovato a leggere quel romanzo con la copertina pastello che parlava di diversità e altruismo. Apprezzo sinceramente le storie che sanno rivolgersi a grandi e piccini, ma bastavano poche pagine appena per trovare insopportabile l'eppure apprezzatissimo Wonder. Questione di stile, forse. Questione di romanzi a tesi, a tavolino, che sanno di lacrime facili e furberia. L'ho aspettato al cinema senza aspettarlo mai per davvero. Un po' di curiosità per Chbosky, autore e regista di cui avevo perso notizie dopo il successo di un cult intitolato Noi siamo infinito; un po' di curiosità per il ritorno di Jacob Tremblay, il bambino prodigio in Room, in un adattamento che lo vuole ancora alle prese con la scoperta del mondo esterno e ancora coprotagonista, sebbene molto più in sordina, della stagione dei premi – il film, accanto alla nomination all'Oscar per il miglior trucco, ha ricevuto più di qualche menzione agli scorsi Critics Choice Award. Arrivato in sala sotto festività che dovrebbero addolcire di per sé, Wonder è il primo giorno di Auggie alle scuole medie. Un bambino che ama Star Wars e lo spazio profondo, parla di Halloween come della sua festa preferita e, a soli dieci anni, fa i conti con una malformazione al viso che l'ha reso oggetto di derisione. Si nasconde dietro un casco da astronauta, sotto il cappuccio della felpa, ma mamma Roberts e papà Wilson lo spingono delicatamente a uscire dal guscio; a crescere. Fra sfottò, pranzi in solitaria, amici che tali non sono, le ore di lezione – e di questo film – vanno come previsto. Qualcuno si ravvede in vista di un epilogo troppo buonista e qualcun altro impara la semplicità del perdono, la famosa bellezza interiore e la necessità, a volte, di un pugno sul naso ben assestato per zittire le risate di scherno. Dalle parti di Diario di una schiappa e Dietro la maschera, il piccolo Elephant Man del sempre dolce Tremblay è un prodotto in stile Giffoni, un inno alla gentilezza che a volte si perde nella stucchevolezza di una famiglia perfetta e nelle evitabili lungaggini del finale. I cosiddetti ragazzi normali sono forse risparmiati dall'agonia del crescere, del rapportarsi? Pur lontanissimo dalla meraviglia del titolo, Wonder piace allora. Quando, a punti di vista alterni, si apre ai comprimari – una sorella maggiore alla scoperta dell'amore e del teatro, un amico che ha tanto da farsi perdonare, un'adolescente meno superficiale di quanto non dicano le sue ciocche rosa – e alla segretezza delle loro battaglie. Scritte, ma non sulla faccia. (6)

20 commenti:

  1. Di I, Tonya parlerò a ridosso dell'uscita italiana a marzo ma l'ho adorato. Assieme a The Florida Project trovo sia uno dei film più belli visti finora nel corso della preparazione agli Oscar, tolti i nomi "importanti" come Tre manifesti e La forma dell'acqua che devo ancora vedere.
    Di Wonder ho divorato la serie cartacea nelle vacanze di Natale, mi ha catturata nonostante la paraculaggine manifesta, ma il film non sono riuscita ad affrontarlo visto che piangevo già durante i trailer. Lo lascio lì nel frigo, come faceva Joey con Piccole Donne.

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    1. Ah, allo scorso TFF per The Florida Project ho stravisto: splendido e sottovalutato. E quel finale, e la bimba sfacciatissima... Tanto amore.

      Con Wonder, per me, puoi andare sicura. Il rischio lacrime non c'è poi troppo e ai fan del libro è piaciuto molto. :)

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  2. Solo 6 a Wonder? Conoscendoti pensavo... 6+

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    1. Io, conoscendomi, pensavo che al sei non ci arrivasse. :-P

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  3. A breve anch'io parlerò di I,Tonya che mi è piaciuto parecchio con il suo cast sorprendente, dal primo all'ultimo attore. Sono poi rimasta ammaliata dal fascino sinistro tutto a stelle e strisce dei contrasti (ben giocati), come se ognuno, in qualsiasi ambito, dovesse rimanere intrappolato in un rigido ruolo per sempre :)
    Un saluto,
    Fede

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    1. Ciao a te, Fede!
      Sai che ci sono rimasto molto male, infatti, per l'esclusione nella categoria del Miglior Film? Avrebbe meritato.

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    2. Concordo! Troppo distante, forse, dai canonici bio-pic sportivi statunitense? Oppure figura fin troppo controversa anche per una semplice nomination? Boh, mistero!

      Mi piacerebbe molto vedere anche Wonder: Ahimé, l'ho perso al cinema! Spero di recuperarlo più avanti e, magari, di leggerne anche il libro :D

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    3. Aspetto le tue impressioni, allora. :)

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  4. li ho visti tutti e due e mi sono piaciuti molto, wonder prossimamente sarà recensito ^^

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  5. Mi sono persa I, Tonya al festival del cinema di Roma e sto aspettando che esc, sono molto curiosa di vederlo.

    Wonder l'ho trovato carino e anche divertente, ma il libro mi è piaciuto di più.

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  6. Con i film da Oscar sei messo meglio di me nel recupero, Tonya è lì che scalpita, ma il tempo per lei lo troverò sicuramente.

    Wonder, buonista fin dal trailer che tutto sembrava raccontare, l'ho sapientemente evitato, allergica a storie così buone e zuccherose. Nonostante la sufficienza raggiunta, non basta a convincermi a cambiare idea.

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    1. Wonder evitabilissimo, sì. Recuperato un venerdì pomeriggio in cui, onestamente, avevo poca voglia e più di qualche pregiudizio. Purtroppo, mantenuto fino alla fine.
      Chbosky, torna al teen, quello bello.

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  7. Wonder non mi ispira neanche per sbaglio.
    I, Tonya, invece, visto ieri: davvero una gran bella bombetta, bravissima la Robbie.

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    1. Wonder, secondo me, potrebbe essere una visione decisamente migliore con il Fordino accanto. Non ve lo sconsiglio, no.

      La Robbie grandiosa, peccato abbia molta, molta concorrenza...

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  8. "I, Tonya" volevo quasi saltarlo, ma mi hai convinto 👯
    Di "Wonder" come la Bolla ho letto il libro e, con tutti i pro e i contro, lo trovai gradevole. Del film sento che posso farne pure a meno...

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    1. Ma no, le follie di Tonya vedrai che meritano e danno da pensare. ;)

      Wonder non indispensabile, ma sono curioso di sapere come esce dal confronto con il romanzo. Credo bene, sempre con pro e contro, ovviamente.

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  9. I, Tonya perfido e grandioso.
    Margot Robbie non so se è diventata brava dal giorno alla notte, a me era sembra ottima persino in Suicide Squad, quindi... :)
    Oltre alla nomination sua e della Mom Janney, avrebbe meritato di essere candidato pure tra i migliori film, dove di sicuro avrebbe figurato meglio rispetto a Dunkirk o a The Post.

    Wonder non so... i film Giffoni style mi preoccupano sempre. Chissà se sarà ruffiano abbastanza da riuscire a fregarmi, o se risulterà troppo ruffiano da risultarmi indigesto? :)

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    1. Scandalosa, infatti, l'esclusione di I, Tonya fra i miglior film. Anche se The Post non l'ho ancora visto (e tu, con Spielberg, vero che partivi prevenuto?)...

      Su Wonder. La parte teen potrebbe piacerti.

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