Titolo:
Tutta colpa della mia impazienza (e di un fiore appena sbocciato)
Autrice:
Virginia Bramati
Editore:
Giunti – A
Numero
di pagine: 240
Prezzo:
€ 14,90
Sinossi:
Sono
nata con due mesi di anticipo, sono fisicamente allergica ai tempi
morti e adoro il tasto fast forward": Agnese è così, una
ragazza esuberante, autonoma, insofferente verso tutto ciò che frena
la sua corsa. Ma improvvisamente, la vita prende una piega
terribilmente dolorosa e la scaraventa dal centro di una metropoli
che non dorme mai a una grande casa lungo un fiume, immersa nei ritmi
immutabili della campagna e circondata da curiosi personaggi che solo
in provincia si incontrano: il conte proprietario di tutte le terre
circostanti, una anziana signora dagli occhi ciechi ma dalla memoria
vivissima, un ragazzo bello e strano segnato da un grande dolore...
Agnese reagisce come sempre, impulsiva fino all'autolesionismo. Ma
mentre l'inverno finisce e tutto comincia a fiorire, ecco nuove
sorprese per lei: dalle pagine di un libro riemerge una bustina di
semi di Impatiens, la pianta i cui fiori rosa curano le ferite
dell'anima, e la solitudine della sua grande casa è spezzata
dall'arrivo di un giovane medico, misterioso e affascinante come una
domanda sussurrata nella notte...
La recensione
Il
primo romanzo di Virginia Bramati che leggo fa parte di quella
categoria di libri che pilucco in attesa
del corriere. L'ho ricevuto a sorpresa un giorno e ho iniziato a
sfogliarlo non molto tempo dopo, tra una cosa e l'altra, pronto a
riporlo e a rispolverarlo all'occorrenza. La durata della relazione
tra me e Tutta colpa della mia impazienza
dipendeva dallo squillo del citofono. Agnese Treves, diciannovenne
friccicarella e intrigante, ha saputo imporsi però in quella maniera
tutta sua. Come osavo abbandonarla prima
dell'ultimissima pagina? Così, piacevolmente persuaso, ho
soggiornato nell'immaginaria Verate più del previsto: vitto e
alloggio compresi, e con la compagnia di anfitrioni dalla parlantina assai coinvolgente. Ambientato nell'estate della maturità, Tutta
colpa della mia impazienza segue
il trasferimento della protagonista milanese – impaziente come da
titolo, a tal punto da considerare la lettura una colossale perdita di tempo – nella suggestiva campagna
brianzola. Sono già passati cinque mesi da quando, testarda e
iperattiva com'è, piangeva la nuova routine da pendolare, la
monotonia del panorama campestre, la perdita di una persona cara.
Sua madre, stimata insegnante, è morta in un incidente in alta montagna. Agnese e suo papà, in viaggio per riprendersi dalla vedovanza, non si danno pace ma intanto fingono di star meglio. La nostalgia e la solitudine spingono la protagonista a stringere amicizia e a scambiarsi qualche bacio con Adelchi: in lui, un altro studente pendolare, ha riconosciuto un dolore simile e ha trovato un compagno di viaggio. Il ragazzo cerca di trasmetterle il proprio amore per i fiori, di farla innamorare di lui, ma Agnese ha la testa altrove. Nonostante gli orali alle porte e una disastrosa prova di matematica, lei è presa dalle lotte contro i mulini al vento – nello specifico, un club di tennis aperto soltanto ai “gentiluomini” –, da un mistero – chi ha ucciso il padre di Adelchi, rinvenuto nell'Adda con la camicia di qualcun altro -, dallo sguardo sfuggente del dottore Marco Aleardi. La convivenza con l'impegnato sostituto del padre, più grande di lei di una decina di anni, mette alla prova i suoi ormoni. Perché, come in certi romanzi, il medico di campagna di turno non somiglia propriamente a Giulio Scarpati, ma ha un passato avventuroso in Sudan e una bella silhouette in boxer. Tutta colpa della mia impazienza, avrete intuito, mi ha discretamente divertito.
Un po' commedia, un po' young adult, con una galleria di personaggi simpatici – su tutti Margherita, la libraia che consiglia ad Agnese di cambiare idea sui libri con lo zampino di Pennac – e un paesello del nord, autentico protagonista, popolato da falsi benpensanti e benefattori sospetti. Ci sono le rovine di una vecchia cartiera, figuranti dai titoli nobiliari obsoleti, orti punteggiati di boccioli e profumi. Ci si prende cura, lì, del cuore dei nuovi arrivati e del giardino. Ma il fatto di conoscersi, di essere tutti mezzi imparentati, porta spesso a chiudere un occhio di fronte alle irregolarità. La Bramati, colorata e lieve, potrebbe essere una sostituta della Gazzola – chissà – quando la sessione mette agitazione e Alice Allevi è in ferie. In comune: il pretesto di un giallo da svelare, le eredità della zia Austen, triangoli in cui spiccano amanti giramondo (con sorellastre egocentriche annesse). Si lascia il capoluogo per un sobborgo ignorato perfino da Google Earth, e spaventano il posto vuoto a tavola e i cambiamenti grandi e piccoli. La natura, però, mette di buonumore. All'improvviso in Agnese c'è voglia di aspettare un'altra primavera. Il desiderio di godersi la gioventù senza sbuffare, tenenendo il tempo col piede, pensando a chi hai detto addio. A cosa porta, insomma, la tanto biasimata impazienza? A prendersi sbandate impreviste, a fare scelte avventate, a sventare congiure di provincia. A dare un colore, una svolta decisa, alla calma stagnante di questa nostra mezza stagione.
Sua madre, stimata insegnante, è morta in un incidente in alta montagna. Agnese e suo papà, in viaggio per riprendersi dalla vedovanza, non si danno pace ma intanto fingono di star meglio. La nostalgia e la solitudine spingono la protagonista a stringere amicizia e a scambiarsi qualche bacio con Adelchi: in lui, un altro studente pendolare, ha riconosciuto un dolore simile e ha trovato un compagno di viaggio. Il ragazzo cerca di trasmetterle il proprio amore per i fiori, di farla innamorare di lui, ma Agnese ha la testa altrove. Nonostante gli orali alle porte e una disastrosa prova di matematica, lei è presa dalle lotte contro i mulini al vento – nello specifico, un club di tennis aperto soltanto ai “gentiluomini” –, da un mistero – chi ha ucciso il padre di Adelchi, rinvenuto nell'Adda con la camicia di qualcun altro -, dallo sguardo sfuggente del dottore Marco Aleardi. La convivenza con l'impegnato sostituto del padre, più grande di lei di una decina di anni, mette alla prova i suoi ormoni. Perché, come in certi romanzi, il medico di campagna di turno non somiglia propriamente a Giulio Scarpati, ma ha un passato avventuroso in Sudan e una bella silhouette in boxer. Tutta colpa della mia impazienza, avrete intuito, mi ha discretamente divertito.
Un po' commedia, un po' young adult, con una galleria di personaggi simpatici – su tutti Margherita, la libraia che consiglia ad Agnese di cambiare idea sui libri con lo zampino di Pennac – e un paesello del nord, autentico protagonista, popolato da falsi benpensanti e benefattori sospetti. Ci sono le rovine di una vecchia cartiera, figuranti dai titoli nobiliari obsoleti, orti punteggiati di boccioli e profumi. Ci si prende cura, lì, del cuore dei nuovi arrivati e del giardino. Ma il fatto di conoscersi, di essere tutti mezzi imparentati, porta spesso a chiudere un occhio di fronte alle irregolarità. La Bramati, colorata e lieve, potrebbe essere una sostituta della Gazzola – chissà – quando la sessione mette agitazione e Alice Allevi è in ferie. In comune: il pretesto di un giallo da svelare, le eredità della zia Austen, triangoli in cui spiccano amanti giramondo (con sorellastre egocentriche annesse). Si lascia il capoluogo per un sobborgo ignorato perfino da Google Earth, e spaventano il posto vuoto a tavola e i cambiamenti grandi e piccoli. La natura, però, mette di buonumore. All'improvviso in Agnese c'è voglia di aspettare un'altra primavera. Il desiderio di godersi la gioventù senza sbuffare, tenenendo il tempo col piede, pensando a chi hai detto addio. A cosa porta, insomma, la tanto biasimata impazienza? A prendersi sbandate impreviste, a fare scelte avventate, a sventare congiure di provincia. A dare un colore, una svolta decisa, alla calma stagnante di questa nostra mezza stagione.
Il
mio voto: ★★★ +
Il
mio consiglio musicale: Malika Ayane – Feeling Better