martedì 30 luglio 2013

Coming This Fall #1

Ciao a tutti, amici lettori! Tanti colleghi blogger, in queste settimane, stanno andando in vacanza, ma voi che passate da queste parti siete obbligati a sopportarmi senza interruzioni: non vado da nessuna parte e vi tormeterò ancora a lungo! Siate buoni e pazienti, mi raccomando: devo pur parlare con qualcuno, anche con questo caldo! Come avrete notato anche voi, è tempo che non vi intrattengo con la consueta carrellata di anteprime: il caldo ha fatto appisolare anche le maggiori case editrici – giustamente in ferie – e le uscite, per fortuna, sono rallentate notevolmente. Dico “per fortuna” perché le nostre finanze, altrimenti, non avrebbero retto... Ho deciso, quindi, in tempi di magra, di mostrarvi le uscite previste per questo autunno attraverso una piccola rubrica intitolata Coming This Fall. Nell'appuntamento di oggi, le novità più attese firmate dalla Piemme Freeway e dalla collana Chrysalide. Le trame e i dati sono stati presi da Wuz e Libreria Universitaria, mentre la sinossi dell'ultimo titolo è una mia sommaria traduzione dall'inglese. Di quali non potrete fare a meno? Li conoscevate o, magari, li avete letti in lingua? Un abbraccio, M ;)

Tenebre e ghiaccio di Leigh Bardugo  
La grande nazione di Ravka è divisa in due dalla Distesa delle Tenebre, un varco di oscurità impenetrabile popolata da mostri feroci e affamati. Alina Starkov è sempre stata una buona a nulla, un'orfana il cui unico conforto è l'amicizia del suo solo amico, Malyen detto Mal. Eppure, quando il suo reggimento viene attaccato dai mostri e Mal resta ferito, dentro di lei si risveglia un potere enorme, l'unico in grado di sconfiggere il grande buio. Immediatamente la ragazza viene arruolata dai Grisha, l'elite di maghi che, di fatto, manovrano anche lo zar, capeggiati dall'affascinante mago Oscuro. Ma niente alla sontuosa corte è ciò che sembra e Alina si ritroverà presto ad affrontare sia le tenebre che minacciano il regno, sia quelle che insidiano il suo cuore. (Ottobre 2013) Legend di Marie Lu Los Angeles, Stati Uniti. Il Nord America è spaccato in due e, tra la Repubblica e le Colonie, la guerra sembra destinata a non finire mai. June è una quindicenne prodigio, nata e cresciuta in una famiglia appartenente alle più alte sfere della Repubblica. Ha un vero talento nel mettersi nei guai con i suoi superiori e le sue bravate al collegio militare sono spesso decisamente pericolose. Da quando i suoi genitori sono rimasti uccisi in un incidente stradale, l'unico su cui sa di poter sempre contare è il fratello maggiore Metias. Almeno fino al giorno in cui Metias viene assassinato in circostanze misteriose mentre è a guardia di un ospedale. Il primo sospettato è Day, un ragazzo della stessa età di June, ma proveniente dai più miseri bassifondi della Repubblica. Nonché il criminale più ricercato del paese. June ha un unico desiderio, vendicare la morte di suo fratello, ma il giorno in cui la sua strada e quella di Day si incroceranno per la prima volta, niente sarà più come prima... (Piemme Freeway; Ottobre 2013)

Legend di Marie Lu  
Los Angeles, Stati Uniti. Il Nord America è spaccato in due e, tra la Repubblica e le Colonie, la guerra sembra destinata a non finire mai. June è una quindicenne prodigio, nata e cresciuta in una famiglia appartenente alle più alte sfere della Repubblica. Ha un vero talento nel mettersi nei guai con i suoi superiori e le sue bravate al collegio militare sono spesso decisamente pericolose. Da quando i suoi genitori sono rimasti uccisi in un incidente stradale, l'unico su cui sa di poter sempre contare è il fratello maggiore Metias. Almeno fino al giorno in cui Metias viene assassinato in circostanze misteriose mentre è a guardia di un ospedale. Il primo sospettato è Day, un ragazzo della stessa età di June, ma proveniente dai più miseri bassifondi della Repubblica. Nonché il criminale più ricercato del paese. June ha un unico desiderio, vendicare la morte di suo fratello, ma il giorno in cui la sua strada e quella di Day si incroceranno per la prima volta, niente sarà più come prima... (Piemme Freeway; Ottobre 2013)  

Il bosco dei cuori addormentati di Esther Sanz  
Clara ha appena compiuto diciassette anni e la sua vita è a pezzi. Non ha mai conosciuto suo padre, sua madre si è suicidata e due mesi dopo è morta anche la nonna che l'ha cresciuta. L'assistente sociale decide di affidarla all'unico parente, zio Alvaro, che vive in un minuscolo paesino in montagna, isolato dal mondo. Ruben, giovane studente di veterinaria, la prende sotto la propria ala protettiva e sembra che la vita della ragazza possa trovare un po' di serenità. Ma un giorno Clara si ritrova in una parte del bosco dove nessuno dovrebbe andare, secondo le leggende che circolano in paese, e dove incontra Miguel, un ragazzo bellissimo. È un immortale, un angelo che da oltre cinquecento anni custodisce il segreto del bosco: la fonte della giovinezza. La ragazza si innamora per' duramente del giovane immortale e all'improvviso tutti i nodi vengono al pettine: Ruben si rivela per quello che è, un demone che si occupava di Clara solo per tenerla sotto controllo e capire quanto e cosa sapesse. Con l'aiuto di Miguel, Clara lo sconfiggerà, ma dopo un dolcissimo incontro d'amore i due ragazzi, disperati, si rendono conto che l'angelo non può sottrarsi al proprio compito né rinunciare alla propria immortalità e... (Piemme Freeway; Settembre 2013)

Io non sono Mara Dyer di Michelle Hodkin  
Mara Dyer sa di aver commesso un omicidio. Jude voleva farle del male, e lei si è difesa, grazie al terribile potere che le permette di uccidere con la forza del pensiero. Ma ora Jude è tornato, e nessuno le crede anche se giura di averlo visto con i suoi occhi. Quel ragazzo dovrebbe essere morto, e Mara rischia di finire i suoi giorni nell'ospedale psichiatrico in cui è tenuta in osservazione con una diagnosi di probabile schizofrenia. L'unica possibilità di salvezza è assecondare i medici e fingere di avere avuto un'allucinazione. Così la sera è libera di tornare a casa e vedere Noah, l'unico che ancora crede in lei e cerca di aiutarla a fare luce sui misteri che circondano la sua vita, proteggendola da Jude. Ma i fatti inquietanti si moltiplicano, e Mara rischia di impazzire sul serio: qualcuno entra in camera sua la notte e la fotografa mentre dorme, e un giorno le fa trovare una bambola appartenuta alla nonna, che soffriva dei suoi stessi disturbi. Mara, esasperata, cerca di bruciarla, ma nel fuoco rinviene un talismano complementare a quello in possesso di Noah... (Chrysalide; Settembre 2013)
  
I segreti di Coldtown di Holly Black  
Da Coldtown non si può uscire vivi. Perché chi entra è già morto... Tana si risveglia la mattina dopo una festa in una vasca da bagno, con i postumi di una brutta sbronza. Ma una sorpresa ben peggiore la aspetta non appena apre la porta: durante la notte i suoi amici sono stati uccisi dai vampiri. Tutti tranne due ragazzi: Aidan, che è stato infettato ed è già condannato a trasformarsi, e Gavriel, un bellissimo vampiro in fuga dai suoi simili. Per loro non c'è più scampo, e nemmeno per Tana quando scopre che suo padre, credendola infetta, non la vuole più a casa. C'è solo un posto per loro: le Coldtown, comunità isolate fondate in diversi territori degli Stati Uniti per rispondere all'emergenza vampiri, che da qualche anno sono usciti allo scoperto e vagano liberi a caccia di prede umane. Tana è l'unica che può ancora salvarsi, ma se non uscirà entro ventiquattr'ore dal ghetto, vi rimarrà per sempre. (Chrysalide; Ottobre 2013)


Barbablù - La camera di sangue di Jane Nickerson Trama tradotta da me. Quando il padre della diciassettenne Sophia muore, l'adolescente riceve una lettera inaspettata. Un invito – scritto su un sottile foglio, in un'elegante grafia – dal misterioso Monsieur Bernard de Cressac, il suo padrino. Senza soldi e con pochissime opzioni, Sophie accetta, lasciando la sua casa d'infanzia per la lussuosa abbazia Wyndriven, nel cuore del Mississipi. Sophia, che ha sempre desiderato una vita comoda, si scopre attratta e scioccata dallo charm e dalle maniere del suo generoso tutore. Ma quando comincia a mettere insieme i misteri del suo passato, accade che, filo dopo filo, una fitta rete si stringe intorno a lei. E mentre lei raccoglie storie e sussurri delle vecchie moglie dell'uomo – tutte con i capelli rossi come i suoi – negli angoli dimenticati dell'abbazia, Sophie capisce di essere rimasta intrappolata nella passione e nel pericolo dell'inebriante mondo di Cressac. (Chrysalide; Ottobre 2013)

sabato 27 luglio 2013

Recensione: La terra delle Storie, di Chris Colfer

Stiamo vivendo un brutto capitolo delle nostre vite, ma tutti i libri migliorano andando avanti.

Titolo: La terra delle storie – L'incantesimo del desiderio
Autore: Chris Colfer
Editore: Rizzoli
Numero di pagine: 485
Prezzo: € 15,00
Sinossi: Alex e Conner non sono contenti della loro vita. Il papà non c'è più, la mamma lavora troppo, e a scuola sono solo problemi. Poi il libro di fiabe ricevuto in dono dalla nonna per il loro dodicesimo compleanno prende vita, e tutto cambia. Perché non è solo un libro, ma la porta che si apre su un altro mondo, e fratello e sorella vi precipitano come Alice, lei per errore, lui per non lasciarla sola. Dall'altra parte c'è la Terra delle Storie, e il primo incontro in quella landa magica è con il Principe Ranocchio. L'avventura chiama. E nelle fiabe, anche nelle più note, niente è come appare... Età di lettura: da 10 anni.
                                                La recensione
Per tutta la mia vita mi sono sentita incompleta! Come se da qualche parte nel mondo stesse succedendo qualcosa, e anch'io avrei dovuto esserci, essere là, anche se non sapevo dove. E ora abbiamo trovato di cosa si trattava: è questo posto. Per la prima volta, ebbi una stanza tutta mia quando avevo otto anni. Ero in un nuovo appartamente più grande del precedente, in una città più grande della precedente, nell'età giusta per avere un mio armadio, un mio comodino e un letto che non fosse più ai piedi di quello di mamma e papà. Ero grande, mi dicevo, ma in una casa ancora occupata dagli scatoloni del trasloco e senza la compagnia di una TV in camera o di un bel libro, in gran segreto, mi sentivo perso e spaventato. Il buio, lontano dai respiri pesanti dei miei genitori immersi nel sonno, era troppo buio. Nemmeno mio fratello Diego – all'epoca seienne biondo, carino e coccoloso – riusciva a dormire. Io ai piani bassi, lui in cima al letto a castello, chiacchieravamo. Ci facevamo coraggio a vicenda. Il nostro passatempo preferito per prendere sonno era chiudere gli occhi e fingere di camminare tra le strade di un parco divertimenti animato dai personaggi delle fiabe che più preferivamo. Contare le pecore, già all'epoca, era obsoleto. Fuori moda. 
E, mentre le rotelle ben oleate della nostra immaginazione giravano e rigiravano, noi cadevamo nel sonno, tra le braccia di un Morfeo che aveva le sembianze una volta di Aladin, un'altra di Peter Pan, un'altra ancora del forte e simpatico Hercules. Quelle storie ci davano pace e, grazie alla morale custodita nelle ultime righe, senza che ce ne rendessimo conto, insegnavano a vivere. Così è sempre stato, così sempre sarà. Nel romanzo di esordio di Chris Colfer, ai due protagonisti accade di vivere esattamente il sogno della mia infanzia: piombare in un libro, svanire tra le sue pagine lette e rilette, cadere dolorosamente sul sedere nel cuore di un bosco pieno di insidiosi lupi cattivi, aiutanti inaspettati, principi e principesse coraggiose, case di pan di zenzero e castelli maestosi. Nella Terra delle Storie. Alex e Conner, dodici anni, sono gemelli, ma i loro caratteri diametralmente opposti compensano alla loro strabilante somiglianza fisica. La prima è una bambina studiosa e pacata, saggia e assennata. Suo fratello, invece, è goffo, irruento, brontolone e colleziona note e rimproveri su rimproveri: sapete, la sua maestra considera l'addormentarsi in classe davvero poco rispettoso. Ma lui si difende, non è colpa sua: è la Storia ad essere mortalmente noiosa, non le sue palpebre ad essere mortalmente pesanti! Battibeccano come tutti i ragazzi di quell'età e, come tutti i ragazzi di quell'età, sono insoddisfatti della loro vita. Ma non sono semplici capricci, i loro: la morte del padre – colui che, con i suoi racconti fantasiosi e allegorici, riempiva le loro giornate – li ha segnati per sempre. Da allora, niente è stato più lo stesso. Non hanno più la loro casa e non hanno più la loro mamma, sommersa da bollette da pagare e da orari di lavoro che hanno fatto della sua professione la sua seconda famiglia. Sono infelici e morti dentro, finché non cadono in una favola. Ritornare nel loro mondo e mettere insieme gli oggetti necessari per esaudire l'Incantesimo del Desiderio – la scarpetta di Cenerentola, una gemma incastonatae nella bara di cristallo di Biancaneve, un pugnale sepolto negli abissi, una ciocca di capelli di Raperonzolo, e altri oggetti ancora - sarà il loro riavvicinarsi alla vita. Avevo sottovalutato l'uscita di questo romanzo. Purtroppo, inizialmente, leggerlo non era nei miei programmi per l'estate 2013. Poi, è arrivata la tragedia a mettere a soqquadro l'allegra famiglia di Glee e, nostalgico e commosso, ho rivisto le prime stagioni della serie TV. Quando tutto era perfetto, e quando Cory Monteith era ancora parte di quella famiglia canterina di attori e talentuosi artisti, diventata, col passare degli anni, un po' anche la mia.
Ho imparato a memoria i video delle loro vecchie esibizioni su YouTube, ho cercato backstage e interviste, ho letto questo romanzo. Sarà una cosa stupida, forse, ma era un modo come un altro per sentirmi più vicino a loro. Chris Colfer e il suo Kurt Hummel non sono mai stati tra i miei preferiti della serie, francamente. Ha una voce squillante, da soprano, che reputo fastidiosissima per le orecchie e modi di fare da “Mr so tutto io” che non me l'hanno mai reso simpatico, pur adorando tutti i personaggi che orbitavano intorno a lui: Blaine, i suoi fedeli amici, suo padre. Attore, regista, cantante, vincitore del Golden Globe e, secondo il Time, ai primi posti tra le persone più influenti del mondo, Chris Colfer – classe 1990 – debutta, con questo suo romanzo, in un mondo a cui faceva il filo sin da bambino: quello magico e luccicante dell'editoria. Dedica il suo libro alla nonna e, nella prima pagina, scrive: A mia nonna, per essere stata la mia prima editor e avermi dato il miglior consiglio sulla scrittura che abbia mai ricevuto: Christopher, credo che tu debba aspettare di aver finito le elementari prima di preoccuparti di essere uno scrittore fallito. 
Sono state queste poche, ironiche righe per far nascere un'impensata alchimia. Ha uno stile semplice e colloquiale, ma le sue descrizioni sono talmente originali e appassionate che un sospetto, naturalmente, balena nella mente del lettore: lui deve essere stato lì. Magari quello è il suo mondo d'origine. Insieme a lui e ai suoi protagonisti camminiamo tra regni lontani e personaggi notissimi, partiamo all'avventura per una caccia al tesoro divertente e spericolata, vediamo il sogno di ogni bambino diventare realtà. Unisce tradizione e innovazione nel riscrivere le fiabe più lette di sempre e, collaboratore non ufficiale dei fratelli Grimm, ha l'audacia di mostrarci i protagonisti dei più indimenticabili “C'era una volta” una generazione dopo e in un ambiente a tratti borghese. Le principesse sono diventate regine, i tanti principi Azzurro sono diventati re di territori in lotta tra loro o legati, altre volte, da alleanze fraterne. I discendenti del Lupo Cattivo hanno messo su una squadra d'assalto per vendicare la morte del loro sanguinariamente illustre avo, la Confederazione Felice e Contenti eredita i diritti e i doveri della nostra ONU, Cenerentola – come la sua collega Kate Middleton – ha un royal baby da presentare ai suoi sudditi. 
E i paparazzi, questa volta, sono ammessi a corte. La dispettosa e frivola Cappuccetto Rosso si contende con la fuorilegge Riccioli d'oro il cuore di Jack – non sarebbe stato meglio, per lui, rimanere tra i giganti in cima al fagiolo magico? Meglio loro che una donna dal cuore spezzato – e la povera Ariel, senza il suo lieto fine, è spuma di mare che, come una presenza, vive negli oceani, struggendosi per un amore impossibile di cui pochissimi sono a conoscenza. La scrittura di Chris, a tratti, è ancora acerba, ma una fantasia che più iperattiva non si può, una simpatia tutta da scoprire e una curiosità alimentata pagina dopo pagina fanno del primo volume di La terra delle storie un libro per l'infanzia pressoché ottimo. Il suo segreto è mantenere l'universalità delle fiabe antiche; parlare ai bambini della generazione di Temple Run – che si divertiranno un mondo nelle scene delle corse in miniera e negli inseguimenti scanditi dagli ululati delle belve – e a quelli, come me, che ripenseranno, per istinto naturale, a Shrek, Tre gemelle e una strega, Simsalagrimm, Once upon a time. La copertina è fantastica e curatissima, come fantastici e curatissimi sono i disegni in bianco e nero che aprono ognuno dei ventiquattro capitoli del romanzo. Sarebbe un film per ragazzi perfetto. O un perfetto musical di Broadway, nello stile di Wicked e Into the woods. Una volta terminato, verrebbe voglia di regalarlo a tutti, tutti. Se l'avessi letto a dieci anni, probabilmente, sarebbe il mio libro preferito, adesso. La trama suggerisce la lettura dai 10 anni. Io amplirei: lo consiglierei a tutti, dai 100 anni in giù. Il mondo sceglierà sempre la cosa più facile da credere. E' più facile odiare, criticare e spaventarsi che capire. Nessuno vuole la verità; il mondo vuole solo lo spettacolo.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Lea Michele & Chris Colfer – Defying Gravity

venerdì 26 luglio 2013

I ♥ Telefilm: Hemlock Grove, Underemployed - Generazione in saldo

Hemlock Grove: una serie TV spuntata sul web da un giorno all'altro e subita discussissima, seguitissima e amatissima. Il trailer – rigorosamente vietato ai minori – proponeva sangue a litri, violenze inguardabili, scene di sesso esplicite e trasgressive, una fantasia malata e inquietante. Soprattutto, sbandierava a grandi lettere il nome del produttore esecutivo della serie, nonché regista di diversi dei 13 episodi che la compongono: l'Eli Roth di Hostel e Cabin Fever. Il re dello splatter e il creatore di horror talmente eccessivi da risultare divertenti, svalvolati, ottimi per una serata con popcorn a palate e amici un po' idioti. Pur essendo un tiepido estimatore di questo “simpatico” regista, ho subito notato che il suo telefilm era tutt'altro, fortunatamente. Strano, originale, onirico, ben scritto e intelligentemente diretto, ammaliante, vagamente vintage. La trama, se raccontata, potrebbe risultare piatta e banale: un ragazzo nuovo in una città piena di segreti, una famiglia onnipresente eppure sfuggente, licei, bulli, amici, omicidi consumati nel bosco e preceduti da ululati emessi sotto la luna piena. Effettivamente banale lo è per davvero, e le dinamiche familiari e i morbosi intrighi ricordano alla lontana quelli di una soap. A rendere oscuro e impenetrabile il tutto è una cappa di paranormale, che prevede cacciatori, licantropi, medium e sortilegi, maledizioni ed esperimenti di scienziati che giocano ad essere Dio. La serie è un carosello di stramberie; una di quelle in cui, spesso, ci sono episodi in cui comprendi poco o niente, ma che comunque ti ipnotizzano e ti spingono a vedere ancora e ancora. Mi è piaciuto, ma non so perché. E' uno di quei prodotti che, se spiegati, perdono tutto il loro fascino. Dà sprazzi di verità, è delirante, eppure dietro a quel velo di stranezza è molto più semplice di quanto sembri. Riesce a tenerti, però, curioso e vigile per tutti gli episodi. Monitorare i comportamenti dei personaggi è un'esigenza. Sono ambigui, incomprensibili, fuori dagli schemi, bellissimi. Uno dei protagonisti è Peter, un diverso: un nomade che vive in una roulotte, che ha barba e capelli lunghissimi e che si attira automaticamente le occhiatacce dei suoi coetanei al suo passaggio ciondolante nei corridoi. Le morti sono iniziate all'arrivo della sua famiglia in città, è uno zingaro e, per tutti, è il colpevole. Accanto a lui troviamo Roman, che, proprio come Peter, ha il fardello di una famiglia che è sulla bocca di tutti. Sua madre – una vedova bellissima e facoltosa – possiede mezza città e, apparentemente, l'antidoto dell'eterna giovinezza. Interpretata dalla sempre affascinante Famke Janssen, è la versione in chiave horror di Victoria Grayson: abiti eleganti, amanti che vanno e vengono, soldi e cattiveria a palate. A completare il quadro di famiglia, Shelley – una ragazza dolcissima, ma affetta da gravi e spaventose deformità – e l'adorabile Letha – che, vergine, ritiene di aspettare il figlio di un angelo apparsole in sogno. I protagonisti, giovani e quasi sconosciuti, possiedono un talento sorprendente. Particolarmente bravo Bill Skarsgård, che sicuramente apprezzeranno anche le spettatrici: inquieto, alto e pallido come Edward Cullen, ma con gli occhi grandi ed inquietantemente espressivi di un cartone di Tim Burton, è il fratello dell'Alexander Skarsgård di True Blood. Season finale macabro, cruento e dannatamente aperto per una delle più grandi scoperte televisive di questo 2013. 

Non mi capitava dalla prima stagione di Glee, forse. Vedere un telefilm e desiderare di essere parte del cast. Sentirmi a casa. Annullarmi completamente in quaranta minuti di finzione veri come la realtà, ma molto più belli. E poi è successo, con un telefilm che, ogni giovedì, in prima serata, dal 19 Luglio, va in onda su Mtv: Underemployed – Generazione in saldo. Scoperto all'improvviso, inaspettato, divertente, sinceramente bello, Undermeployed è un prodotto americano, ma piuttosto atipico per il mercato statunitense. Quando penso alle serie TV girate negli USA mi vengono in mente i vestiti griffati di Gossip Girl, i lussi di Revenge, l'ilarità forzata ma contagiosa di sit-com come New Girl e Cougar Town. Questa, invece, è una serie immersa anima e corpo nella realtà talora triste che tutti noi conosciamo: una realtà di sogni infranti, speranze troppo grandi, precari e lavori saltuari. Sarà proprio per questo che gli spettatori americani l'hanno accolto tiepidamente, facendo sì che la prima serie fosse anche l'ultima, e che io l'ho adorato dalla prima scena. Senza mai essere didascalico o ovvio, riflette con originalità e con il sorriso sulle labbra sulla triste situazione attuale e sulla crisi. Crisi a cui nemmeno gli Stati Uniti di Obama sono immuni, evidentemente. 
Ambientato tra le quattro mura di un appartamento per la maggior parte del tempo, proprio come una vecchia ed efficace sit-com, Underemployed risulta essere molto più ampio, sia per la durata, sia per l'importanza delle tematiche affrontate. Importante. I protagonisti, per fortuna lontani dal mondo di bellissimi e famosissimi a cui siamo abituati da diversi anni, sono cinque ragazzi che, finito il college, si trovano alle prese con la vita d'adulti. Vita alla quale l'università non li ha preparati. Sophia, da sempre brillante studentessa con il sogno della scrittura, si trova a sfornare ciambelline glassate in una sorta di pasticceria e si scopre innamorata, da un giorno all'altro, di un'altra donna. Miles, bello e con un cuore d'oro, vorrebbe volare a Milano e vedere il suo volto – e il suo sedere – nelle pubblicità di Calvin Klein, ma si deve accontentare di partner occasionali e di un lavoro come cameriere. Daphne, perdutamente innamorata del suo capo, lavora come stagista in un'agenzia pubblicitaria. Lou e Raviva – fidanzatissimi sin dal liceo – ancora immaturi e pieni di paura, diventano genitori di una tenerissima bambina, bisognosa di cure costanti e attenzioni... come il loro rapporto tutt'altro che idillico. In un cast perfetto, ma di attori semisconosciuti al grande pubblico, spiccano i volti già noti di Diego Boneta e Sarah Habel: i belli della serie. Lui, nato e cresciuto in Messico, l'avevamo già visto in Pretty Little Liars, 90210 e accanto a Tom Cruise nel musical Rock of Ages, in cui, nonostante con i suoi ventitrè anni fosse il più giovane ed inesperto del cast, aveva stupido con straordinarie doti canore. Lei – simpatica, spontanea, adorabile – ha recitato in Hostel 3, Whip It, The Butterfly Effect: Revelation. La vita prende a pugni i loro sogni di gloria, ma l'amicizia che li lega rimargina ogni livido e ogni difficoltà. Sono una stupenda famiglia, tutti insieme. Mi ricordano la vecchia squadra di Glee, i protagonisti cresciuti di Noi siamo infinito. Mi fanno compagnia, ridere e commuovere. Dodici episodi da vedere e rivedere.

mercoledì 24 luglio 2013

Recensione: Mille baci, e ancora cento, di Laura Sciolla

Ciao a tutti! Oggi la recensione di un romanzo verso cui nutrivo aspettative bassissime, nulle, ma che, invece, si è rivelato inaspettatamente bello. Davvero tanto. Presentato come un romanzo erotico, in Mille baci, e ancora cento l'eros è una delle molteplici componenti che costituiscono un breve, appassionato ed intrigante romanzo storico. Ho sempre adorato i componimenti di Catullo e ho adorato il romanzo di Laura Sciolla, narrato dall'inedito punto di vista di Lesbia. Personalmente, ve lo consiglio tanto. Ringraziando la gentile Mondadori per avermi dato modo di leggerlo, nonostante fossi già preparato al peggio, vi abbraccio e vi auguro buone letture. 
 Noi siamo eterna primavera.  
Titolo: Mille baci, e ancora cento
Autrice: Laura Sciolla
Editore: Mondadori
Prezzo: € 14,90
Numero di pagine: 300
Sinossi: Pervaso di passione e tenerezze, forgiato da liti violente e ardenti riconciliazioni, l'amore senza tempo tra Lesbia e Catullo è sopravvissuto intatto nei versi immortali del poeta. È sua la voce che reclama tanti baci quante sono le stelle e la sabbia del deserto, che intreccia l'odio all'amore, che carezza e ferisce, che prega e accusa, sua è la voce che fino a oggi abbiamo ascoltato. Perduta, proprio come quella di tantissime donne per secoli e secoli, è invece la voce di Lesbia, nobile romana bellissima, straordinariamente anticonformista e conturbante, che qui finalmente riemerge in tutta la sua forza. Attraverso il racconto di lei riviviamo la loro intensa storia, una passione che è scoperta di assoluta libertà, superamento dei propri limiti, godimento dei piaceri del corpo e insieme profonda affinità di spirito, ma anche tormento della gelosia, infinito susseguirsi di bronci e sospetti. Sullo sfondo del clima tempestoso che nel I secolo a.C. segna il passaggio di Roma dalla Repubblica all'Impero, Laura Sciolla tratteggia con tocco sicuro - ispirandosi ai carmi di Catullo e, per le scene più erotiche, agli affreschi dell'epoca e all'"Arte di amare" di Ovidio - il legame altrettanto turbolento fra il geniale poeta e la nobildonna di stirpe antica ma d'animo modernissimo, combattuta fra il desiderio di indipendenza e il bisogno d'amare e di essere amata.
                                                La recensione
Io non ti amo come gli uomini amano un'amante: ti amo meglio, e di più. Ti amo come una madre ama il figlio, e un figlio la madre. Come un fratello ama la sorella. Come il monte ama la grotta che frange il suo midollo di granito. Come il mare ama la spiaggia che si apre alle sue onde, come il cielo ama la terra che accoglie tenera i suoi pianti. Ti amo come amo me stesso. Ti amo più di me stesso. Ogni poeta ha la sua musa. Ogni Dante ha diritto alla sua Beatrice, ogni Leopardi aspetta alla finestra la sua malinconica Silvia, ogni Petrara ama e odia un angelo demoniaco chiamato Laura. Dotate di una bellezza senza pari, di una corona di capelli eternamente biondi e di un incedere che è una danza soave che non fa rumore, queste donne hanno ispirato i cuori e i versi dei più grandi autori di tutti i tempi. Alcune non vissero nemmeno, secondo molti, se non nell'immaginario di romantici e tormentati geni. Non hanno voce. Vengono cantate, da sempre e per sempre. Il romanzo di Laura Sciolla fa sì che una voce, fiera e sensuale, si levi orgogliosamente dal finto mutismo dell'inchiostro su pergamena. Che, da simbolo astratto, diventi donna. Che, da creatura cantata, canti lei stessa, in prima persona, il suo poeta immortale. Tutti la conoscono con il nome che il suo Catullo le regalò: Lesbia. Un nome è un talismano potente: vince il tempo, vince la morte. Dona l'eternità. Lui, nella sua raccolta di carmi, le gridò dolcemente la sua passione e violentemente il suo rancore. Cicerone, nella Pro Caelio, parlando dei misfatti operati da suo fratello Publio, sangue del suo sangue, la chiamò traditrice, viziosa, arpia, cagna. Prepotenti sigilli di cera lacca le marchiarono la pelle nuda. Voci provenienti da ogni dove le attribuirono rabbiosi epiteti. 
Ma chi era davvero questa audace nobildonna per cui i libri di letteratura sanno spendere appena poche, insufficienti parole? Tutti, almeno una volta, hanno desiderato carpire i suoi pensieri perduti. Tutti, almeno una volta, tra uno sbadiglio di routine e una traduzione dal latino, hanno vagheggiato sul gioco di labbra e di sguardi che riempì di gioia e disperazione gli ultimi anni dello sfortunato poeta. Il loro amore è vivo, come la curiosità quando si animano nuove discussioni e teorie su di loro; sempre insieme, sempre innamorati e immortali al pari degli dei dell'Olimpo grazie a un sottile libricino, levigato con la ruvida pomice, in cui i loro cuori esangui continuano a pompare senza sosta emozioni. Si conobbero in una Roma fatiscente - marcia nel suo cuore di monumenti e regge, corrotta nella sua anima immortale. Lei si chiamava Claudia e, quando per la prima voltà lo incontro, pensò alla neve. Così rara nell'Urbe, così pulita e leggera, così fragile e preziosa. Aveva dieci anni più di lui, era la moglie di un uomo a cui si era unita per un matrimonio combinato e, madre della dolcissima Cecilia, verso quel poeta magro e dagli occhi azzurrissimi, provò un naturale ed inarrestabile istinto protettivo. Voleva versargli latte e miele sulle labbra secche attraverso un casto bacio, nutrirlo, abbracciarlo piano per paura di fargli del male, amarlo come non aveva mai amato nessuno dei suoi gagliardi e virili amanti e, pensiero folle, svegliarsi accanto a lui dopo una notte d'amore. Il suo nome indimenticabile: Catullo. Aveva mani affusolate e abili, un animo di vetro, conosceva terre e culti lontani. Alle sue dita, non c'erano anelli: li aveva venduti tutti per pubblicare i suoi scritti, sopravvivere nella più costosa delle metropoli e acquistare libri su libri. La famiglia di lei era proprietaria di un'antichissima e rinomata librera dell'Urbe, invece, in un quartiere che sapeva di fascino, poesia e dell'arome forte della pelle concia. Il loro istintuale ed istantaneo colpo di fulmine è ricordato dalla narratrice con un'immagine significativa ed indelebile: Eros dolceamaro, in groppa ad un cavallo alato, calò su di lei e la rapì, portandola con sè. Ma il loro rapporto, deformato da ripicche e infantili malumori, era stato baciato, sin dal primo istante, in gran segreto, dal bellicoso Marte: il Dio della guerra. Ormai dissoltosi nella gelosia, poi, sarà identificato da una più anziana Claudia nell'immagine cruenta di un condannato, vestito, per scherno, dal leggendario poeta Orfeo e divorato da un branco di animali selvatici per il divertimento del pubblico: la poesia incontaminata dilaniata dalla realtà. Si amano come bambini e si incontrano come ladri; al buio, di nascosto. Per timore che il loro candido amore possa non sopravvivere alla luce del sole. Personalmente, ho provato una paura indicibile e, immagino, giustificata nei confronti di Mille baci, e ancora cento
Scovato per caso tra le uscite di Luglio, l'ho voluto immediatamente, curioso di leggere i retroscena e i segreti di una delle più note delle storie d'amore, raccontata – per la prima volta - da una lei tanto discussa, quanto misteriosa. Nell'acclamato Memorie di una cagna, l'esordiente Francesca Petrizzo aveva avuto il talento e il coraggio necessari per animare i gesti e le movenze del controverso personaggio di Elena di Troia. Le erano serviti una prosa sublime, un po' di sana freschezza giovanile, tanta tanta passione. A narrarci l'amore tra Lesbia e Catullo è, infatti, la stessa Lesbia, a cui il talento tutto da scoprire dell'ottima Laura Sciolla offre una penna raffinata e matura e una voce solida e riconoscibile tra molte. Sfortunatamente, non conoscevo l'autrice - nota soprattutto alle lettrici per lo chick-lit La coguara urbana, nonché preparatissima insegnante di latino al liceo – e, ancora più sfortunatamente, il romanzo, per via di una discutibile scelta editoriale, era presentato come parte di una trilogia pseudoerotica dedicata alle passioni di personaggi storici realmente vissuti. Avevo pensato a Cinquanta sfumature di grigio: paura. Avevo pensato a un volgare porno a base di toghe, intrighi politici e spettacoli gladiatori: scempio. Accanto a L'amore che non perdona – la storia di Paolo e Francesca, sì, ma anche una sorta di romanzo nel romanzo – e a La splendente regina della notte – leggenda orienatale lontana chilometri e millenni dalla cultura italiana -, Mille baci, e ancora cento era, per me, il più pericoloso tra i tre volumi, ma anche il più affascinante, avendo studiato e mai dimenticato le bellissime nugae catulliane. 
Un inno alla mia testa dura: se non fosse stato per lei, non l'avrei probabilmente mai letto e, a lungo, sarei stato tra le fila di coloro che l'avrebbero giudicato senza averlo realmente acquistato. L'impresa era oggettivamente difficile, ma, come ho scoperto soffermandomi solo sull'incipit, l'autrice era oggettivamente brava. I miei timori, per il resto, sono svaniti leggendo. Velocemente, come velocemente è scomparsa l'autrice per cedere parole e vita a Lesbia. Il linguaggio è autentico; retoricamente atteggiato; coperto da una patina arcaizzante, morbida e lieve come un drappo di seta, in cui i vestiti diventano metaforicamente crudeli nemici per gli amanti: una barriera. I complotti sulla presunta voracità sessuale dell'amante del poeta sono messi a tacere, al servizio di una potente storia d'amore che si snoda attorno a tre uomini e a tre momenti. Il primo, cieco amore di Claudia fu per suo fratello, un personaggio scomodo e trasgressivo, verso cui, sin dall'infanzia, la protagonista nutriva un attaccamento ai limiti del morboso, molto più viscerale di quello tra due comuni fratelli. L'ultimo fu per lo spietato Marco Celio Rufo, aitante, con un'anima oscura e pupillo di Cicerone. Un rimpiazzo per dimenticare invano il secondo, quello di una vita intera: Catullo, il solo e unico. Colui che, come tutte le persone che ha amato, è andato via lungo i sentieri della Morte. Laura Sciolla ha osato l'impossibile: fare invecchiare un mito. Una donna con il terrore autentico di essere imprigionata dal “mia” e spasmodicamente in fuga da un singolo pronome possessivo che la vincoli a vita. Come il regista Stephen Frears fece con Glenn Close all'inizio delle Relazioni Pericolose, lei fotografa, nell'ultima parte, le rughe d'espressione, le guance cadenti e il trucco sbavato della più bella e dannata delle muse. Dipinge un ritratto completo e appagante che ha le fattezze di una vera storia d'amore, vissuta da gente mai così vera. Il sesso è una componente tra tante, proprio come lo è in ogni storia. 
Le scene di passione, mai scabrose o volgari, sono dettagliate e lunghe, ma vissute con trasporto sincero e descritte in una forma elegante e delicata. La protagonista sperimenta per la prima volta l'arte del bacio, introdotta dai barbari e involuti galli. I carmi di Catullo, attraverso un gioco di parallelismi ed anticipazioni, come avveniva per la favola di Amore e Psiche inserita nel capolavoro di Apuleio, scandiscono gli intesi momenti della storia di Lesbia. Da mi basia mille è l'inno del loro incontro; Giorni di luce è la cronaca del loro soggiorno tra gli agrumeti, le orchidee e le cerase della soleggiata costa campana; Odi et amo è la crisi; Al tuo cenere muto è la fine. Il tutto è aperto da una splendida esaltazione del valore eternatore della poesia; intervallato dal Carme III, composto per la morte della cinciallegra (Catullo, probabilmente per ragioni metriche, parlò di passerotto) della figlia di Lesbia; chiuso da La cosa più bella di Saffo. Ma Mille baci, e ancora cento non è un romanzo rosa, bensì uno libro storico in cui, accanto all'eros, sono i personaggi ad essere preponderanti. Perché sono gli uomini (e le donne) a fare la storia... Sullo sfondo, quindi, ampio spazio alle riunioni del senato e agli intrighi; minuziose descrizioni di mode, trucchi, spettacoli; istantanee di quartieri malfamati, in cui la prostituzione infantile era all'ordine del giorno e in cui, in squallidi postriboli, nobildonne come la meretrix augusta di Claudio, vendevano loro stesse per capriccio; cenni fugaci all'editoria del tempo; interessanti ricostruzioni di mostruose leggende e di riti di magia nera che, inscenati nei cimiteri plebei da laide fattucchiere, rimandano al gusto per l'orrido e al noir delle tragedie senecane e del VI libro della Pharsalia. A una lettura piuttosto consapevole ho scovato chicche e curiosità, illustri echi letterari e piccole introduzioni personali, ma, probabilmente, l'avrei amato anche se di Lesbia e Catullo non avessi mai sentito parlare. E, subito, mi sarei messo all'opera per conoscere vita e miracoli di un uomo come ce ne sono tanti e come non ce n'è nessuno. Non so quanto ci sia di vero, quanto di falso in quel che ho letto. Ma questo è il potere universale della letteratura. Far rivivere i morti e le passioni sbiadite per via delle nebbie del tempo. Imitare il suono delle voci muliebri perdute nel vento. Evocare un amore straordinario, ordinario, unico, tormentato, sbagliato e irripetibile. Sorprendentemente bello.Dietro la parvenza imbelle, i poeti nascondono armi più pericolose di quelle dei guerrieri. Per i posteri, non sarei mai stata me stessa, ma solo la lasciva, spietata traditrice Lesbia. Nessuno avrebbe pensato che, con il pretesto di cantare Lesbia, Catullo cantava sé stesso: tutti i personaggi della poesia non sono altri che il poeta stesso.
Il mio voto: ★★★★★
Il mio consiglio musicale: Two Steps From Hell - Nero 

sabato 20 luglio 2013

Recensione: Insurgent, di Veronica Roth

La paura è più potende del dolore.

Titolo: Insurgent
Autrice: Veronica Roth
Editore: DeAgostini
Numero di pagine: 510
Prezzo: € 14,90
Sinossi: Una scelta può cambiare il destino di una persona... o annientarlo del tutto. Ma qualsiasi essa sia, le conseguenze vanno affrontate. Mentre il mondo attorno a lei sta crollando, Tris cerca disperatamente di salvare tutti quelli che ama e se stessa, e di venire a patti con il dolore per la perdita dei suoi genitori e con l'orrore per quello che è stata costretta a fare. La sua iniziazione avrebbe dovuto concludersi con una cerimonia per celebrare il proprio ingresso nella fazione degli Intrepidi, ma invece di festeggiare la ragazza si è ritrovata coinvolta in un conflitto più grande di lei... Ora che la guerra tra le fazioni incombe e segreti inconfessabili riemergono dal passato, Tris deve decidere da che parte stare e abbracciare completamente il suo lato divergente, anche se questo potrebbe costarle più di quanto sia pronta a sacrificare
                                        La recensione
Una volta ho letto che non esiste una spiegazione scientifica per il pianto. Le lacrime servono solo a lubrificare gli occhi. Io penso che piangiamo per liberare la nostra parte animale senza perdere la nostra umanità. Perché dentro di me c'è una bestia che ringhia e agogna la libertà. Tobias e soprattutto la vita. E per quanto ci provi, non riesco a ucciderla. Mi sono fiondato a peso morto su Insurgent. Disperatamente. In cerca di una conferma. Stanco di troppe letture carine e basta, di troppi libri da leggere e dimenticare, ho preso tra le mani un voluminoso tomo che ormai da qualche tempo prendeva polvere nella mia libreria: il secondo capitolo della trilogia distopica di Veronica Roth. Era lì che mi fissava da quasi un mese, con quella copertina verde e blu che tutti detestano, ma che a me – in verità – piace parecchio. Mi ero detto di cominciarlo alla fine degli esami di maturità, come un piccolo e prezioso premio di consolazione, ma altri libri più scorrevoli e brevi avevano rimpiazzato la seconda avventura di Tris e Quattro e i miei buoni propositi. Mercoledì pomeriggio l'ho iniziato, sabato mattina l'avevo già finito. Cinquecento pagine divorate in poco tempo. Per me, che nutro una paura segreta verso i libri lunghi, un record. L'ho amato, mi direte voi. Invece no, per la maggior parte del tempo, il romanzo mi ha deluso terribilmente. Divergent si era rivelato un'esperienza esaltante, da capogiro: adrenalinico, originale, imprudente, bello. L'esordio perfetto. Con questo suo seguito, sin dall'inizio, l'approccio non è stato dei migliori. Sarà che non ho una buona memoria, sarà che i personaggi secondari non erano così memorabili come in un primo tempo pensavo, sarà che le mie alte aspettative avevano caricato le spalle della giovane autrice di un fardello che non poteva sopportare con le sue sole forze da intrepida. Insurgent si apre, infatti, nel punto esatto in cui il romanzo precedente si era concluso. Nel caos. Un caos di personaggi e situazioni, di scontri e alleanze. Strappato dalla realtà e condotto bruscamente nel bel mezzo dei fatti, ho provato confusione, disorientamento, capogiri suggeriti non dal brivido dell'azione, ma dal troppo che stava accadendo attorno a me e ai personaggi. 
Leggevo e speravo che le mie idee si schiarissero un po'. Che ci capissi qualcosa. Recuperati i vari tasselli, fatto uno schema mentale di fazioni e protagonisti, ho proseguito nella corsa a perdifiato che la prosa della Roth sa sempre assicurare. Leggevo e vedevo le pagine che mi separavano dalla fine diminuire man mano. Leggevo con piacere, senza annoiarmi un attimo, ma non succedeva assolutamente niente. Sparatorie, fughe, salti nel vuoto e arrampicate pericolose, agguati e tradimenti. Scene di implicita violenza e di fervore assemblate tra loro senza un filo conduttore che fosse unico, senza una trama. Ho avuto l'impressione che l'autrice si fosse giocata tutte le sue carte vincenti nel primo volume, in cui la carne al fuoco era appetitosa e abbondante. Nel sequel, invece, c'era una triste carestia di novità. Di una cosa, però, mi sono meravigliato, e in positivo: la bravura straordinaria di Veronica Roth. Una fuoriclasse. Riempire quasi 300 pagine di puro nulla non è decisamente da tutti. Ed oggettivamente nella prima metà di Insurgent avviene poco o niente. Quindi due sono le opzioni: o lei è un'idiota, o è un genio del male. Personalmente, propendo per la seconda. Tendo a specificare nella prima parte perché, fortunatamente, anche se in corner, il libro trova la via del riscatto nella seconda. L'epilogo è geniale e da mozzare il fiato, i capitoli conclusivi si lasciano divorare con una velocità che non credo sia umana. L'autrice riempie tutto di mistero, mette in discussione situazioni e personaggi, mantiene viva la curiosità sia quando dice tutto e niente, sia quando è tempo dei colpi di scena più importanti. Intrattiene come pochissimi sanno fare. Gli elementi verso cui ho storto il naso sono veramente tanti, innumerabili, ma con un finale davvero ben architettato lei salva tutto e rigira nuovamente le carte in tavola. 
La scelta efficace ed audace di chiudere Insurgent così avrebbe potuto farmi arrabbiare ancora di più, ma la paraculaggine della Roth – non mi vengono altri termini, no: furbizia sarebbe limitativo – me l'ha fatta amare. Lei e la sua protagonista, Tris, sono gemelle separate alla nascita: identiche. Lei è Tris. Le ho odiate di pari passo, ho faticato a seguire le loro fughe a rotta di collo, ma alla fine le ho ritrovate entrambe dove le avevo lasciate. Stare dietro a Tris diventa davvero complicato in questo secondo volume. La sua psicologia è più altalenante, il suo carattere è meno monolitico, le sue scelte sono meno mirate. Sfila in mezzo a traumi e macerie come un'eroina, guarda in faccia la morte una pagina sì e l'altra pure, ma ha sedici anni. E' una bambina. Una ragazzina. Proprio come l'autrice, che è pienamente consapevole di sé e un tantino spietata a soli ventiquattro anni. Accanto a lei, c'è Quattro. Con i suoi incubi, con le sue poche paure, con una famiglia che è un peso mortale, con una tenerezza e una fedeltà verso Tris così poco “intrepida”, ma tutta da scoprire. Tutte le morti di cui il libro è disseminato, inoltre, non commuovono e non sconvolgono come, invece, avveniva in Divergent. Muore un personaggio, ne muoiono due, ne muiono un centinaio e altri ancora, ma è una carneficina continua che non lascia segni nei sentimenti del lettore. Più che altro una domanda ironica: con tutti i personaggi decimati, mortalmente mutilati, feriti o menomati, chi ci sarà in Allegiant? Le atmosfere e le ambientazioni sono più ampie e claustrofobiche di quelle del primo, ma a mio parere questo è un altro degli elementi che fa sì che l'interesse del lettore vada scemando. Senza più la familiarità, il chiasso, il calore e la pazzia che si respiravano nel covo sotterraneo degli Intrepidi viene meno una parte importante dell'anima di Divergent. A circa metà libro, quando Tris e i suoi amici ritornano dove tutto è iniziato, tra quelle grotte e quegli spuntoni di roccia così suggestivi, sono tornato a respirare e a sorridere, davanti a una partita a Paintball all'ultimo schizzo di vernice.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Bastille – Laura Palmer 
 

mercoledì 17 luglio 2013

Recensione: Tutto il cielo possibile, di Luigi Ballerini e Benedetta Bonfiglioli

Ciao a tutti! In questi giorni, sto sfornando recensioni a gogò. Mi meraviglio di me stesso! Oggi, vi parlerò di Tutto il cielo possibile, un libro per ragazzi approdato a giugno nelle nostre librerie. Ringraziando Benedetta e la gentile Giulia dell'ufficio stampa Piemme per avermi dato modo di leggerlo, vi abbraccio e vi auguro buona lettura (:
Cosa credi? Che lasciarsi voler bene sia sempre facile?

Titolo: Tutto il cielo possibile
Autori: Luigi Ballerini e Benedetta Bonfiglioli
Editore: Piemme “Freeway”
Numero di pagine: 204
Prezzo: € 15,00
Sinossi: Adele e Lorenzo si conoscono per caso un giorno d'estate, quando un acquazzone li costringe a rifugiarsi all'asciutto in un bar. Vogliono iscriversi entrambi a un corso di teatro, ma non potrebbero essere più diversi. Adele è riflessiva, le piace leggere e starsene per i fatti suoi, mentre Lorenzo è il classico bel ragazzo tutto muscoli che una come lei nemmeno la guarda. O almeno questo è quello che pensa Adele... E mentre a poco a poco imparano a conoscersi, ad aprirsi l'uno all'altra, a innamorarsi, capita la cosa più strana della loro vita. Perché quel bar è tutt'altro che normale: quel bar con i mobili anni Cinquanta e la musica fuori moda apre una porta verso il passato. Un varco che costringerà Adele a fare i conti con il mistero che avvolge suo padre, che non ha mai conosciuto ma che non ha nemmeno mai dimenticato.
                              La recensione
Non avevo mai detto ti voglio bene a qualcuno prima di oggi pomeriggio. Tranne quelle scritte in pennarello glitter sul diario di scuola, un nome e un TVB che avrebbe potuto essere anche senza nome perché alla fine è solo una gran voglia di amare quello che hai dentro. Mai avuto un fidanzato vero, mai avuto un padre vero, mai amato mia madre per davvero. Ora so cosa è amare. Strano il destino. Imprevedibile e armonioso. Mi stupirò sempre dinanzi alle trame intricate e alle svolte imprevedibili con cui, almeno una volta nella vita, ci condurrà nel luogo giusto al momento giusto. Nel luglio dell'anno scorso, complice lo sciabordare melodico del mare, leggevo il romanzo d'esordio di Benedetta Bonfiglioli. Pink Lady era stata la quarantatreesima lettura del 2012. Esattamente un anno dopo, nelle librerie, è arrivato il suo secondo romanzo, scritto a quattro mani con il collega e amico Luigi Ballerini. Un titolo che nomina il cielo e che trasmette un senso di libertà senza confini. Una copertina che raffigura un bacio sul fondo del mare. Amore e freschezza. Questo è Tutto il cielo possibile. Il quarantatreesimo romanzo del mio 2013. Ma non esistono coincidenze... o forse sì? Se lo domandano anche i giovani protagonisti di questo young adult tutto italiano, mentre, bagnati fradici e un po' timidi, in un pomeriggio di pioggia improvvisa, trovano rifugio in una latteria d'altri tempi. Un signore rugoso e sorridente alla cassa, una radio che trasmette pezzi nuovi e vecchi, il cappuccino più buono della città. A fare la telecronaca di quel pomeriggio nuvoloso e bagnato è la sedicenne Adele. I responsabili del suo corso di teatro sembrano aver dato forfait alle prime spruzzate di pioggia, la sua casa è accogliente come il calderone di una strega dedita alle arti oscure, il ragazzo belloccio seduto accanto a lei – Lorenzo – sembra avere una voglia matta di fare quattro chiacchiere, quando lei vorrebbe soltanto godersi i miracoli del silenzio giusto una manciata d'ore. Scomparire e basta, magari. Nella Bibbia dell'adolescente medio c'è scritto che i genitori non possono sbagliare. E' una verità sacrosanta. Lei sì, ha solo sedici anni. E un tatuaggio, un piercing al sopracciglio, un motorino con cui sfreccia per la città, sfidando il gelo o la calura estiva. Tutto, in lei, grida ribellione. E' una ragazza matura e posata, che ama la lettura, la buona musica e la scuola, ma come ogni sua coetanea adora il brivido della sfida. Essere disobbediente. Risponde male, ha sempre una parola poco felice per il prossimo, ha modi bruschi e poco femminili, odia sua madre. Un copione destinato a ripetersi in ogni famiglia, in ogni regno d'adolescente con le scatole girate e il mondo contro. Se suo padre è morto, è colpa di sua madre. Se è nervosa, è perché ci sono lei, le sue unghia smaltate di bianco e il suo nuovo compagno nelle vicinanze. Se è felice, è perché lei e le sue pretese d'adulta non sono nei paraggi. E' la sua miglior nemica
Senza di lei non ci sarebbe confronto. Senza confronto – e senza una mamma – non ci sarebbe vita. Lorenzo, invece, è il ragazzo perfetto e dall'esistenza apparentemente perfetta. Ad Adele sembra uscito dalla famiglia felice del Mulino Bianco. E' bello, affabile, ha modi gentili e le spalle larghe. Ha muscoli, cervello, un sorriso che manda in tilt i sistemi della scontrosa protagonista. Vorrebbe picchiarlo, a volte. Altre, non lasciarlo andare, nemmeno per un momento, via dalla sua vita. Il cielo, visto con lui, è più bello. Il mondo è un'avventura. Adele non è un'appassionata di fantascienza, ma Lorenzo, sempre loquace e preparatissimo, ha due illustri criteri di paragone per delineare la serie di strani viaggi che li vogliono come protagonisti assoluti: Matrix e Ritorno al futuro. Il pittoresco locale che è diventato il loro rifugio improvvisato spalanca una porta sul passato; loro possono viaggiare indietro nel tempo. Nel 2000 usciva il primo capitolo della trilogia con Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss. Nel 1996 le radio passavano Ramazzotti e la sua Più bella cosa. Nel 1989 i jeans erano a vita alta, i capelli cotonati, i fianchi ancora stretti e i sogni ancora vivi. A legare tante epoche diverse sono i lacci sfilacciati di Coverse sempre uguali – anche se adesso, come mi ripete spesso papà, le paghiamo a peso d'oro – e la presenza di due persone che Adele conosce o ha conosciuto molto bene. Una ragazza con l'ambizione di sfondare nel mondo della moda e un giovane dottore dai capelli rossi e con la predilezione per le sciarpe più particolari. I suoi genitori. Quando erano entrambi giovani, quando la sua nascita non ancora li aveva uniti, quando non c'erano segreti nella famiglia De Vecchi. Tutto il cielo possibile è una lettura perfetta per i ragazzi e perfetta per rilassarsi: spigliato, malinconico, dinamico, piccolo e in parte universale. Gli autori – con dodici anni a differenziarli – sono di due generazioni diverse e sanno parlarne a illimitate: nonni e nipoti, insegnanti e studenti, genitori e figli. Vecchio e nuovo si annodano turbinando nel vortice di spuma e latte di un cappuccino servito in un bar speciale. 
Un cappuccino pagato sfilando un pugno di lire dal portafoglio, bevuto sulle note di hit indimenticabili, girato e rigirato riflettendo cautamente sulla malattia, la diversità, la forza della vita. La prosa semplice, giovanile e talora vibrante di Luigi e Benedetta regala momenti di pura spensieratezza, ma mai vuoti. Si ha l'impressione di crogiolarsi in una delicata apnea da bacio; mai di aver sprecato tempo prezioso. Pink Lady – forse più memorabile: inevitabile il confronto – mi aveva scosso l'anima, portando me e la protagonista a dare un calcio poderoso al dolore. A uscire più forte da quel dramma violento e toccante. Questo, invece, anche se, a mio dire, meno travolgente del precedente, ha calato su di me una cortina azzurro cielo di sogni lievi e rilassanti. Le duecento pagine che compongo il volume volano nell'aria calda di Luglio, sfogliate dal vento e da dita che vogliono conoscere rapidamente l'epilogo di questo grazioso romanzo di formazione, e io mi sono sentito soddisfatto, sereno, riposato, saggio. Giusto un po' vecchio. Tutto cambia, ed in fretta. I cantanti e le boy band scompaiono come meteore, ogni anno ha il suo colore e le sue mode, ogni generazione ha i suoi miti. Io ricordo quasi tutti quelli citati nel corso del romanzo, pur avendo solo due anni in più di Lorenzo e Adele. Unica critica, se posso, il prezzo eccessivamente alto, se rapportato al numero di pagine. Leggermente eccessivo e frenante, pur se in relazione a un edizione carinissima e senza imperfezioni. Dovrebbe essere un libro da portare al mare per avvicinare un adolescente pigro alla bellezza della lettura. Da sottolineare, sporcare, vivere con l'intensità dei quattordici-sedici anni. Tutto il cielo possibile invita i più giovani ad aprirsi agli altri e al mondo intero. Ad abbattere barriere fisiche, spaziali e temporali. A spalancare le porte del cuore su un posto chiamato casa. Adele, senza Lorenzo e una mamma non ancora stanca di amare, sarebbe una mela acerba sul ramo di un albero solitario. Una Pink Lady senza riscatto alcuno. Ma l'io, senza il tu, non esiste.
Un mondo complicato in cui essere felici è complicato, ma possibile; in cui volersi bene è complicato, ma indispensabile; in cui non si può non scegliere, non volere, ignorare, starsene ai margini, sul bordo. Devi entrare e sbucciarti le ginocchia quando cadi e avere freddo quando resti troppo a lungo nell'ombra del non amore.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Jovanotti – Ti porto via con me

martedì 16 luglio 2013

Recensione: Colpo di fulmine, di Jennifer Bosworth

Titolo: Colpo di fulmine
Autrice: Jennifer Bosworth
Editore: Corbaccio
Numero di pagine: 339
Prezzo: € 17,60
Sinossi: Mia Price è drogata di fulmini. E sopravvissuta a infinite scariche elettriche, ma la sua dipendenza dall'energia scatenata dai temporali mette in pericolo la sua vita e la vita di chi le sta intorno. Per questo si sente tranquilla a vivere a Los Angeles, perché i temporali sono rarissimi. Ma quando un terremoto devasta la città, il posto che lei credeva il più sicuro al mondo si trasforma letteralmente in un inferno. Le spiagge diventano gigantesche tendopoli e il centro è una terra perduta dove spadroneggiano bande di saccheggiatori e assassini. Due gruppi di fanatici si contendono il governo della città ed entrambi vedono in Mia una conferma alle loro concezioni apocalittiche, perché credono che Mia sia connessa alla tempesta elettrica che ha preceduto il terremoto e che si ripresenterà ancora più letale. Mia vorrebbe potersi fidare di Jeremy, affascinante ed enigmatico, che ha promesso di proteggerla e verso il quale si sente attratta da una forza e una passione irresistibili, ma dentro di sé teme di essere ingannata. E solo quando tutto sembra perduto e la catastrofe finale sta per abbattersi sulla città, Mia capirà come usare il suo potere per salvare le persone che ama. E capirà se Jeremy la ama davvero...
                                                  La recensione
Drogarsi logora la vita. Marchia indelebilmente la pelle. Regala vibrazioni, un brivido di illusoria felicità lungo una dose. Poi ti uccide, lasciandoti in un'anonima stanza d'albergo, solo e abbandonato. Senza il conforto di nessuno, senza il sostegno di una famiglia che la droga ha bruciato insieme alle tue cellule cerebrali. Se ne parla sempre, ma evidente non è abbastanza. Lo mostrano le giovani vite stroncate, le fidanzate in lacrime, i cimiteri pieni di fiori e di tombe bianche come il candore della gioventù. Chiosa superflua, forse, fuori luogo, ma certamente doverosa. Necessaria. La dipendenza è un male e Mia Price, diciassette anni, conserva le cicatrici frastagliate ed eterne che i fulmini le hanno procurato su tutto il corpo. Non ha bisogno di uno spacciatore, di un cattivo amico che la conduca per la strada più pericolosa, ma di un cielo in tempesta. Vuole la pioggia nei suoi capelli, il vento lungo le sue braccia spalancate all'aria, il fuoco nelle sue vene. La sua droga sono i fulmini. Quegli squarci di luce nel cielo l'hanno colpita una volta, e adesso non desidera altro. Ha una febbre che le infuoca il sangue. Dopo un incidente rivelatosi miracoloso, Mia accetta di trasferisi con la mamma e il fratello minore a Los Angeles, la città degli angeli e del caldo perpetuo. Niente piogge, niente temporali. Eppure sarà L.A. l'occhio del ciclone. Il centro dell'Apocalisse. Un disastroso terremoto la rade al suolo e, sulle sue macerie, nuove comunità prendono rapidamente vita, mentre la povertà dilaga e il mondo intero aspetta, con timore e fanatismo, la fine di tutto. Braccata da un misterioso sconosciuto, contesa dai Candidi e dai Cercatori, Mia dovrà prendere da sola la decisione giusta. Capire da che parte stare. Da lei dipendono la Salvezza e la Dannazione, l'amore e la libertà. I tarocchi e alcune visioni ad occhi aperti le hanno rivelato il suo futuro: la Torre e gli Amanti. La morte e la passione. Il suo destino sembra già scritto, ma nulla è inciso nella pietra. Pietra che la violenza del fulmine può deformare, trasformare in sabbia sottile. Fulmine che può distruggere e guarire. Jennifer Bosworth, nel suo romanzo d'esordio, sceglie di cimentarsi con una storia innovativa, orginale e dalle mille potenzialità. Anche pericolosa, a tratti. E' inevitabile fermare la catena di pensieri e ricordi che rimandano il lettore a L'incendiaria e a Carrie, perfino alla Torre Nera. A Stephen King. L'autrice, tuttavia, non ricorda un'esordiente alle prime esperienze nel mondo dell'editoria. E' abile, ha uno stile ottimo, suggerisce immagini forti e nitide. 
Moglie di un produttore cinematografico, nonché sceneggiatrice, la Bosworth sa indubbiamente il fatto suo. Si respira un'aria da film hollywoodiano e ogni singola pagina ha una taglio quasi cinematografico. Incisivo, d'impatto, scenografico. Cosa che si percepisce sia leggendo le appassionate descrizioni fuoriuscite dalla penna dell'autrice, sia soffermandosi a guardare la copertina e lo spettacolare booktrailer dell'edizione americana. Le cose belle piacciono a tutti, colpiscono l'occhio di chi sa guardare con curiosità, e la Bosworth lo sa eccome. Sa intrattenere. Quello è il suo più grande pregio e il suo più grande limite. Alcuni elementi del suo Colpo di fulmine, non lo nascondo, lasciano a bocca e ad occhi aperti. Incantati come davanti a un sublime spettacolo naturale. Non si leggono; si guardano, quasi. Altri, invece, pur non influendo sul ritmo di una lettura sempre e comunque rapida e scatenata, proprio non convincono. E, tirando le somme, sono i secondi a prevalere, sfortunatamente, sui primi. E' innegabilmente ben scritto, ha un'idea di base accattivante come poche, una traduzione che – personalmente – ho trovato perfetta, ma mi è mancato tutto il resto. Come se la storia fosse solo un canovaccio, nonostante i vari dettagli, mai passata dalla potenza all'atto. Il punto è che l'autrice si sofferma su quelli sbagliati, di dettagli. E un plot che prometteva scintille, si rivela soltanto parte di un ennessimo-pseudo urban fantasy ambientato tra gli armadietti di un liceo in rovina. 
Amori lampo compreso – perdonate il gioco di parole! La protagonista ha un passato affascinante, una situazione familiare che non annoia mai e poi mai, un avvenire per lei spaventoso e per noi lettori favoloso: peccato che la sua storia, nonostante uno catastrofico scenario vagamente distopico, si svolga quasi tutta nella sua scuola. Lì avvengono i discorsi più importanti, lì le vengono rivelate le profezie che la riguardano sin dalla nascita, lì scoppia il colpo di fulmine con Jeremy - un ragazzo bello, ma con un segreto bruttissimo. Quello stesso terremoto che ha messo a soqquadro il mondo e la psiche dei vari personaggi, scavando fratture nel terreno e nella struttura friabile della società americana, ha cambiato tutto, ma non un comune liceo. Se fuori c'è una gara per la sopravvivenza, dentro a quelle quattro mura di mattoni ci sono le stesse invidie, le stesse cricche, le stesse storie sentite e risentite. Al posto di atleti e cheerleader troviamo gli intrepidi Cercatori – a metà tra i dark e gli sportivi - e a sostituire gli “allegri” membri del Club della Castità e i fanatici religiosi, invece, ci sono i Candidi: abiti bianchissimi, Bibbia costantemente alla mano, una guida spirituale dall'anima nera. Con la scuola pubblica tristemente in crisi già ai giorni nostri - con edifici non a norma e licei che non possono offrire gesso, sapone, fotocopie – che l'istruzione sia sopravvissuta, più intatta di quando lo sia attualmente, alla morte di ogni altra istituzione la vedo difficile a dir poco... Il futuro architettato dalla Bosworth è vicino nel tempo, eppure incredibilmente poco probabile. Non convince. Sono presenti incongruenze, elementi stridenti, ingenuità talora difficili da ignorare sparse un po' ovunque e, inoltre, benché la storia termini con un finale perfettamente esaustivo, si ha l'impressione di aver capito davvero poco del ruolo ambiguo della protagonista Mia. Gran peccato! L'esordio di Jennifer Bosworth è un'occasione mancata: le potenzialità c'erano e, alla fine, non è assolutamente un brutto libro, se non fosse per un intreccio a tratti sconclusionato a dir poco. Letti i ringraziamenti e ripostolo sullo scaffale, verrebbe da esclamare: “Ok, ho capito. E allora...?!”. Colpo di fulmine non è un lampo, ma un tuono. Brilla poco, ma fa tanto, tanto rumore.
Il mio voto: ★★ ½  
Il mio consiglio musicale: Linkin Park – In the End