giovedì 26 dicembre 2013

La mia lettera a Charlie: recensendo Noi siamo infinito, di Stephen Chbosky

E i libri che hai letto sono già stati letti da altre persone. E tutte le canzoni che hai amato sono state ascoltate da altre persone. E la ragazza che tu trovi carina è carina per altre persone. E ti rendi conto che, se considerassi queste cose quando sei felice, ti sentiresti alla grande, perché quella che stai descrivendo è "l'armonia".

Titolo: Noi siamo infinito – Ragazzo da parete
Autore: Stephen Chbosky
Editore: Sperling & Kupfer
Numero di pagine: 272
Prezzo: € 16,90
Sinossi: Fra un tema su Kerouac e uno sul "Giovane Holden", tra una citazione da "L'attimo fuggente" e una canzone degli Smiths, scorrono i giorni di un adolescente per niente ordinario. L'ingresso nelle scuole superiori lo lancia in un vortice di prime volte: la prima festa, la prima rissa, il primo amore - per la bellissima ragazza con gli occhi verdi che quando lo guarda fa tremare il mondo. Il primo bacio, e lei gli dice: per te sono troppo grande, però possiamo essere amici. Per compensare, Charlie trova una che non gli piace e parla troppo: a sedici anni fa il primo sesso, e non sa neanche perché. Allora lui, più portato alla riflessione che all'azione, affida emozioni, trasgressioni e turbamenti a una lunga serie di lettere indirizzate a un amico, al quale racconta ciò che vive, che sente, che ha intorno. Dotato di un'innata gentilezza d'animo e di un dono speciale per la poesia, il ragazzo è il confidente perfetto di tutti, quello che non dimentica mai un compleanno, quello che non tradisce mai e poi mai un segreto. Peccato che quello più grande, fosco e lontano, sia nascosto proprio dentro di lui.
Il mio voto: ★★★★★
Il mio consiglio musicale: Heroes – David Bowie; Asleep - The Smiths

Caro Charlie,
ti scrivo. Non so ancora cosa, ma ti scrivo: tu stanne certo. Mi viene in mente, in questo momento, una vecchia e malinconica canzone di Lucio Dalla e, se non sapessi con certezza quasi matematica che tu non l'hai mai ascoltata, be', allora te ne scriverei qualche rigo qui. Per ricordati, magari, una bella canzone e un momento bello; una canzone datata e un momento datato. Per tentare, ed inutilmente, di creare la stessa complicità che c'era – tra te, Patrick e Sam – quando, accucciati sui sedili posteriori della vostra macchina o stravaccati su una poltrona mangiata dalle tarme e da cicche di sigarette mai spente, parlavate degli Smiths e della vita, dei Nirvana e dell'amore, dei Beatles e del futuro. Soprattutto, te la scriverei per combattere il troppo bianco e riempire il troppo spazio vuoto. Essenzialmente, per rompere il ghiaccio. Fior di metafora, chiaro: è il venticinque Dicembre, ma il mio è stato un Natale senza neve e senza sprechi, senza regali costosi e senza botti. Fa caldo per essere pieno inverno e, seduto da solo al tavolo del salotto, a sei minuti dalla mezzanotte, sto benissimo, anche se ho la maglia del pigiama a rombi ficcata nei pantaloni, i calzettoni sfilacciati tirati fin sopra ai polpacci e percezioni sballate di cui faresti meglio, immagino, a non fidarti. Ci sono le pastorelle del mio presepe, però, a testimoniare che si sta caldi. Sono andate a ballare, pensa un po'. 
Al muro non c'è una palla da discoteca tutta luccicante, ma un poster dozzinale, e con le cicatrici incancellabili del nastro adesivo, che dovrebbe rappresentare una piccola e innevata Betlemme: uno sfondo di carta blu sotto cui, io e mio fratello, con la solerzia che non avevamo da bambini e con la mancata immaginazione che abbiamo perso da adolescenti, abbiamo sistemato foreste di muschio più alte delle statuine stesse, capanna, mangiatoia e immancabile Sacra Famiglia, completa di affettuosi animali domestici al seguito – bue e asinello. 
E le famose pastorelle, ovvio, che, prima che i Re Magi arrivino a guastare i loro piani di giovani ribelli, con i loro panieri di plastica, le loro pecorelle imbalsamate appresso e i vestiti a fiori dipinti a mano, si scatenano. Le loro ombre si spostano a scatti, sembrano ballare. Il telecomandino per regolare le illuminazioni è sparito chissà dove, sotto la tovaglia lunga fino al pavimento, e le lucine dorate arrampicate sul tetto della capanna imbiancata da una neve che è di borotalco (è di borotalco davvero, avevamo finito quella finta!) fanno il comodo loro. E' l'anarchia. Si sono stabilizzate, adesso, su un motivo molto sobrio che – facendole accendersi e spegnersi, facendelo fare tuz, tuz, tuz... - ricorda una discoteca invasa da flash stroboscopici, che, a loro volta, mi ricordano perché – perché, perché e perché! - io detesti profondamente e sinceramente le discoteche. Le pastorelle sono state al veglione di Natale, e io sono stato in compagnia tua. Che mi hai parlato attraverso un libro. Qualcuno direbbe che delle statuine inanimate hanno avuto una serata più eccitante della mia, ma quel qualcuno è, tra tante cose brutte brutte che non voglio dire con il bambino Gesù da poco in casa, un vero bugiardo. Io non lo sono ed è per questo che ti rivelo due cose: perché non sono un bugiardo e perché tu, Charlie, sei mio amico. Numero uno: è stata Wikipedia a dirmi che Gesù è nato a Betlemme e non a Nazaret; ma la colpa è tutta di Zeffirelli e di quel suo film da titolo tremendamente ingannevole. Numero due: sempre Wikipedia mi ha detto che Caro amico ti scrivo la cantava Lucio Dalla e non Antonello Venditti, e capirai che per me è stata una rivelazione. Ha riscritto la storia di questa lettera. Se il pezzo che avevo in mente fosse stato di quell'incubo ambulante dai vibrati caprini che ha segnato le notti in bianco di generazioni di maturandi, non l'avrei nominato nemmeno di striscio e, di conseguenza, non avrei avuto il mio inizio. Non fa una piega, no? E poi tu sai che gli inizi sono la cosa più importante. Gli inizi e gli arrivi. Ma io mi sono perso, in mezzo a queste ghirlande sintetiche di pensieri ingarbugliati, e ho il presentimento che potrei non arrivare mai. Ti ho conosciuto un anno fa: l'ultima notte del mondo. I Maya lo avevano predetto, Giacobbo lo aveva scritto, Mistero ne aveva parlato e io, fino al giorno prima, c'avevo beatamente riso sopra. Poi le luci avevano cominciato a tremolare, le porte a sbattere e il cielo, fuori, a scatenarsi, con tuoni fragorosi e una conciliante pioggia da Antico Testamento. Nell'ipotesi lontanissima che tutto si fosse rivelato vero, avrei sprecato l'ultima sera vestito del mio vecchio pigiama e delle mie nuove paranoie. Stupido. Deprimente. La mia scelta, allora, ricadde su un film in lingua originale, praticamente sconosciuto, la cui uscita, in Italia, era prevista per l'anno successivo. Avrei potuto vedere, almeno, uno spicchio di futuro. Si chiamava The Perks of Being a Wallflower, quel film, e parlava proprio di te. Ti piacciono i bei film e le belle canzoni e qualcosa mi dice che anche il tuo film ti andrebbe a genio. Ora respira. Niente panico. Cal-ma. Sì, hanno violato un tantino la tua privacy, e sì, le tue lettere non sono arrivate, alla fine, alla destinazione desiderata, ma io voglio essere egoista e voglio urlarti, a squarciagola, che non importa. Lunga vita ai postini inseguiti dai cani e alle buche delle lettere invertite per errore, lunga vita ai disastri poco splendidi e ai ritardi poco eleganti delle poste di tutto il pianeta Terra, lunga vita a Stephen Chbosky, al suo cognome orribile e alle sue mani che sanno fare miracoli. Lunga vita a te, amico mio. In tuo onore, religiosamente, alzo la mia tazza di ceramica, manco fosse il Sacro Graal, e mi schizzo tutto di camomilla. Bleah, sembra pure pipì! Noi siamo infinito è stata la mia storia da fine del mondo; sin dal primo istante, sin dall'anno scorso. Quella che mi ha fatto compagnia, curando la malattia più grave di cui il cuore di quel ragazzo sveglio nel mezzo della notte potesse soffrire: la solitudine. Leggerti ha significato scoprire una perla di inestimabile valore nascosta nella cassetta delle lettere, tra le cartoline natalizie, i volantini dei discount a buon mercato e gli immancabili opuscoli dei testimoni di Geova. Fare un regalo a sé stessi, alla vita. E io mi ti sono regalato. Quando ero arrabbiato con tutti, e non volevo incontrare nessuno di mia conoscenza con cui scambiare chiacchiere piene di auguri e d'ipocrisia, e avevo venti euro – nel portafoglio – e poco altro. Quando ho capito che era arrivato il momento di venire a bussare alla tua porta e di vederti lì, sull'uscio, calmo, sereno, con gli occhi pieni di pace - perché ho sentito che sei uno che ascolta e che capisce e perché, alle feste, non cerchi di portarti a letto le persone, anche se potresti.
Chissà che faccia avresti, chissà che faccia avrei, chissà che faccia avremmo. Io sento che ti riconoscerei, anche se tu avessi un viso diverso da quello del bravo Logan Lerman e la Sam accanto a te non fosse quell'incanto di Emma Watson. E tu... tu mi riconosceresti? Io ho un'idea assurda, un'idea fissa: lettera dopo lettera, ricordo dopo ricordo, tu ti stavi rivolgendo a me. E per tutto il tempo. Io lo so. Io ci spero. Perché tu scrivevi a me, giusto? Ho bisogno che tu mi menta. Ho bisogno che tu mi dica di sì.
Perciò, anche se l'ultima volta che ho scritto una lettera è stato per un tema di quinta elementare, consegnato a un maestro di scuola decisamente meno ispirato del tuo signor Anderson, io voglio inviarti una risposta. E la cosa è stranissima, perché il Charlie di cui ho letto aveva sedici anni e, all'inizio degli anni '90, cominciava il primo anno di liceo. Ma il me stesso di adesso, che di anni ne ha quasi venti e il liceo l'ha già finito a luglio, in quegli anni viveva giusto nella mente dei suoi genitori e in “banchi” di disgustosi spermatozoi tra cui, nella corsa più importante, alla fine, sono arrivato primo. Sono più grande e più piccolo di te. Dunque, tu potresti perfettamente essere il mio fratellino minore e, allo stesso tempo... che ne so... mio padre, se, nei tuoi primi goffi e precoci approcci sessuali sul divano rosso di Mary Elizabeth, non avessi usato le giuste precauzioni. Ti saresti potuto ritrovare con la gonorrea, o con un figlio della mia età a carico: addirittura con entrambe le cose. Tuo nonno ti avrebbe insultato, i tuoi ti avrebbero messo in punizione, tua sorella – in lacrime – avrebbe ricordato il piccolo segreto tra voi e quella volta in cui dormì sotto un plaid, sul sedile posteriore della tua macchina, Patrick avrebbe riso. Oh, sì, Patrick avrebbe riso senza più smettere. Sam, invece, ti avrebbe sorriso, confidando nelle tue doti di giovane padre e nel tuo grande cuore di essere umano, immaginando, in silenzio, l'amore che quel bambino avrebbe ricevuto e gli occhi che avrebbe avuto se quel neonato fosse stato, in fondo, il vostro. Io ti avrei voluto come compagno di banco, non come genitore: ci saremmo conosciuti in un laboratorio di cuori solitari e ulcerati, anime affrante e orologi di legno e, in una mensa piena di estranei, ci saremmo seduti nel tavolo più isolato di tutti, io con i miei pensieri e tu con i tuoi. Senza disturbarci, ma facendoci compagnia. Per il bisogno di sentirsi vicini e di fare da tappezzeria, insieme. Entrambi con l'abitudine di scrivere tanto e di parlare poco, di sedersi a ginocchia strette e con le mani sempre in tasca, di non intervenire a lezione per paura di attirare qualche attenzione di troppo, di cantare in playback con le cuffiette premute nelle orecchie, di voler essere scrittori anche senza una storia da scrivere, di trovare un'occasione buona per vestirsi tutti eleganti, di andare a feste in cui fare da reggimoccolo alle coppiette innamorate di turno e stare seduti su un divano pieno di gente che pomicia è il massimo dell'aspirazione. Seriamente. Tu sei stato nella mia testa e io sono stato nella tua. 

Hai rubato i miei pensieri tristi e le mie ansie, i miei complessi di inferiorità e i miei timori e, qualche volta, quelle tue parole messe così, nero su bianco, facevano un rumore familiare, che ricordava quello dei miei pensieri inespressi e delle mie emozioni difettose. Come se milioni di telecamere a circuito chiuso, puntate nella mia piccola stanza e sul mio piccolo mondo, avessero carpito le ingenuità, l'intensità e la fragilità del mio sentirmi adolescente. Come se tu fossi me stesso. Ci siamo voluti bene, Charlie. E tu mi hai insegnato a volermi ancora bene, e meglio di prima. Nelle tue lettere c'ero io, insieme agli amici folli ed altruisti che desidero da sempre, e all'amore che penserei, un giorno, di meritare. C'erano sofferenze che ispiravano trionfi, valori e sentimenti, musica, immagini, poesia vera. Grandi persone, con dolori annessi, e grandi emozioni, con lacrime amare e sorrisi aspri racchiusi nella stessa pagina. Io odio i punti esclamativi, ma questa lettera dovrebbe esserne piena, per ricordarmi di tutte le volte in cui mi hai fatto ridere di cuore, imbarazzare, alterare; per ricordarmi quanto, quanto e quanto ti abbia invidiato i baci della delicata Sam, gli abbracci improvvisi del simpaticissimo Patrick, la voce ruvida di David Bowie, percepita per la prima volta nelle casse dell'autoradio, e quella sensazione di essere eroi, anche se per un giorno soltanto. Con il mondo ai tuoi piedi, le tue persone preferite accanto e l'infinito ad un passo, alla fine del tunnel. Io odio anche i puntini di sospensione, ma questa lettera dovrebbe essere piena zeppa anche di quelli lì, per le mille volte in cui mi hai lasciato affranto e svuotato. Tra l'altro, io odio ancora di più le pubbliche manifestazioni d'affetto, ma credimi quando dico che ho voluto più bene a te, per un giorno, che ai miei parenti, per tutta la vita. E adesso non vorrei lasciarti andare più via. Insieme alla tua storia, il mio libraio mi ha dato un taccuino verde pieno di adesivi, con frasi che non avresti mai immaginato, da giovane, potessero rappresentare tanti ragazzi da parete come noi. Ho provato a scrivere questa stramba lettera sul taccuino, ma con una di quelle penne cancellabili delle elementari, che pensavo francamente non avrei usato più in questa vita. L'ho usata eccome, invece. Ho cancellato tutto quello che avevo buttato giù. Da ordinata e tondeggiante, la mia grafia sarebbe diventata obesa, insolente, indisciplinata. Voleva evitare di raccontare la cronaca del nostro inevitabile addio; diventare qualcosa che è simile all'infinito verso cui, ti prometto, mirerò. Ma, come diresti tu, suppongo sia OK. Suppongo sia tutto. Smetto di scriverti che è ormai un nuovo giorno. La camomilla è fredda; il mio stomaco brontola; i miei occhi si chiudono, stanchissimi. Stacco le luci psichedeliche del mio presepe e l'ombra danzerina delle pastorelle muore, nel buio. Alla prossima festa, ballerò io. Lo giuro.
Sempre con affetto,
M.
25/12/2013

35 commenti:

  1. Dovrebbero fare un'edizione col taccuino di tutti i libri belli, e dovrebbero mandarle a te, così tu potresti sperimentare e cancellare a biro e io potrei leggerti e tutte le volte sorprendermi e spostare l'asticella immaginaria della mia stima verso l'alto.
    Perché ogni volta che apro il tuo blog io so già che leggerò la Cosa Più Bella Che Tu Abbia Mai Scritto.
    Fino al prossimo post :)

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  2. Emozionantissima ed estremamente personale. Il sogno di ogni lettore, trovare il proprio alter ego libresco... direi che tu sei arrivato al traguardo.
    E' uno di quei libri di cui vorresti un seguito per sapere come continua, ma nello stesso tempo non lo vorresti perchè sai che non sarebbe all'altezza.

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    1. Grazie, Giuls! Sì, per me è stato esattamente così. Ho trovato il mio "gemello", prima sullo schermo, poi nel romanzo. Anch'io ho pensato al seguito, ma, come te, so che scriverne uno, per l'autore, non sarebbe giusto. Vogliamo scriverlo noi? u.u
      :)

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  3. Bellissima recensione, come sempre Mik! Sono contenta che ti sia piaciuto, perché "Noi siamo infinito" è un libro che non si può non amare! E' uno quei libri che mi ha "capita" di più. Lo consiglierei a tutti, a partire dagli adolescenti perché magari possono ritrovarsi nei dubbi, ansie e felicità di Charlie, e agli adulti per rivivere vecchi ricordi.
    Buone feste, a presto. (:

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    1. Grazie mille, Giorgia! Ricordo che ti era piaciuto moltissimo e che dire? Concordiamo ^^

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  4. Accidenti, che bella recensione!
    Avevo detto poco fa che non ero molto convinta da questo libro.. Penso di aver appena cambiato idea e che gli darò la sua possibilità!

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    1. Grazie mille, Ilenia! E' per un pubblico molto giovane, secondo me, ma se si ricorda com'era vivere quegli anni, allora sarà il libro perfetto.

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  5. Quando è uscito per la prima volta avevo la tua età (lo pubblicava la Frassinelli e si intitolava solo "Ragazzo da parete") e l'avevo amato, pur senza averlo del tutto capito. Lo rileggerò presto. Penso possa considerarsi un piccolo capolavoro del genere e il fatto che anche il film si sia rivelato un capolavoro (anche se leggermente diverso dal libro) mi ha positivamente stupita. E la tua "recensione" è bellissima e sentita :) Buon Natale Mik e un abbraccione :-*

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    1. Ciao, Ossy, e grazie mille! :)
      Sì, si tratta, in entrambi i casi, di piccoli capolavori. Una chicca: su Youtube, mi ha segnalato un'amica, ci sono le scene tagliate in fase di montaggio. E che scene! Alcune delle più belle del romanzo, anche se non possiamo lamencarci, dai. Ti consiglio di guardarle. Un bacione a te e buone vacanze, M.

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    2. Dai, che bello! Vado a cercarle!

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  6. Oh Mik è un vero piacere leggerti, sopratutto di libri così belli!
    Sai già cosa penso del tutto, e le tue parole mi fanno solo venir voglia di rileggerlo. Anche io mi sono ritrovata molto in Charlie. :3

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    1. Grazie mille, Sonia! Io non rileggo mai gli stessi romanzi, ma ho la sensazione che, con questo, potrei fare un'eccezione. Sì.
      Ps. Grazie ancora per avermi segnalato le scene tagliate. Sono bellissime!

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  7. Mi hai commossa, sono senza parole! Sono seduta sul divano, con gli occhi lucidi, perché ho letto la lettera più bella che abbia mai incrociato il mio sguardo.
    Ho visto il film questa estate al cinema all'aperto, trascinata da una mia amica, e dopo averlo visto sono stata pervasa da un senso di malinconia. Ho deciso di leggere il libro, ma non ho avuto ancora il coraggio di farlo. Dopo aver letto la tua lettera, peró, ho avuto un unico desiderio, leggere quel libro per poter conoscere meglio anch'io quel ragazzo.
    Grazie!

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  8. Un film che ho amato e un libro che non ho ancora comprato perché avevo lo strano presagio che mi sarebbe stato regalato, perché questo è un libro che in un modo o nell'altro è destinato ad entrare nella vita di noi lettori delle notti insonni, dei pigiamoni felpati, delle coperte avvolgenti e delle luci puntate sulle pagine di una storia. Non perdo comunque la speranza e prima o poi anch'io condividero` le avventure di quedto ragazzo da parete

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  9. bella lettera. però spero tu ne abbia mandata una anche a babbo natale, che se no c'è rimasto male :)

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  10. Hai presente il contest di Denise, quello in cui andava votato il miglior recensore secondo ciascuno di noi? Ecco, non sapevo bene quali sarebbero state le altre scelte, ma la prima cosa che ho fatto è mettere il tuo nome in quella categoria.
    Tu non ti limiti a recensire; getti in ogni parola emozioni precise, e le scegli bene, quelle parole. Talmente bene che a volte mi sorprendo, leggendo, al pensiero di non essermi mai accorta di quanto quell'espressione stia bene insieme a quell'altra. Stephen cognome-impossibile-da-ricordare dovrebbe leggere questa lettera. Perché se Charlie merita una risposta, allora dovrebbe essere la tua.
    Davvero.

    Un abbraccio e buone feste!
    Bliss

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    1. Grazie mille, Bliss. Quelle parole, a volte, mi fanno sudare, mentre altre - spesso -vengono da sè. Sono contento che qualcuno, come te, sappia coglierne tutte le sfumature, comprenderle, apprezzarle. Grazie davvero, per il commento e per avermi votato. Un abbraccio a te, e buone feste!

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  11. A mio parere, questa è la miglior recensione su The Perks. È perfetta.
    Mentre la leggevo, me la sono immaginata scritta nel libro stesso, prima dei ringraziamenti, come ultima pagina.
    Se l'autore leggesse questa lettera, sono sicuro che la apprezzerebbe moltissimo, almeno quanto me, se non anche di più, perché, in qualche modo, sei riuscito a proseguire la storia da lui creata.
    Mi hai fatto venire voglia di rileggerlo, e sono sicuro che nel 2014 questo avverrà.
    Grazie davvero.
    Buone feste :)
    Francesco

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    1. Grazie a te, Francesco. Che bella cosa, che mi hai detto! Poi so che anche tu, come me, hai amato il bellissimo Stuck in Love: se Chbosky mi chiama, come King aveva fatto con il protagonista del film, potrei morire. Ma magari!
      Buone feste a te :)

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    2. Sì, Stuck in Love mi era piaciuto tantissimo, merito anche del grandissimo Logan Lerman, attore che stimo molto.
      Chbosky che ti chiama è un po' come J.K. Rowling che chiama me, ma penso che a te piacerebbe molto essere chiamato dall'ideatrice del mondo di Harry Potter. Sarebbe un qualcosa di meraviglioso ;)

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  12. Ciao Mik e auguri anche se in ritardo. Con questa recensione/lettera hai davvero superato te stesso e non era facile. Per la prima volta mi sono commossa leggendo le tue parole, vivendo le tue emozioni e le tue parole come se fossero anche un po' mie... Non ho mai letto questo romanzo ma ora devo proprio decidermi a rimediare!!

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  13. Meravigliosa. Unica. Eccezionale. Favolosa. Moltiplica questi aggettivi per 1000 e capirai quanto mi sia piaciuta questa recensione/lettera. Tu sei un genio e non smetterò mai di dirtelo, ti stimo e ti invidio allo stesso tempo. Hai la stoffa dello scrittore. Buone feste...

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  14. So che diventerai un grande scrittore, Mik: le tue parole sanno d'infinito.
    Con tanto affetto e stima,
    Gisella

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  15. Mik, invia questa tua lettera a Chbosky: Charlie merita una risposta e la tua recensione è la cosa migliore che potrebbe leggere!
    Ancora una volta, complimenti. Davvero non so come definire quello che scrivi. Spacchi.

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    1. Grazie mille, carissima Mel. Ma magari! Se mi aiutati a trovare il contatto dell'autore e a tradurla per bene, ci proviamo ^^

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    2. Non so per cosa, esattamente, ma grazie a te (:

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  16. Questa lettera-recensione è meravigliosa. Vorrei averla scritta io una cosa del genere. Un po' perché sono una ragazza da parete (io fino a prima di leggere il libri dicevo "un soprammobile", ma poi è la stessa cosa), e un po' perché effettivamente Charlie, dopo tutte quelle lettere meritava una risposta.
    Forse io alla prossima festa non ballerò, ma almeno so di non essere l'unica a fare da tappezzeria.

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    1. Grazie per il tuo bel commento, Kat. A questa lettera/recensione tengo molto, effettivamente :3

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