giovedì 24 agosto 2017

Recensione: It, di Stephen King

| It, Stephen King. Sperling & Kupfer. € 21, 90, pp. 1216 |

Quei romanzi che cominci senza sapere quando li finirai.
Quelli enormi, che stanno a stento nella borsa del mare o compressi fra i pensieri – ma solo d'estate puoi trovare il tempo e la pazienza necessarie, il coraggio nelle ore di luce più lunghe. Troppo famosi per parlarne come se niente fosse, troppo belli per dovervi convincere a parole.
Quale bambino nato tra gli anni Ottanta e Novanta, in un giorno di pioggia, non è mai inciampato nella grata da cui sporgono gli artigli del mostro che indossa la brutta faccia di un clown? Chi non ha soggiornato nella lugubre Derry per il tempo di un incubo a occhi aperti? Faccio parte dei lettori che sono stati iniziati alla lettura da Stephen King. Del ricordo di It, però, possedevo immagini confuse. Flash di un iconico Tim Curry e passaggi di un libro che un po' per pigrizia, un po' per incostanza, da ragazzino avevo letto discontinuamente. Galeotte la bellissima ristampa e l'attesa per il film di prossima uscita, questa volta non avevo né fretta né paura. La rilettura, se di rilettura si può parlare, è durata più di due settimane. Il blog taceva, i ritmi rallentavano e l'estate finiva, appresso a un mattone truce ma emozionantissimo che monopolizzava gli spazi e le ore. Ci ho scherzato sopra nell'attesa dell'ultima pagina: la speranza di ritrovarsi dal nulla bicipiti grossi così, a furia di sfogliare e sfogliare, e la vita percepita come quell'ammasso informe di cose che ti capitano tutt'intorno, mentre entri a pieno titolo nel Club dei Perdenti (fiero di esserlo, sì) e li aiuti a costuire dighe, botole, pallottole d'argento; a cacciare i mostri grandi e piccoli che attentano all'innocenza.

Se qualcuno gli avesse domandato: «Ben, ti senti solo?» avrebbe osservato quel qualcuno con sincero stupore. L'ipotesi non gli era mai balenata. Non aveva amici, ma aveva i suoi libri e i suoi sogni [...] Se si sentiva solo? avrebbe forse ripetuto, sconcertato. Come? Cosa? Un bambino cieco dalla nascita non sa nemmeno di essere cieco finché non glielo dice qualcuno. Anche allora si crea un concetto perlopiù accademico di che cosa possa essere la cecità. Solo chi ha perduto la vista può averne un'idea chiara. Ben Hanscom ignorava il significato di solitudine, perché quella era da sempre l'unica dimensione della sua vita.

I protagonisti sono sette, e hanno l'età giusta per immaginare tigri a spasso nei cannetti, piranha negli acquitrini, tesori sepolti nelle discariche. Vivono nell'immaginaria Derry, tutta un gorgogliare di tubi e di eventi sospetti, e non hanno vita facile. A undici anni, credono ciecamente che saranno amici per sempre, che la legge del silenzio non li renderà schiavi e che il bene vincerà ogni male. Ci sono Bill che tartaglia, Ben e i suoi chili di troppo, l'ipocondria di Eddie, le imbarazzanti imitazioni di Richie, le origini ebraiche di Stanley, la pelle nera di Mike, i lividi sotto i ricci ramati di Beverly (l'unica femmina del gruppo, di cui sono inevitabilmente tutti un po' cotti). Si sono trovati complici, stretti contro la prepotenza del prossimo. Hanno esorcizzato la paura ribattezzandola con un semplice pronome neutro: sfidano con l'incoscienza dell'età, così, un male da stanare nelle radici stesse del paese. Da chiamare per nome, coraggiosamente. Come hanno sconfitto la prima volta l'entità primordiale e poliforme, forse piovuta dai confini dell'universo, che adescava le sue vittime con un mazzo di palloncini colorati e omaggiava gli horror fantascientifici in sala negli anni Cinquanta? I Perdenti se lo domandano adesso, cresciuti e con ricordi vaghi, quando una telefonata li richiama dove tutto ha avuto inizio: It si è svegliato, loro sono gli unici a sapere come annientarlo. Anche se hanno un tassello in meno. Anche se crescendo hanno perso la loro alchimia. Anche se rividersi in un ristorante cinese, e fare una conta dei capelli in meno e delle rughe in più, fa sì che il tempo scorra al contrario e che i Barren, quartieri di canali di drenaggio e battaglie di pietre, si parino minacciosamente all'orizzonte. Ma perfino la minaccia sa di malinconia, a tavola, e le emozioni negate riaffiorano.

Allora vai senza perdere altro tempo, vai veloce mentre l'ultima luce si spegne, vattene da Derry, allontanati dal ricordo... ma non dal desiderio. Quello resta, tutto ciò che eravamo e tutto ciò che credevamo da bambini, tutto quello che brillava nei nostri occhi quando eravamo sperduti e il vento soffiava nella notte. Parti e cerca di continuare a sorridere. Trovati un po' di rock and roll alla radio e vai verso tutta la vita che c'è con tutto il coraggio che riesci a trovare e tutta la fiducia che riesci ad alimentare. Sii valoroso, sii coraggioso, resisti. Tutto il resto è buio.

Più del fiato corto per l'inquietudine (trent'anni dopo, proviamo ancora un timore reverenziale), più di una sincera stanchezza sopraggiunta verso l'epilogo (troppo visionario, sbrodolato a tal punto da introdurre la scena di un'orgia rituale di pessimo gusto), di It esperienza densa e infinita, assolutamente da fare, benché sia un altro il Re che amo senza riserva alcuna – ricorderò i sorrisi stupiti di chi si perde e poi si ritrova; la meraviglia nascosta dietro l'angolo. L'angoscia corre, ma una bicicletta soprannominata Silver di più. L'infanzia passa e si dimentica, gli amici mai. E preferirò dimenticare qualche capitolo non indispensabile, io, la fatica al giro di boa, tenendo bene a mente i miracoli di quel candore, il ghigno di una città dannata, le risate che scoppiano contro la paura inconcepibile di morire giovani. It parla di un'epoca, dei riti di iniziazione di qualche estate fa, della tragedia di crescere perdendo l'immaginazione. Quella che rende il mostro reale e affamato. Quella che può trasformare gli inalatori in armi infallibili e far luce oltre il buio delle nostre palpebre abbassate.

Ma in verità i mostri vivono di fede, no? Mi sento trascinato irresistibilmente verso questa conclusione. Il cibo può essere la vita, ma la fonte del potere è la fede, non il cibo. E chi più di un bambino è capace di un atto di fede?

Come i Perdenti, da oggi mi sforzerò di dimenticare anch'io le insidie di Derry. Farò ritorno tra ventisette anni, magari. Quando tornerà l'asma, la balbuzie sfiderà qualsiasi consulto dei logopedisti e le cicatrici dei giuramenti di sangue, scavate sui palmi delle mani col coccio di una vecchia bottiglia di Coca-Cola, sanguineranno nei giorni dei pranzi andati di traverso e dei ritorni a casa. E sarà come vivere per sempre. Laggiù, dove eppure si va per morire.
Il mio voto: ★★★★½
Il mio consiglio musicale: Peter Gabriel - Heroes


26 commenti:

  1. Sarà banale da dire, ma è uno di quei romanzi con cui trovi degli amici con cui potrei immedesimarti a vita, ugni membro del club dei perdenti ha qualcosa di noi. Capolavoro assoluto. Cheers!

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    1. Ah, sì.
      Non c'è un giorno in cui in strada non cerco un altro Perdente come noi.

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  2. (Ri)letto anche io durante le recenti vacanze. 20 anni dopo l'ho trovato estenuante, a tratti questa volta l'ho trovato forse viziato da qualche lungaggine di troppo..tornare a ricordare forse non è stata la cosa migliore da fare...

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    1. Tra me e me, avevo una confusione di immagini che attingeva un po' alla miniserie, un po' al romanzo letto come andava andava più di dieci anni fa. Ora l'ho capito meglio, ma mi sono reso conto anch'io che qui e lì King tira troppo la corda. In 22/11/63, per dire, non c'è una pagina fuori posto. Qui, tra le meticolosissime ricerche di Mike, l'ammucchiata e lo schematismo nei capitoli in cui i protagonisti ritornano a Derry, sì. Al giorno d'oggi, un editor taglierebbe. E non sarebbe meno bello.

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  3. Io devo ancora leggerlo e questa cosa mi rallegra! La tua recensione mi è piaciuta molto, l'ho letta lentamente ed assaporata. Grazie ad altri libri del Re ho capito che i finali non sono mai all'altezza delle aspettative che crea, ma come potrebbero ??? Mi accontento del percorso. Sarà un viaggio bellissimo.
    Lea

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    1. Ti ringrazio tantissimo, Lea!
      Sarà un viaggio stupendo, confermo, ma è vero che King e i finali spesso non vanno d'accordo. Quello di It mi aveva deluso molto ai tempi e, tanti anni dopo, la cosa non è cambiata. Troppi spiegoni, troppo Lovecraft, e il fascino del mistero, del non detto, viene meno.

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  4. L'idea della rilettura mi frulla in testa da un po' e mi sa che fra non molto mi ci ributterò sperando di ritrovare la passione di tanti anni fa. Come di suo vorrei rileggere Il Miglio.Verde che acqustai e lessi a "puntate" quando uscì.
    Bellissima recensione, degna del Re.

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    1. Ti ringrazio, Stefania. Mi sento un po' inutile a parlare di questi romanzi, ti dico la verità.
      Il Miglio Verde, a malincuore, ammetto che mi manca. Ho visto e rivisto il film, ai tempi, e spero di dimenticarlo un po' per avvicinarmi al romanzo (ma come si fa?).

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    2. Impossibile dimenticare il film. Io ho avuto la fortuna di leggerlo prima, ma sono certa che in una rilettura avrei i fotogrammi in scorrimento dietro agli occhi.

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    3. Inevitabile, sì.
      Una volta che King non viene massacrato, al cinema, come scordarlo?

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  5. Ah, i bei tempi in cui anche io potevo finire It in due settimane... adesso invece, tra lavoro e vita da casalinga disperata, non so nemmeno se riuscirò a terminarlo entro ottobre. Ma tanto, chissenefrega: conosco ogni pagina a memoria del mio libro del cuore e stavolta ho voluto evitare la traduzione imperfetta di Dobner per ri-godermelo in lingua originale come dieci anni fa, quando ho comprato il paperback in un negozietto di libri usati a Mildura, per sentirmi meno sola e distante da casa, dagli amici e dalla famiglia.
    Ecco, Ben, Richie, Bev e Derry questo sono per me: casa, amici e famiglia. Ogni viaggio nel loro mondo, breve o lungo che sia, mi assorbe completamente, mi commuove, diverte e terrorizza ogni volta, e quando le pagine finiscono mi coglie un senso di frustrazione devastante, perché vorrei poter sbirciare ancora nelle loro vite. Comunque, come si diceva in L'acchiappasogni, "Pennywise vive", quindi chissà che i Perdenti non tornino, prima o poi...

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    1. Fortunatamente, a parte le solite occupazioni di casalingo, senza né viaggi in programma (e quando mai) né esami da preparare di fretta, l'ho letto in relativamente poco tempo. Un tour de force, indescrivibile come suggerisci tu, anche se sono arrivato un po' stanco al finale, come Beatrix sopra. Vorrei vedere anch'io come si sono fatti i Perdenti, sì.

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  6. Prima o poi lo leggerò. Io col pagliaccio ho un cattivo rapporto a causa del film, che al tempo qualche incubo me lo procurò 😅 però il libro non escludo di leggerlo 👍

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    1. Cosa strana: più che lo spavento (ma ammetto di non essere un fifone, essendo cresciuto a pane e horror), di questo romanzo ricorderò la grande malinconia di fondo.
      Da amante dei mattoni, apprezzerai. Non è soltanto una storia di paura, ma lo sai già.

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  7. Ah, da quanto tempo mi prometto di recuperarlo! E' lì sul comodino insieme a 22.11.63. Non so da quale iniziare. Il nuovo film di It, però, incombe!

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    1. Da' la precedenza a It, almeno per arrivare preparata.
      Ma, sarò il solo al mondo forse, preferisco 22.11.63. Non ha una pagina di troppo.

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  8. vidi il film che ero una bimba, tornata dalla lezione di nuoto, alla quale era salita la febbre...

    da quel giorno il terrore per i clown, non ha fatto che aumentare ogni qual volta ho incrociato un pagliaccio

    non so se vorrei leggere le parole di Stephen King... mi sa che mi farebbero ancora più paura delle immagini

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    1. Probabilmente sì, ma tanti anni dopo - come dicevo ad Angela, poco fa - è un'altra la sensazione prevalente.

      Una malinconia che buca lo stomaco.

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  9. Amo leggere le tue recensioni e questa non è da meno! It mi manca, spero di recuperarlo al più presto.

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  10. Un libro di questo "peso" in appena due settimane è un risultato ottimo, congrats!

    L'estate ormai sta finendo e anche per questa volta io invece non sono riuscito a recuperarlo. Forse è meglio così. I clown mi inquietano già troppo.
    Ne riparliamo poi magari il prossimo anno, se il film mi piacerà...

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    1. Dalle informazioni in rete, si palesano già le prime differenze (del piccolo George non trovano il cadavere, siamo negli anni '80 e non nei '50, e fortunatamente quell'infelice orgia tra undicenni l'hanno tolta di mezzo - lasciamola ai figoni adulti e vaccinati di Sense8, e chi si lamenta). Ci risentiamo per il film. Sento che Muschietti ne ha fatto una bella rilettura.

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  11. Che bella questa recensione.
    Conservo tanti ricordi del romanzo e del film Tv. Prima che esca il film conto di parlarne.

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    1. Ti ringrazio, Pirkaf.
      E verrò a leggerti di certo.

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  12. ciao Mik, lo sto leggendo proprio in questo momento, prima volta per la sottoscritta dopo il film che mi ha lasciato molto amareggiata per il finale. Da come parli di 22.11.63 mi sa che lo inserisco tra le letture da fare!:)

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    1. Purtroppo, neanche nel romanzo il finale è il punto forte...
      Un classico, con King.

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