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giovedì 29 novembre 2012

Cloud Atlas, Vita di Pi, Noi siamo infinito: in libreria, il ritorno dei tre romanzi che hanno ispirato Hollywood!

Il 2013 sarà un anno ricco di novità e di immancabili propositi, destinati puntualmente a naufragare in un mare di bollicine di spumante. Le buoni intenzioni lasciano sempre il tempo che trovano, ma per una capatina al cinema e in libreria c'è sempre tempo!
Accanto a Warm Bodies, L'ospite, La sedicesima luna e La ragazza di fuoco, altri tre titoli che non si lasceranno attendere a lungo. Li troveremo presto al cinema, ancora più presto nelle librerie e, nei prossimi mesi, in lizza per i premi cinematografici più ambiti e per gli incassi più ricchi. Hanno cast stellari, registi d'eccezione, trame che parlano al cuore e che conciliano il pensiero dei critici più puntigliosi e quello degli amanti delle pure e semplici emozioni. Sono tre storie ambientate nel presente, nel passato e nel futuro (e una di loro, addirittura, in tutte e tre le epoche insieme!) e, in occasione del loro rilancio sul grande schermo, le case editrici che le hanno pubblicate la prima volta tornano a metterle sotto le luci dei riflettori, in eleganti ristampe impreziosite dalle splendide copertine delle rispettive versioni cinematografiche. Vita di Pi e Cloud Atlas – L'atlante delle nuvole, reperibili a breve, potranno essere la nostra sorpresa sotto l'albero. Due romanzi, giudicati da molti capolavori, che hanno dato il vita ad altre due gemme, la prima resa dalla delicatezza e della forza visiva di Ang Lee, la seconda dalla genialità dei registi di Matrix. Ma se dei primi due, in libreria, è possibile trovare le edizioni precedenti – del primo nella collana economica Piemme Bestseller, dell'altro un'edizione cartonata sempre firmata dalla Frassinelli - , il terzo titolo è, purtroppo, fuori commercio. Conosciuto precedentemente come Ragazzo da parete, la nuova edizione prevista per i primi di Gennaio sarà intitolata Noi siamo infinito (splendido titolo, non trovate?), in modo da fare pendant con il titolo scelto dalla M2 per portarlo nei cinema. Il film segnerà l'atteso ritorno di Emma Watson – che sarà sempre la nostra splendida Hermione – e il libro una valida alternativa per gli amanti di John Green. In compagnia delle schede e dei trailer, vi auguro buona lettura.. e buona visione! Quali attendete? :)

Titolo: Cloud Atlas – L'atlante delle nuvole
Autore: David Mitchell
Editore: Frassinelli
Numero di pagine: 597
Prezzo: € 14,90
Data di pubblicazione: 27 Novembre 2012
Sinossi: I sei protagonisti di "Cloud Atlas - L'atlante delle nuvole" vivono in punti e momenti diversi del mondo e del tempo, eppure fanno parte tutti di un unico schema, una specie di matrioska composta da sei personaggi uniti l'uno all'altro dal filo sottile e inestricabile del caso. Le loro anime si spostano come nuvole, passando dal corpo di un notaio americano di metà Ottocento, giunto su un'isola del Pacifico per assistere ai devastanti effetti del colonialismo, al giovane musicista che s'intrufola nell'esistenza di un celebre compositore belga tra le due guerre mondiali. Da un'intrepida giornalista che indaga sull'omicidio di uno scienziato antinucleare in piena guerra fredda, a un editore inglese in fuga dai creditori nella Londra anni Ottanta, sino a un clone schiavizzato nella Corea del prossimo futuro. Per arrivare infine all'alba del nuovo mondo - all'indomani dell'Apocalisse - e al suo primitivo, stupefatto abitante. I sei personaggi si trasformano vivendo avventure incredibili in un affascinante, inventivo viaggio nella Storia dalle grandi esplorazioni fino ai confini del mondo che verrà - e nell'anima stessa dell'uomo. Un romanzo generoso, un'apoteosi di sapori, colori e atmosfere che emoziona, stordisce e finisce dove tutto era iniziato. Un'epica storia del genere umano nella quale le azioni e le conseguenze delle nostre vite si intrecciano attraverso il passato, il presente e il futuro, mentre le nostre anime mutano cambiando per sempre il nostro destino. 


Titolo: Vita di Pi
Autore: Yann Martel
Editore: Piemme
Numero di pagine: 336
Prezzo: € 17,50
Data di pubblicazione: 4 Dicembre 2012
Sinossi: Piscine Molitor Patel è indiano, ha sedici anni, è affascinato da tutte le religioni, e porta il nome di una piscina. Nome non facile che dà adito a stupidi scherzi e giochi di parole. Fino al giorno in cui decide di essere per tutti solo e soltanto Pi. Durante il viaggio che lo deve condurre in Canada con la sua famiglia e gli animali dello zoo che il padre dirige, la nave mercantile fa naufragio. Pi si ritrova su una scialuppa, alla deriva nell'Oceano Pacifico, in compagnia soltanto di quattro animali. Tempo pochi giorni e della zebra ferita, dell’orango del Borneo e della iena isterica non resta che qualche osso cotto dal sole. A farne piazza pulita è stat Richard Parker, la tigre del Bengala con cui Pi è ora costretto a dividere quei pochi metri. Contro ogni logica, il ragazzo decide di ammaestrarla. La loro sfida è la sopravvivenza, nonostante la sete, la fame, gli squali, la furia del mare e il sale che corrode la pelle. Il loro è un viaggio straordinario, ispirato e terribile, ironico e violento, che ci porta molto più lontano di quanto avessimo mai potuto immaginare. A scoprire che la stessa storia può essere mille altre storie. E che riaccende la nostra fede nella magia e nel potere delle parole.Acclamato come un nuovo classico dalla critica, "Vita di Pi" è un libro unico, miracolosamente sospeso tra realismo e magia, un po’ romanzo di avventura e un po’ favola surreale dall’inattesa anima nera. 

 

Titolo: Noi siamo infinito
Autore: Stephen Chbosky
Editore: Sperling & Kupfer
Numero di pagine: 271
Prezzo:  € 16,90
Data di pubblicazione: 15 Gennaio 2013
Sinossi: Tra un saggio scolastico su Kerouac, una canzone degli Smiths e una citazione del Rocky Horror Picture Show, scorrono i giorni di un adolescente per nulla ordinario. L'ingresso nelle scuole superiori lo lancia in un turbine di prime volte: la prima festa, la prima rissa, la prima cotta... e via salendo nella scala dell'adrenalina. E Charlie, più portato alla riflessione che all'azione, affida emozioni, trasgressioni e turbamenti a una lunga serie di lettere indirizzate a un amico. Dotato di un'innata gentilezza d'animo e di un dono speciale per la poesia, il ragazzo è il confidente perfetto di tutti. Peccato che il segreto più grande sia nascosto proprio dentro di lui... 


martedì 27 novembre 2012

Recensioni a basso costo: La creatura, di Chris Priestley

Ciao a tutti! Avrete notato che, da sabato, Diario di una dipendenza ha ufficialmente aperto le porte al Natale. Cosa ne pensate della nuova veste grafica? Ogni suggerimento sarà prezioso per il sottoscritto! Inauguriamo, dunque, quest'ultima settimana di Novembre con la recensione di un romanzo arrivato giovedì 22 nelle librerie italiane. Ultimo titolo della Newton Compton e ultima fatica dell'apprezzato Chris Priestley, si è rivelato una splendida sorpresa! Ringraziando la gentile Maria per avermene inviato una copia, vi auguro buona lettura :)

Titolo: La creatura
Autore: Chris Priestley
Editore: Newton Compton
Numero di pagine:
Prezzo: € 9,90 Ebook: € 3,49
Sinossi: Londra, 1818. Billy è un piccolo furfante di strada. Portafogli e borsette sono le sue specialità. Cretur invece è un mostruoso gigante, un incubo orribile e spettrale, un essere che terrorizza e spaventa chiunque lo incontri e che non sembra neppure umano. All'inizio Billy e Cretur decidono di darsi una mano a vicenda, solo per pura convenienza. Ma tra crimini orribili e grandi slanci di generosità, a poco a poco tra loro nasce un legame che assomiglia sempre più alla vera amicizia. Fino a quando i due decidono di lasciare Londra e partire per un lungo viaggio verso nord, affrontando ladri di cadaveri, esperimenti scientifici, folle sanguinarie e amori impossibili, sulle tracce di uno scienziato che si diletta di arti oscure. Un uomo che ha commesso un peccato che non può perdonarsi e non può essere perdonato. Un uomo che si chiama Victor Frankenstein... 

                                La recensione
Mai come in questo periodo, mentre le nostre nonne discutono con un mese d'anticipo dei mille dilemmi del menù del cenone e, mentalmente, ci prepariamo già a fare e a ricevere i regali più inutili e costosi, alcune storie sono preziose come l'oro per riflettere in silenzio sul nostro egoismo e sulla fortuna smodata che ci è stata data in sorte.
Da bambino, ad esempio, bastava la triste fiaba della Piccola Fiammiferaia o un capitolo o due della mia versione illustrata di Oliver Twist per commuovermi e per far tacere a colpi di singhiozzi ognuna delle mie vacue lamentale, dandomi l'impressione di vestire i panni di uno di quei nobili dal cappello a cilindro che, altezzosamente incurante dei volti emaciati e degli occhi pieni di lacrime che fissavano dall'altro lato della vetrina del ristorante le leccornie del suo pranzo luculliano, chiudeva gli occhi sulla realtà ed apriva la bocca avida per accogliere l'ennesima forchettata di caviale e ostriche. Leggendo l'incipit dell'ultimo romanzo di Chris Priestley, sono tornato a sentirmi così - emozionato e affranto, davanti a uno scorcio impietoso e realistico, che, riscrivendo le mie priorità tra la nebbia, la fame e il gelo della Londra ottocentesca, mi ha fatto sentire potente e impotente al tempo stesso. Un vincitore che può tutto, anche cambiare un mondo di infelici ombre che non è mai svanito, e uno sconfitto senza nessuna speranza. Siamo alla soglia del Natale e, in un'Inghilterra fredda e grigia, cade finalmente la neve. Non porta risate, cappellini colorati e gioia sul volto dei più piccini, ma solo freddo e una fame che si acuisce ad ogni grado che si abbassa. Billy, non ancora l'età per lavorare ma già tanto rimpianto dentro, vaga in quello scenario di desolazione e gelo. E' appena l'inizio della sua avventura, ma lui è pronto ad accogliere la fine del suo dolore, della sua vita. E' un anacronistico “vinto” verghiano, un'anima sconfitta in partenza. Solo.
Improvvisamente, un corpo riverso in una strada secondaria. Un miserabile come lui che non ha vinto la partita con la morte, ma che per Billy – in occasioni disperate, anche sciacallo – è un pollo da spennare. In una delle tasche del suo immenso giaccone, potrebbe esserci qualche penny in grado di assicuragli una notte in un posto caldo o un orologio da rivendere per un pezzo di pane. Poi la notte acquisisce forma, la luna si eclissa momentaneamente. Il cadavere si alza e la sua ombra mostruosa nasconde l'urlo del ragazzino. La fine. O il principio...? Domanda fortemente retorica. E' da quando ho chiuso il romanzo che ho la voglia irrefrenabile di parlare con voi dell'originalità e della straordinaria inventiva che mi hanno letteralmente contagiato. Ve lo dico io: è l'inizio! La creatura mi ha portato indietro nel tempo: alla mia infanzia, ai libri dell'orrore che hanno caratterizzato il mio diventare grande, all'epoca in cui - una vita fa – devo necessariamente aver vissuto. 
 La Londra romantica è, per me, l'equivalente della Manhattan di Woody Allen e della Parigi di Luc Besson. L'ho sognata forte con Dickens, l'ho vista concretamente grazie a Tim Burton e, adesso, l'ho stretta tra le pagine di Priestley come se si trattasse di una vecchia e splendida amica, dai comignoli che sputano sbuffi di fumo, i tetti a punta e le arterie umide che ospitano ladruncoli dal cuore d'oro e impensate meraviglie.
Non conoscevo, d'altro canto, Chris Priestley e, da amante del gotico, mi cospargo la testa di cenere. Mi è bastato un solo romanzo per adorarlo. Ha uno stile minuzioso, evocativo, accattivante e deliziosamente lugubre che, con il brio di Gaiman e la profondità di Zafòn, strizza maliziosamente l'occhio alle penne più illustri ed antiche e, in 300 pagine scarse, rende il suo ultimo romanzo un mistero continuo ed affascinante, che non ha né laboriose ridondanze, né lacunose voragini. Le pagine scorrono tra grandi sorprese, sorrisi e dramma e, irresistibili, un capitolo tira l'altro, fino all'astuto e geniale epilogo che prima sconcerta, poi, a mente lucida, si comprende nella sua unicità. Ma, errore ancora più grande, non conoscevo la grandezza del Frankenstein di Mary Shelley, che – fisico, brutale, claudicante e con i famosi (e immancabili) bulloni ad uscirgli dalle orecchie – svaniva, per me, nonostante la sua mole titanica, nel fascino raffinato e sanguinoso di DraculaSe del Principe del male di Stoker ho letto rivisitazioni e sequel e visto la miriade di reboot fatti per il cinema e la TV, il tormentato gigante della Shelley mi ha sempre lasciato indifferente, relegato in pomposi sceneggiati in costume e in pessime parodie. Non vi nascondo che conoscerlo in queste vesti inedite mi ha riempito di una sorpresa maggiore di quella relativa alla scoperta di una nuova, valente penna del panorama horror.  
La Creatura, infatti, è la storia di un'amicizia straordinaria, di una dipendenza irrinunciabile, capace di costruire e distruggere. Un sentimento più vero e viscerale dell'amore, che renderà l'imponente Cretur ombra del capriccioso Billy e Billy supporto del sognante Cretur, in un giro di vite ed emozioni, che porterà il ragazzo mingherlino dell'inizio a diventare un uomo forte e dalle spalle larghe e il celeberrimo orco un uomo (sì, uomo), sempre più libero dal richiamo del suo ambizioso creatore. I ruoli si ribalteranno spesso e i “mostri” si riveleranno, all'occorrenza, romantici Cyrano col pallino per Jane Austen e un innato senso della famiglia, mentre gli “uomini” le vili e barbare bestie che, per loro natura, non potranno mai aspirare alla gloria per cui sono nati. E lascio a voi la scoperta di quanti sorrisi possa regalare l'immagine di un omone che, con un cuore grande grande e le nocche ancora livide, si rifugia nei grandi amori di Persuasione e tra i versi dei poeti romantici.  Sparsi per l'intero romanzo come le briciole di pane nelle fiabe, una serie di piacevoli rimandi ai coniugi Shelley, a Keats, Dickens e al Big Fish di Tim Burton, tra circhi erranti, orfani scapestrati, giovanotti che fanno colpo al suono di “Una cosa bella è una gioia per sempre” e coppiette di mezza età che, sui gradini del National Gallery, discutono delle prossime vacanze in Italia e dei soggetti delle loro prossime opere. L'ho apprezzato sin dall'inizio, poi è arrivato il finale e avreste dovuto vedere la mia faccia. La quintessenza della delusione. E' stato solo quando sono andato in cerca di un eventuale seguito che all'amarezza è subentrato il sorriso. Un attimo... – mi sono detto - io il resto della storia lo conosco già! Con lo stomaco in subbuglio e la mente che gioiva, mi sono trovato a esultare della genialità di Chris Priestley. Chapeau! 
Oscuro, divertente, ambizioso, originale e commovente, in tempo di festa (e di crisi!) La creatura è il regalo perfetto. La versione orrorifica e macabra di Quasi Amici e Basta guardare il cielo. L'incubo dal quale non avrei voluto mai svegliarmi.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Maybeshewill - He films the Clouds pt.2


venerdì 23 novembre 2012

Recensione: L'acustica perfetta, di Daria Bignardi

Ci sono delle cose che vanno sentite, non capite.

Titolo: L'acustica perfetta
Autrice: Daria Bignardi
Editore: Mondadori
Numero di pagine: 200
Prezzo: € 18,00
Sinossi: Arno e Sara si incontrano da ragazzini e istintivamente si amano. Un pomeriggio d’estate lei lo lascia, dicendogli che “le piacciono gli amori infelici”. Si ritrovano molti anni dopo, decidono di sposarsi: sono allegri, innamorati, sembrano felici. Arno è convinto di darle tutto se stesso e non si spiega le malinconie e le bugie che affiorano poco a poco. In fondo, la sua vita gli piace così com’è: suona il violoncello alla Scala, ha avuto tre figli dalla donna della sua vita, non si fa domande. Ma il disagio di Sara col tempo aumenta, finché una mattina Arno non sarà costretto da un evento inconcepibile a chiedersi chi è davvero la persona con cui ha vissuto tredici anni, la donna che ama da sempre. Con titubanza, inizia a seguire una pista di ferite giovanili e passioni soffocate e, con crescente sgomento, ritrova il bandolo di storie insospettabili. Può una donna restare con un uomo che pensa di amarla ma non ha mai voluto conoscerla davvero? Può un uomo accettare che sua moglie non si fidi di lui? Si può vivere senza esprimere se stessi? E come incide il dolore nelle nostre vite? Abbiamo tutti le stesse carte in mano? Costruito secondo la vertiginosa spirale di una fuga, L’acustica perfetta ha la delicatezza di un romanzo di formazione – la formazione di un uomo adulto, di un amore – e la rapinosa potenza di un romanzo d’indagine. 
                                                       La recensione 
Il dolore è insensato. Come l'amore.
Vivere una vita intera nei panni di una donna, per poi svegliarsi, una mattina d'inverno, in quelli di un uomo. Scendere dall'altro lato del letto, sostituire il dopobarba alla delicatezza di un profumo dal nome francese, fare pipì all'impiedi, bruciare il caffè con barbaro impegno e, addio alla grazia di mamme e supereroine, rendersi conto di una goffa macchia di dentifricio sulla cravatta rossa regalataci dai bambini lo scorso Natale. Trovarsi nella mente del “nemico” e scoprire che il malcapitato portatore del cromosoma Y ha emozioni e e valori. Che pensa, addirittura.
L'acustica perfetta è la storia di un'autrice che, mettendosi coraggiosamente alla prova, impara ad essere uomo e di un uomo che, nella sofferenza, impara ad essere donna. Di una guerra tra sessi, capeggiata da orgoglio e silenzio, i cui rispettivi strateghi giungono finalmente a patti. Primo romanzo che leggo di Daria Bignardi, è la piacevole scoperta di una grande della televisione che, oltre ad essere capace giornalista e presentatrice, è anche una grande scrittrice. Bejoncè, in If I were a boy, cantava di un giorno nei panni di un ragazzo. Era pop americano, versi in musica. La prosa è più spietata, difficile.
E quella narrata in sole 200 pagine è la cronaca di una vita intera, non di un giorno soltanto, nella vita di un uomo. A favore della Bignardi, uno stile tanto denso e avvolgente da lasciare prigionieri e un'immensa credibilità. Quella donna di Ferrara – bella, affermata e sicura di sé – dimentica di esistere e il suo Arno prende il sopravvento. Ne acquisisce il tono, i pensieri, le voglie, le sembianze, i timori inconfessabili, gli attributi, e il tutto scorre senza artifici e forzature in questo originale e attento noir dei sentimenti. Forzature che, al contrario, avevo trovato nell'acclamato Non ti muovere, in cui la rabbia e il rimpianto del protagonista maschile avevano reso la scrittura della Mazzantini incredibilmente ispirata, ma violenta, fredda, fastidiosa. Anche Arno sente forte e tanto, ma non corre il rischio di sfociare nel troppo: troppe parole, troppe esasperazioni, troppa carne al fuoco. Al contrario di quello che il suo nome suggerirebbe, è un uomo quieto e razionale, non un fiume senza il rispetto degli argini. Quel ruolo spetta a sua moglie, Sara. La ragazzina che, trent'anni prima, gli ha rubato un bacio e che l'ha lasciato dicendo che preferiva gli amori infelici, la mamma dei suoi tre figli, la moglie che non c'è più. Andata via, lasciando un albero di Natale senza colori, una confusa lettera di spiegazioni e l'uomo che l'ha avuta accanto per tanti anni di matrimonio alle prese con i misteri del suo passato. Com'è difficile amare. O sei tu, difficile da amare?
Arno l'ha amata, ma non l'ha mai capita davvero. Ha inizio una ricerca vertiginosa che, inizialmente mossa da gelosia e puro disappunto, porterà il protagonista a scoprire il meglio e il peggio di sé ed il tormento esistenziale di quella sciagurata e splendida moglie, di cui resterà una cicatrice indelebile sul suo anulare.
La collera lo porterà metaforicamente a scalare una montagna a mani nude; un amore che non soggiace a nessuno sconforto, invece, con lo sguardo distante dalle mani insanguinate e dal cuore sotto anestesia perenne, lo indurrà a concentrarsi sulla vista perfetta che quel crepaccio senza fondo gli regala.  
Una vista che, come in un capriccio, unisce i tramonti sulle spiagge sarde, la foschia di Milano e la brezza salmastra di Genova, in una corrispondenza sottile tra natura e stati d'animo che ricorda la perizia, la passionalità e l'istintivo misticismo di Mauro Corona. 
Daria Bignardi ci ha regalato la lettura, quindi, di un affascinante romanzo di indagine che, in terreno neutrale, firma un armistizio con la ragione, le leggi incomprensibili del cuore e tutti gli ovvi luoghi comuni del caso. Perché non tutti gli uomini sono bastardi e non tutte le donne sono stronze. L'autrice, sbirciando dalla serratura della loro camera da letto, ce li mostra realisticamente, ognuno con le proprio colpe e le proprie storie, nella familiarità dei loro appartamenti e nell'universalità delle loro malinconie. Perché - come direbbe uno dei personaggi pronunciando una delle sue raffinate citazioni - tutte le famiglie felici si assomigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo. Considerazione amara, ma autentica. Come questo romanzo.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Arisa - Meraviglioso Amore Mio

 

giovedì 22 novembre 2012

Matched Read - Along #4: Dylan Thomas, test di smistamento e due mini-contest!

Vi avevo annunciato, qualche tempo fa, che il blog aveva aderito con grande entusiasmo all'iniziativa dell'instancabile Juliette di Sweety Readers, mente dietro ad una Read - Along ricca di premi e novità che, con mia grande felicità, sta letteralmente spopolando tra i blog letterari. E la mia felicità è addirittura doppia, perché questo articolato e ben organizzato contest si basa su una delle grandi scoperte di quest'anno: il romanzo Matched (qui), a cui solo da qualche settimana è seguito Crossed (qui). E' giunto il mio momento.


Ally Condie, i suoi indimenticabili personaggi e i lettori che la seguono con la mia stessa passione sbarcano su Diario di una dipendenza. Benvenuti! La nuova tappa di questo percorso tra letteratura e distopia prevede, mai come in questo caso, la vostra attiva partecipazione. Siete pronti? La parola a Dylan Thomas. Lasciatevi incantare dalla sua meravigliosa Non andartene docile.. 
 
Non andartene docile in quella buona notte,
vecchiaia dovrebbe ardere e infierire
quando cade il giorno;
infuria, infuria contro il morire della luce.
Benché i saggi infine sappiano che la tenebra è giusta,
poiché dalle parole loro non diramò alcun conforto,
non se ne vanno docili in quella buona notte.
I buoni, che in preda all’ultima onda
splendide proclamano le loro fioche imprese,
avrebbero potuto danzare in una verde baia,
e infuriano, infuriano contro il morire della luce.
I selvaggi, che il sole al volo presero e cantarono, 
tardi apprendono come lo afflissero nella sua via,
non se ne vanno docili in quella buona notte.
Gli austeri, vicini a morire, con cieca vista
Scorgono
che i ciechi occhi quali meteore potrebbero brillare
ed esser gai;
e infuriano
Infuriano contro il morire della luce.
E te, padre mio, là sulla triste altura
io prego,
maledicimi, feriscimi con le tue fiere lacrime.
Non andartene docile in quella buona notte.

Questa è l'anima di Matched. L'inno d'amore e ribellione di Cassia e Ky. Un poetico, musicale e straziante canto di rivolta. Per voi cos'è?
Cosa sussurrano queste parole immortali al vostro cuore? Raccontatemelo in un commento. I cinque followers giudicati più meritevoli e sinceri riceveranno un ebook a tema dalla nostra Juliette. Ma non è finita qui! Al contrario che nel mio post, nella Società vige un ordine inderogabile. 
Tutti hanno un destino già scritto. Tutti sono già stati marchiati. Viaggia in questo futuro nel quale nessuno vorrebbe mai vivere e metti alla prova te stesso. Quale sarebbe il tuo ruolo nel mondo della Condie? Scoprilo con questo originale e divertente test di smistamento: qui!
In base al risultato, il partecipante alla Read – Along riceverà un pensierino virtuale, rigorosamente a tema. Stupiteci. In bocca al lupo.. 
And may the odds be EVER in your favor (.. ma questa è un'altra storia!!) :P

lunedì 19 novembre 2012

Recensione: Sindrome da cuore in sospeso, di Alessia Gazzola

Ciao a tutti e buon lunedì! Come avete passato il weekend? Io, finalmente patentato, mi sono concesso una domenica al cinema (davvero carino Breaking Dawn Parte II: spero di avere modo di discuterne presto con voi!) e la compagnia del delizioso romanzo che recensirò questa mattina: Sindrome da cuore in sospeso, prequel dell'Allieva e di Un segreto non è per sempre (la mia recensione qui). 
Augurandovi buona lettura, vi mando un abbraccio e colgo l'occasione per ringraziare nuovamente il gentile ufficio stampa della Longanes :) A presto!

Titolo: Sindrome da cuore in sospeso
Autrice: Alessia Gazzola
Editore: Longanesi
Numero di pagine: 143
Prezzo: € 11,60
Sinossi: Alice Allevi ha un grosso problema. Si è appena resa conto di non voler più diventare un medico, ma non ha il coraggio di confessarlo a nessuno, e non sa cosa fare del suo futuro. Ma siccome la vita è sorprendente, sarà l'omicidio di una persona vicina alla sua famiglia a far scoprire ad Alice la sua vocazione: la medicina legale. Forse c'entra il suo intuito, che la induce a ficcanasare dove non dovrebbe, mettendo a rischio le indagini. Forse c'entra l'arrivo della sua nuova coinquilina Yukino, una studentessa giapponese che parla come un cartone animato e che stravolge le abitudini, non solo culinarie, di Alice. Forse c'entra nonna Amalia che, con saggezza mista a battute fulminanti, sa come districarsi fra i pettegolezzi di paese. Una cosa è certa: Alice non lo ammetterebbe mai, ma se sceglierà quella specializzazione, è soprattutto per rivedere Claudio Conforti, il giovane medico legale che ha conosciuto durante il sopralluogo. Vestito in maniera impeccabile, sorriso affilato come un bisturi, occhi travolgenti. Arrogante, sprezzante e... irresistibile.
                                                       La recensione 
Ogni serie ha diritto ad un pilot. Ogni eroe merita il suo degno prequel.
Da Hannibal Lecter a Underworld, dalla Ripley di Alien a Terminator, fino ad arrivare ai superuomini di X-Men e agli hobbit del Signore degli anelli, abbiamo imparato che anche le storie più grandi hanno avuto piccoli inizi. Accanto a personaggi da fumetto, famigerati serial killer, nanerottoli mitici con la passione per la bigiotteria e donnone armate fino ai denti, cosa ci fa quest'adorabile ragazza dagli occhi immensi, i tacchi troppo alti e la frangia troppo lunga? Semplice: la gioia di coloro che già la adorano e degli altri, invece, che, in meno di 150 pagine, impareranno ad armarne gli sbalzi d'umore, la sbadataggine, la risata e le colorate figure che costituiscono la sua insostituibile famiglia. E' la perfetta espressione dell'italiano medio, del laureando con la sindrome di Peter Pan (.. e da cuore in sospeso), del nuovo colore del giallo. La sola, unica e inimitabile – per croce e delizia di Claudio Conforti - Alice Allevi. 
L'avevamo salutata in primavera con Un segreto non è per sempre e immaginavamo che ne sarebbe passata di acqua sotto ai ponti prima di ritrovarla a combattere con gli ennesimi scherzi del cuore e l'ennesimo mistero. Sulla scia dei romanzi brevi di Giorgio Faletti, Donato Carrisi e Margaret Mazzantini, torna a bussare alla nostra porta come un'ospite a sorpresa e nella sua valigia Vuitton ha una storia tutta nuova da raccontarci. La sua. Dove e quando ha avuto inizio?  
Nella davvero poco esotica Sacrofano che, come ogni paese che si rispetti, ha i suoi scandali, le sue giovani donne in attesa di emigrare lontano, il suo carico di misteri e – soprattutto - la sua adorabile cerchia di nonnine detective. Immancabili come la Nutella, un bel romanzo e l'acqua calda, notano il tuo nuovo taglio di capelli, la gonna troppo corta della moglie del Sindaco, chi timbra il cartellino prima delle otto ore lavorative e chi ha una tresca clandestina con chi. La carinissima nonna di Alice fa esattamente parte di quella categoria e, tanto tenera quanto impicciona, ricoprirà un ruolo chiave nella prima indagine della sua confusa nipotina e nella scelta del suo imprevedibile cammino lavorativo. 
 Il tenebroso Claudio Conforti, bello e impossibile come il protagonista di un fotoromanzo, sarà invece il suo pigmalione e il suo primo tormento. La simpatica carogna che, nemmeno fosse Bob L'Aggiustatutto, si diverte a giocare con il suo cuore e a smantellare le sue grandi speranze senza prendersi la briga di tornare a rimetterle a posto. 
E ci sono Yukino e i suoi improbabili esperimenti gastronomici, Marco e i suoi occhi da panda cerchiati di rimmel, la Wally, Silvia e tutti gli altri, accompagnati da gustose chicche e da simpatici richiami agli altri libri che – con fugaci apparizioni di adoni biondi dall'accento anglosassone e proverbiali avvertimenti sulla precarietà dei segreti – non mancheranno di aggiungere sorrisi al sorriso che, luminoso e duraturo, già ci distende viso e anima. Il romanzo scorre che è un piacere: grazioso, ironico, elegante e con uno stile che riconoscerei fra mille. Troppo simpatico per resistervi. L'indagine è di una riposante semplicità. Con l'accento sull'attualità ma sempre con un bel sorriso, sarebbe il perfetto episodio di un poliziesco tutto italiano, capitanato da una Sherlock Holmes in gonnella e da una Signora in giallo in pensione, di cui ogni canuto riccio è un pasticcio, ma anche un lampo di genio. Il lettore più pretenzioso potrebbe mettere in luce l'ingenuità e l'inverosimiglianza di taluni passaggi, magari chiedendosi a quanto ammontino le probabilità di confidarsi spontaneamente con una completa sconosciuta - dalla lingua lunga e dalle orecchie che captano indizi peggio di un autoradio delle forze dell'ordine – che ci pedina da secoli come una scimmia curiosa. Bho, fatto sta che lo farei anch'io. E' la sorella maggiore che ti ruba dall'armadio i maglioni più comodi, la ragazza che ti trascina a vedere un film di Sparks senza voler sentire scuse, la migliore amica che carpisce le verità sospese nei nostri silenzi. E' di famiglia... è Alice! A lei (e alla magica Alessia) non saprei mai dire di no!
Il mio voto: ★★★ +
Il mio consiglio musicale: Malika Ayane – Tre Cose


venerdì 16 novembre 2012

Recensione: Crossed - La fuga, di Ally Condie

Perché quando ami, non c'è più niente da fare. Dall'amore non si torna indietro. Ky mi riempie il cuore, abita i miei pensieri, il ricordo del suo tocco colma di calore le mie mani vuote. Devo trovarlo. Il suo amore mi ha messo le ali e questi mesi di lavoro mi hanno dato la forza di spiegarle
 
Titolo: Crossed – La fuga
Autrice: Ally Condie
Editore: Fazi “Lain”
Numero di pagine: 345
Prezzo: € 14,90
Data di pubblicazione: 16 Novembre 2012
Sinossi: Rincorrendo un futuro incerto, Cassia si ritrova nelle Provincie Esterne, alla ricerca di Ky, catturato dalla Società e destinato a morte certa, solo per scoprire che è fuggito attraverso i pericolosi e imponenti Canyon che confinano con la Società. In questo mondo di frontiera Cassia trova tracce di una vita differente e l'affascinante promessa di una ribellione. Sebbene abbia sacrificato tutto per ritrovare Ky, ingegnose sorprese inviate da Xander potrebbero cambiare di nuovo le carte in tavola. Narrato da due punti di vista, quello di Cassia e quello di Ky, questo sequel porterà entrambi i protagonisti agli estremi confini della Società, dove niente è come sembra...
                                                       La recensione 
Non andartene docile in quella buona notte. Infuria, infuria contro il morire della luce”.
E Cassia e il suo Ky l'hanno fatto per davvero. Si sono presi per mano e hanno corso insieme verso i cancelli di una prigione senza fine. Hanno infuriato contro il tramontare del giorno e si sono ribellati alle insidie di una selva oscura che ha l'architettura essenziale e perfetta di una società del futuro. Si sono guardati negli occhi e si sono amati.
Perdutamente, pazzamente, senza vergogna. Ad alta voce. Sono passate poche settimane dagli avvenimenti narrati nel primo romanzo, ma i nostri protagonisti sono cresciuti nel corso di quella notte malevola e incombente immortalata nei versi di Dylan Thomas. Hanno abbandonato i sottili inganni della Società, ma sono carne di macello in terra di nessuno. Liberi, ma sotto i bombardamenti del Nemico. La ragazzina in copertina ha scovato una piccola incrinatura nella bolla di vetro che era la sua vecchia vita. Ha scalciato, si è liberata, ma ha messo piede su un territorio – che a lungo oggetto di sogni di libertà ad occhi aperti – si è rivelato ostile. L'epilogo di Matched aveva lasciato i due protagonisti distanti e più innamorati che mai. Le regole li avevano divisi, la Società aveva chiuso le lame di una forbice infallibile sui fili saldi della loro relazione, le misteriosi leggi dell'editoria li hanno tenuti lontano da noi per troppo tempo, cristallizzandoli – come le statue di Amore e Psiche – nell'attimo che precede il bacio. Sullo sfondo di un cielo tonante, pronto ad accogliere un nuovo squarcio di luce. Le urla di Ky avevano svegliato i vicini, la disperazione di Cassia aveva smosso le coscienze dei suoi genitori. Avevano giurato che si sarebbero trovati, indicando quel cielo uguale per tutti, sotto il quale sarebbero sempre stati uniti. Lui portato via dalla società, lei sola con i suoi rimpianti.
Immediatamente, la scena mi ha richiamato alla mente quella di un film meraviglioso e struggente – libro acclamato all'unisono e dramma di guerra e passione, con un finale che è la croce di tutti coloro che l'hanno letto o guardato: Espiazione.
Una Keira Knightley che, nel suo lucente abito smeraldo, trema di freddo e rassegnazione. Uno James McAvoy dallo sguardo limpido, un fiore all'occhiello e le catene ai polsi.
Tra di loro, una guerra insensata, un “Torna da me” sospeso nella nebbia del mattino, la vita.
Una vita che logora i legami e pone in forse le scelte fatte in passato, che mette in discussione perfino il “per sempre”, che rende sporchi, feriti.. sopravvissuti. Superbi personaggi, poi persone di vera carne.
Mia madre dipingeva con l'acqua. E mio padre giocava con il fuoco.
Un cuore puro e con un animo antico che cova rancore e rimpianti verso l'uomo che l'ha reso uomo. Che non crede nell'Insorgenza, ma che creda nella sua dolce e unica Cassia.
La destinataria di tanta poesia, che ha camminato valli solitarie e sentieri impervi - attraversando fiumi avvelenati e i corpi lividi di innamorati respinti – per chiudere il cerchio di un abbraccio che, difficile ammetterlo, sta perdendo tocchi del suo caldo vigore. Ormai sono entrambi nelle Terre Esterne, la cenere e le bombe costituiscono lo stesso scenario per tutti e due. Tuttavia, i capitoli che si alternano in un duetto di sentimenti e voci cristalline ce li mostrano sempre più lontani. Cassia, in compagnia di Indie – sua compagna di sventura -, arriva nella terra di povertà e disperazione che ha visto crescere il suo amato. Ky, invece, solo un passo avanti a lei, è in fuga dal suo passato e da quel luogo senza speranza. Il lettore è coinvolto immediatamente ed irrimediabilmente nelle vicende.
Come nei film in cui si ha l'impressione di essere protagonisti della scena, viene naturale la voglia di urlare contro di loro, di fargli capire – mentre prendono strade diverse – che il pericolo è dietro l'angolo e che l'amore della loro vita è a un palmo da loro. A separarli, i dedali infiniti dell'Intaglio e un paio di pagine. Vogliono raggiungersi, ma non sanno di rincorrersi in un nascondino che cattura il cuore.
Senza effetti speciali, senza inaspettati cliffhanger, senza colpi di scena ovvi: solo tanta bellezza e la sua forza titanica.
Crossed significa “oltrepassare”, “andare oltre”. Superarsi, in un certo senso. L'autrice lo fa alla lettera, mettendo a dura prova sé stessa, i lettori e i suoi personaggi. Crossed, come indica il titolo stesso, è un romanzo di transizione, notevolmente difficile da scrivere ma immensamente bello da leggere. E' un brivido continuo. L'emozione che ha voce. Un'emozione che risuona nella voce di Cassia, in quelle di Eli, Indie e Vick e in quella di Ky - nel secondo romanzo, inedita voce narrante e anima e cuore di ogni cosa. Una delle poche voci maschili della narrativa YA, di cui ogni parola è poesia. Una poesia che non sta negli aforismi, ma nell'intensità delle immagini e nella forza dei colori che evoca e dipinge. 
La Condie è al suo secondo romanzo, ma la sua penna è sicura e fluida ed il suo tocco dipinge le parole, come se fossero le nuvole e i papaveri in un quadro di Monet. Non erano degne di essere lette di nascosto sotto il banco, di essere consumate in un momento di noia, di essere rubate durante una corsa in circolare o una fila dal dentista. Le ho assorbite piano, lentamente, a piccole dosi. Grazie a esse, da cenere e nulla torno a essere carne e ossa.
Il mio voto: ★★★★ +
Il mio consiglio musicale: Anggun – Snow on the Sahara 
 

mercoledì 14 novembre 2012

Memorie di viaggio: io, Barça, la sangria e il Kobo Touch - storia del sequel mancato di "Vicky Cristina Barcelona"!

Quello che dovrebbe essere il resoconto di un viaggio memorabile perde ogni giorno un po' della sua freschezza. Rimando, rimando, rimando e intanto i giorni passano e i ricordi si ingialliscono come vecchie foto. Solo adesso, mentre scrivo, mi accorgo che è tutto finito. Ufficialmente.
 La gita dell'ultimo anno – quella che segna il consolidarsi di vecchie amicizie, quella bramata e aspettata per cinque anni di liceo, quella che ci proietta al giorno piovoso del nostro primo giorno di scuola e al momento in cui dovremo dire addio all'amato/odiato istituto che è stato testimone delle nostre lacrime e delle nostre gioie – è un misto di gioia e nostalgia. Siamo trascinati a metà strada tra passato, presente e futuro. Con ricordi di prof carogne ormai alle spalle, il pensiero degli esami ad alitarci gelido e inquietante sul collo e quei compagni che speriamo di trovare sempre lì, fissi sulla soglia del nostro orizzonte come stelle onnipresenti. Osservando le fotografie su facebook di quegli studenti pazzi e romantici che, prima di me, sono saliti e scesi dal frenetico treno che è la vita liceale, vedo foto di gruppo a maniche corte e braccia nude, con gli occhi che ridono protetti dagli occhiali da sole e il cielo che risplende delle luci di Maggio. Foto in cui la paura degli imminenti esami è distesa da un sorriso pacifico e spensierato e l'ansia è rimandata a data da destinarsi. Conta solo quel momento. Con una gita anticipata drasticamente, mi trovo a vivere una situazione diversa. Gli esami sono ancora lontani, ma ho come l'impressione di avere già detto addio a tutti. Quando, a Pescara, ho messo piede a terra, dopo un'ora e mezza di volo e sballottamenti vari, sapevo che era finita. Nessuna meta da attendere con l'aspettativa di un tempo, nessun motivo per cui continuare a sbattere la testa sui libri, nessun buon primo proposito per l'anno nuovo. 
Tutte le tappe bruciate in partenza. E saranno state le orecchie che fischiavano, gli occhi che si chiudevano, il pavimento che non smetteva di girare, il cerchio invisibile che mi ronzava intorno alla testa. Saranno state la stanchezza e il sonno accumulato in sette giorni senza sonno; sarà che voglio sempre ciò che non posso avere e che gli arrivi e le partenze mi intristiscono. Ma dopo aver vissuto una città così, al ritorno, mi sono sentito chiuso in una scatolina che aveva l'aspetto di un posto che ho sempre chiamato casa. Barcellona ti apre la mente, il cuore e quegli occhi sbarrati dalla meraviglia, che si perdono dietro grattacieli da film e a palazzi che sembrano intagliati nel pan di zenzero delle favole. Perfino la pioggia è più spettacolare. Qui piove, e io mi chiudo in casa, con i miei libri e il mio malumore. Lì dà adrenalina, l'impressione di trovarsi a un concerto che suona solo per noi e che non chiude i battenti per quattro gocce spruzzate da nubi passeggere.
Mi mancano quelle luci sfavillanti, brillanti come in una metropoli americana e colorate come i frammenti arcobaleno che rivestono le meraviglie visionarie del parco Guell e le tazzine a tema, vendute a prezzi esorbitanti in ogni angolo di strada. Mi manca quella vita da rockstar. Con le lenzuola cambiate ogni giorno, le risate e le esperienze condivise in un'unica camera d'albergo, le sigarette al sapore di vaniglia e cioccolato, le puntate di Games of Thrones trasmesse alle sette del mattino e, allo scoccare della mezzanotte... bhe, programmi che non hanno nulla a che fare con quelli del nostro soporifero Marzullo. Piccola considerazione personale: E.L James deve essere stata lì. Biricchina! Mi manca il beato menefreghismo di chi, straniero in terra di stranieri, può sentirsi libero di fare quello che vuole. Il mio mantra? Chissene, nessuno mi conosce!
Partivano così discorsi davvero poco filosofici con i prof, avventure serali al supermercato per un festino improvvisato su due piedi, serate in discoteca in cui – la timidezza in valigia – abbandonavo il mio solito angolino per raggiungere il centro della pista (e la cima del cubo!), imbarazzantissime e super segrete (quindi, shhhhhhhh!) incursioni in un sexy shop sulla falsa riga dell'esilarante Will ti presento Will e parodie in metro del tormentone Gangnam Style. E mi mancano già quegli amici a cui, a giugno, dirò arrivederci e che mi sto godendo come se avessi tutto il tempo del mondo a mia disposizione. Mi manca l'essere stato, anche solo per sette giorni, così poco... me. Quello malinconico, serio, riflessivo e forse un po' noioso.
Una parte del mio essere che era ordinatamente riposta nel bagaglio a mano e che, nei momenti di pausa, emergeva timidamente. Un appendice luminosa e tecnologica, che sembrava una variante dell'iPod, ma che nascondeva dietro un semplice click un mondo di fantasia, passione e inventiva. 
Un mondo di libri. Nel vero senso della parola! In viaggio con me, l'ultima novità firmata Mondadori: il nuovissimo Kobo Touch. Una tavoletta poco più grande di una mano che, come la lavagnetta magica dei bimbi, dà sfogo alla magia e alle meraviglie della lettura. Ebook o non ebook: è questo il dilemma? Come sapete – e non lo nascondo – mi sono sempre espresso a sfavore, da lettore tradizionalista quale sono. Non immaginerete, quindi, il mio stupore e la mia soddisfazione quando una gentilissima addetta all'ufficio stampa della casa editrice mi propose di testare il prodotto. Fino a quel momento, avevo letto gli ebook nel pc, con sforzi di vista notevoli e risultati disastrosi. Pur non essendo passato ufficialmente al lato più tecnologico della lettura, tuttavia, ho provato il piacevole brivido di chi, inizialmente fermo nelle sue decisioni, viene sorpreso in positivo. Il Kobo mi ha aperto un mondo, con un universo di titoli e generi letterari tutti custoditi in un piccolo e prezioso scrigno. Rivestito posteriormente da una copertina vellutata che lo rende morbido come un cuscino, con una batteria instancabile, tre titoli scaricabili gratuitamente per l'eventuale acquirente tra i maggiori successi dell'anno (Cinquanta sfumature di grigio, Il cacciatore di occhi, 1Q84, Steve Jobs) e una serie infinita di grandi classici e di teaser in anteprima, luminoso e pratico, resistente agli urti di aerei in turbolenza e ad attacchi di mal d'aria, non è il nuovo modo di leggere. E' un altro modo di leggere. 
Non solo il più figo per chi ha il pallino della tecnologia, ma il più immediato e comodo per chi vuole leggere tanto senza temere il peso immane della cultura! Vi faccio qualche esempio pratico. E' ottimo se si viaggia e se si deve già combattere contro un bagaglio che non vuol contenere nemmeno i nostri jeans. Per ingannare l'attesa dal dentista, alla posta o mentre si aspetta che i bambini escano da scuola. Per leggere comodamente (e senza il pericolo scoliosi) un mattone che né le nostre manine, né la nostra libreria possono sorreggere. Per chi non resiste agli acquisti e vorrebbe portarli tutti con sé in borsa o nel zaino, in modo da scegliere uno tra i titoli salvati che maggiormente ci aiuterebbero a fare i conti con il nostro umore altalenante. Per chi, a modo suo, vuole risparmiare. Il Kobo è una spesa che va fatta una volta sola e che rimane nel tempo. Comprensibili remore ci sono riguardo ai prezzi elevati degli ebook. Su questo non ci piove. Io per primo – e mi rivolgo alle grandi case editrici – non pagherei mai un ebook 12,00 euro o più, quando un cartaceo raggiunge i 15, 17.00 euro. Posso dirvi che ci sono comunque editori che guardano ai nostri bisogni e alle nostre tasche, con titoli di grande qualità che costano il prezzo di un aperitivo al bar. O, meglio ancora, vi consiglio di attuare dei legalissimi scambi su Anobii o altri Social Network, in modo da mettere i vostri ebook a disposizione degli altri e di avere l'occasione di scegliere quelli che occupano i posti più alti della vostra wishlist, in un “do ut des” all'insegna del libero scambio, della civiltà e del dialogo tra lettori.
E' un marchingegno di chip e di ingranaggi, ma è divertente, solare, professionale e alla mano al tempo stesso. All'accensione, ti accoglie con una bella faccina sorridente in bianco e nero, ma immediatamente ti porta a una schermata che ha l'ordine e la pulizia di una libreria virtuale che nella realtà non avrai mai e ad un dizionarietto che, nel momento necessario, con un click sulla parola incriminata, apre una finestra con tanto di significato etimologico e di divisione in sillabe! Ho dimenticato tanto di quello che avrei voluto dire. Tutti gli altri pregi e tutti i trascurabili difetti. Ma il frutto concreto del suo più grande pregio ce l'ho proprio qui, seduto su una poltrona alle mie spalle. Ha riavvicinato alla lettura mio padre, che in questo momento, con gli occhi vicini allo schermo e le mani strette attorno a questo gioellino di luce, morbidezza e lettere è perso in chi sa quale galassia. E questo avverrà con le vostre mamme sempre affaccendate, i vostri fratellini svogliati, i vostri ragazzi troppo superficiali. Sono dell'idea che non li priverà del piacere della carta e dell'inchiostro. Darà loro una valente e perfetta alternativa. Glieli farà scoprire con lo stupore di un bimbo davanti a un regalo di Natale inaspettato! :)

sabato 10 novembre 2012

Recensione: Niceville, di Carsten Stroud

Titolo: Niceville
Autore: Carsten Stroud
Editore: Longanesi
Numero di pagine: 412
Prezzo: € 16,40
Sinossi: Benvenuti a Niceville. una piccola cittadina del Sud degli Stati Uniti, circondata dal verde delle colline, popolata di alberi e di antiche ville coloniali... E abitata dal male. Nelle sue strade deserte, illuminate dalla luce seppiata del pomeriggio che inonda prati perfettamente curati, da anni ormai troppa gente sparisce nel nulla. Come Rainey Teague, di appena dieci anni, che la madre aspetta invano di veder spuntare lungo il vialetto di casa, strascicando i piedi come ogni giorno dopo la scuola. Quando scatta l'allarme della sua scomparsa, la polizia si mobilita in massa, anche se non c'è nessun indizio da seguire. O quasi. Perché a Niceville ogni famiglia nasconde un segreto. La scomparsa di Rainey è soltanto il primo anello di una catena di avvenimenti che nel giro di sole trentasei ore travolgeranno la vita di molte persone. Soprattutto quella di Nick Kavanaugh, un poliziotto con un lato oscuro, e di sua moglie Kate, appartenente a una delle più antiche famiglie di Niceville. Una realtà agghiacciante sta per riemergere, e nessuno può far nulla per impedirlo. Perché a Niceville niente rimane sepolto per sempre.
                                                  La recensione
Ha affascinato tutti e subito. Me compreso.
E' giunto tra le mani degli editori stranieri, con quell'aura di fascino, mistero a ambiguità che caratterizza l'arrivo in sala delle pellicole più attese. Le stesse che sono reputate poco adatte ai deboli di cuore e che, secondo massicce campagne pubblicitarie, suscitano attacchi d'ansia negli spettatori e delirati visioni nei pochi che osano guardarli senza il volto completamente nascosto tra le mani. Durante la fiera del libro di Francoforte, un autore misterioso inviò pochi capitoli del suo manoscritto inedito agli editori di mezzo mondo. Lucido, dettagliato, secco e cinematografico, il suo stile ricordava il miglior King e i primi capitoli di quel romanzo ancora senza nome facevano gridare al miracolo: un bambino innocente inghiottito dal mistero della sua stessa città, una rapina in banca e un sanguinoso inseguimento, un processo scandito con una professionalità e una competenza da fare invidia all'ultimo successo di John Grisham. Vi dico la verità, io per primo ho pensato si trattasse di una leggenda metropolitana, al pari di quella da cui sembrano usciti alcuni dei fantasmi che popolano questo enigmatico Niceville. E, invece, a lettura terminata, riconosco che probabilmente, nei loro panni, avrei fatto la stessa identica cosa. I primi capitoli sono scritti in modo magistrale, veramente di un altro livello rispetto alle letture al quale il lettore medio è abituato. Non sono capitoli. Sono vere e proprie scene di un film. Un attenzione maniacale per i dettagli, una congerie di personaggi di cui vengono intessute carte d'identità e antichi alberi genealogici, un'algida eleganza unita a un caloroso gusto pulp anni '70. Li vediamo chiaramente: il piccolo Rainey Teague con il naso schiacciato contro la ricca vetrina del negozio d'antiquariato del signor Moochie, i poveri genitori affranti dalla sua inspiegabile scomparsa, i soldi sporchi e la violenza di tre “cattivi tenenti”, i vani tentativi del meschino Bock di riprendersi una famiglia che ha coperto di lividi e cattiveria. In quei tre capitoli iniziali, in quelle 60 pagine, impariamo a conoscerli pian piano e a cercare un legame tra quelle figure tanto diverse. Poi, come il piccolo Rainey, scompaiono tutti o quasi, risucchiati nel nero di un torrente torbido di comprimari e avvenimenti che ce li restituisce a capitoli alterni. Fili di una tela fragile e intricata, si intrecciano e si incontrano o, spezzati, cadono sul fondo di un armadio, più labirintico di quello di C.S Lewis, che ospita acari, ragnatele e scheletri scricchiolanti. Gli scheletri e le ossa che gli abitanti di Niceville tengono nascosti sotto il letto e nei loro guardaroba, nella loro coscienza sporca e nel passato delle loro famiglie. Sulla copertina del libro, il nome di uno scrittore paragonato già ai migliori. 
Un titolo sornione e cinico, che ci prende in giro con villette a schiera, barbecue in giardini curati e rapporti tra buoni vicini. 
Uno sguardo sull'angolo di una cittadina di provincia, da un cui tombino, con un pizzico di fantasia, immaginiamo escano i lunghi artigli del pagliaccio IT, incubo della ridente Derry. I paragoni con i capolavori del Re sono inevitabili, ma i confronti lasciano il tempo che trovano. I punti di partenza appaiono simili, le idee di base – così tremendamente giuste e d'impatto – le stesse, ma l'andamento del romanzo rivela una diversa volontà di Stroud. Una volontà che, francamente, non sono ancora riuscito a mettere a fuoco. Ha in mano le sorti di un'infinità di personaggi che - con i loro nomi impronunciabili e i loro fitti segreti – sono la piccola maledizione di ogni lettore e, esperto tessitore, l'autore si diverte a muovere l'ago come se lavorasse a un quadro di Pollock o Picasso e non ad una ghost story che, forse forse, abbiamo già letto. Quale forza arcana si nasconde dietro le sparizioni di una cittadina da cartolina? Quale odio fa ribollire le acque del profondo e gelido Crater Sink? Le risposte, in una casa piena di specchi, in una fattoria ferma ai primi del novecento, tra i rami di un albero genealogico senza fine e con radici che arrivano fino al cuore rovente dell'inferno. Risposte che non avremo mai, in un thriller molto complesso che - tra le brighe familiari di Dallas, le vendette trasversali di Mucchio d'ossa e Tarantino e il grottesco umorismo di Bed Time – ci nega la soddisfazione di un epilogo soddisfacente. Perfido fino alla fine.
La perfezione non esiste, eppure, a livello formale, il romanzo vi è molto vicino. Nessuna sbavatura, nessun eccesso e, grazie all'ottima traduzione ad opera di Michele Fiume, risuona come una maledizione non interrotta nemmeno dal più piccolo refuso (mi sento di fare giusto un appunto per il font leggermente piccolo). Impeccabile.
Non ho capito, tuttavia, dove sia voluto andare a parare l'autore. Le sue intenzioni sono le migliori, ma il fine ultimo di tanto rumore rimane un'incognita. Se, come in Shakespeare, sia per nulla, è da vedere nei volumi successivi che chiuderanno questa trilogia da brivido. Leggendolo, sono stato preso da una frenesia e da una curiosità crescente ad ogni pagina, nonostante temessi non poco i troppi personaggi e i lunghi capitoli che, fortunatamente, si vanno facendo sempre più svelti e morbosamente belli. Inoltre, altra scelta molto mirata dell'autore, è quella di dare un titolo ad ognuno di essi: semplice e descrittivo, ma utile per suggerire il punto di vista di quale dei personaggi ci guiderà nell'ennesima bolgia infernale urbana. Il problema maggiore è uno. Lì dove King impiega un romanzo, o addirittura un racconto breve inserito all'interno di una vasta antologia, per sciogliere dubbi e per spaventare come solo lui sa fare, Carsten Stroud ne impiega tre. Una volta finito, ci vorrebbero disperatamente gli altri libri a portata di mano. Infatti, ho la sensazione che di una trama così dettagliata, tra anni o semplicemente mesi, in caso la pubblicazione dovesse ritardare (e questo è il caso del seguito di Il passaggio, di Justin Cronin), non rimarrà un ricordo particolarmente vivido. E l'approccio con i sequel - The Homecoming e The Departure - anziché entusiasmante, potrebbe essere un mezzo disastro..
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Marilyn Manson - Sweet Dreams