Non
l'esplosione, non gli incendi, non il silenzio, la polvere, i vermi,
il fetore. Il peggio sono le parole perdute, il vuoto che rimane e la
ricerca che inizia.
Titolo:
Il canto delle parole perdute
Autore:
Andrés Pascual
Editore:
Corbaccio
Numero
di pagine: 391
Prezzo:
€ 16,40
Data
di pubblicazione: 20 Settembre 2012
Sinossi:
Nagasaki, agosto 1945. Kazuo, un ragazzo occidentale adottato da una
famiglia giapponese, e Junko, figlia di una maestra di ikebana, si
sono ripromessi di incontrarsi su una collina per suggellare il loro
amore adolescente con un haiku. Pochi minuti prima dell'appuntamento,
la bomba atomica trasforma la città intera nell'inferno. Tokyo,
febbraio 2011. Emilian Zäch, architetto svizzero in crisi,
funzionario delle Nazioni Unite e sostenitore dell'energia nucleare,
conosce una gallerista di arte giapponese ossessionata dall'idea di
rintracciare il primo amore della nonna. Due storie parallele,
destinate a incrociarsi in un finale che sorprende. Un libro sulla
forza dell'amore capace di superare ogni cosa. Una storia di speranza
e determinazione, di abbandono e di coraggio, un romanzo
sull'importanza di non dimenticare le tragedie del passato per
affrontare le sfide del presente e scrivere il nostro futuro.
La recensione
“L'avevano
chiamato Kazuo, uomo di pace, perciò non doveva aver paura di
affrontare il peggio delle guerre, imbracciando come unica arma il
cuore impavido di un samurai innamorato”.
Se è vero che ci sono libri che hanno il potere di colpire al primo
sguardo, Il canto delle parole perdute
possiede un po' di questa magia ormai dimenticata. Colpisce le
orecchie, lo sguardo, il cuore. Ha un titolo soave ed evocativo, una
trama romantica come poche e una copertina che, nella sua semplicità,
lascia che gli occhi e la fantasia spazino al di là dei limiti della
carta. Basta poco, un battito di ciglia, per godere della frescura
degli alberi, del calore del sole filtrato dal tessuto rosso
dell'ombrello e della bellezza di uno sguardo che si nasconde alla
vista, ma che ci invita a seguire una sentiero di sassi che
confluisce in strade sconosciute. La piccola geisha in copertina
prende vita. I lembi della sua veste cremisi sono scompigliati dal
vento e il rosso sgargiante di un chimono proibito diventano un fiore
tra i fiori, fuoco nell'inverno, sangue e coraggio nel fumo della
fine. Si muove leggera come un angelo dagli occhi a mandorla,
malinconica come una principessa delle leggende che vuole essere
salvata. Dietro di lei, il suo samurai. Un uomo di pace in tempo di
guerra. Un piccolo grande eroe che, con i suoi capelli biondi e gli
occhi azzurri da occidentale, la segue come un'ombra.
Un'ombra che cerca le sue mani nei decenni e nel fuoco, fra i morti, le sofferenze e gli anni che, spietati, fuggono via, lasciandoli soli e lontani. La loro, è la storia di un bacio interrotto. L'avventura - dal sapore epico, misterioso e sognante – di un amore adolescenziale lungo sessantacinque anni e di due spiriti affini che non si arrendono agli ostacoli della guerra e della tristezza. Kazuo e Junko conferiscono alla loro odissea la dolcezza e l'emozionante onestà dei loro tredici anni; teneri come quei bambini che abbiamo visto scambiarsi carezze su una panchina del parco, tenaci come due foglioline aggrappate all'albero della vita.
Fruscianti, a un passo dal cadere. Ma vicine. Si scambiano poesie così, per gioco. E si scoprono innamorati alla vigilia della caduta della bomba atomica su Nagasaki. Mezzo secolo dopo, narrata parallelamente, la storia di Mei ed Emilian. Lui, apparentemente uscito da un commedia di Cameron Crowe, convive con una disastrosa vita sentimentale e con un sogno che gli ha voltato bruscamente le spalle. Parla dei vantaggi dell'energia nucleare; lei, invece, conserva nella sua famiglia il germe dannoso della decisione di un manipolo di uomini di guerra e delle conseguenze mortali che ne seguirono. Hanno tratti diversi, culture diverse, provengono da mondi diversi, ma - mossi come pedine, dalla Svizzera al paese del Sol Levante, dal passato al presente – aiuteranno il destino a chiudere un cerchio lasciato incompleto un paio di vite fa. Tutte le contraddizioni che caratterizzano la più affascinante delle terre confluiscono all'interno del romanzo di Andrés Pascul, l'Arthur Golden spagnolo che, ormai al suo terzo romanzo, fa finalmente conoscenza dei lettori italiani, evocando magistralmente, con nostalgia e profondità storica, un Giappone che credevamo di aver lasciato per sempre sigillato tra le pagine di Memorie di una geisha. Inscenato sullo sfondo di un'altra cruenta guerra, Il canto delle parole perdute è una contraddizione in una terra di contraddizioni.
Un'ombra che cerca le sue mani nei decenni e nel fuoco, fra i morti, le sofferenze e gli anni che, spietati, fuggono via, lasciandoli soli e lontani. La loro, è la storia di un bacio interrotto. L'avventura - dal sapore epico, misterioso e sognante – di un amore adolescenziale lungo sessantacinque anni e di due spiriti affini che non si arrendono agli ostacoli della guerra e della tristezza. Kazuo e Junko conferiscono alla loro odissea la dolcezza e l'emozionante onestà dei loro tredici anni; teneri come quei bambini che abbiamo visto scambiarsi carezze su una panchina del parco, tenaci come due foglioline aggrappate all'albero della vita.
Fruscianti, a un passo dal cadere. Ma vicine. Si scambiano poesie così, per gioco. E si scoprono innamorati alla vigilia della caduta della bomba atomica su Nagasaki. Mezzo secolo dopo, narrata parallelamente, la storia di Mei ed Emilian. Lui, apparentemente uscito da un commedia di Cameron Crowe, convive con una disastrosa vita sentimentale e con un sogno che gli ha voltato bruscamente le spalle. Parla dei vantaggi dell'energia nucleare; lei, invece, conserva nella sua famiglia il germe dannoso della decisione di un manipolo di uomini di guerra e delle conseguenze mortali che ne seguirono. Hanno tratti diversi, culture diverse, provengono da mondi diversi, ma - mossi come pedine, dalla Svizzera al paese del Sol Levante, dal passato al presente – aiuteranno il destino a chiudere un cerchio lasciato incompleto un paio di vite fa. Tutte le contraddizioni che caratterizzano la più affascinante delle terre confluiscono all'interno del romanzo di Andrés Pascul, l'Arthur Golden spagnolo che, ormai al suo terzo romanzo, fa finalmente conoscenza dei lettori italiani, evocando magistralmente, con nostalgia e profondità storica, un Giappone che credevamo di aver lasciato per sempre sigillato tra le pagine di Memorie di una geisha. Inscenato sullo sfondo di un'altra cruenta guerra, Il canto delle parole perdute è una contraddizione in una terra di contraddizioni.
Se
nato dal pugno di un autore nipponico, il romanzo avrebbe assunto un
tono algido e distaccato che, a lungo andare, avrebbe eretto una
barriera tra lettore e narratore. Il loro autocontrollo e la loro
dignità avrebbero potuto rendere il romanzo più dominato e
sintetico, una perla elogiata dalla critica, ma avrebbero impedito il
totale trasporto emotivo che il calore e le ricche metafore di
Pascual hanno invece permesso. La narrazione non è esente da difetti
e da momenti di lieve lentezza, ma alla fine ti artiglia lo stomaco e
il cervello, facendoti sentire il cuore più pieno e i pensieri più
ingombranti.La
spaventosa verosimiglianza di alcuni momenti ci dà l'impressione di
leggere, con radiazioni che dilagano come virus e pile di cadaveri da
dare al fuoco, la Zombie dei Cranberries cantata tra i ciliegi in
fiore. In altri, invece, si ha la sensazione di leggere una spy
story in cui due detective per caso, armati dell'infallibilità dei
ricordi e del lasciapassare del cuore, corrono
disperatamente per restituire un messaggio insanguinato che il vento
aveva soffiato in opposte direzioni. E' un'avventura che ha il
fervore di un thriller e il pathos di un amore immortale. Un libro
che va affrontato di pancia, ma che non mancherà, con un monito
importante, di far risuonare echi impossibili da ignorare. Personaggi
che ti restano dentro, uno stile poetico e curato, una storia da
amare.
Fa sentire colpevoli per aver etichettato per troppo tempo un evento tanto immane come un ennesimo capitolo nei libri di storia. Fa venire voglia di migliorarsi. Di visitare quell'angolo di paradiso che è il simbolo della tenacia e della forza che tutti noi dovremmo avere. Un viaggio imperdibile ed indimenticabile che, su uno sfondo atipico, ha la potenza e le lacrime del Cacciatore di aquiloni, il movimentato romanticismo di The Millionaire e un sentiero che, lastricato di flashback e tragedie, rimanda allo splendore di Titanic.
Fa sentire colpevoli per aver etichettato per troppo tempo un evento tanto immane come un ennesimo capitolo nei libri di storia. Fa venire voglia di migliorarsi. Di visitare quell'angolo di paradiso che è il simbolo della tenacia e della forza che tutti noi dovremmo avere. Un viaggio imperdibile ed indimenticabile che, su uno sfondo atipico, ha la potenza e le lacrime del Cacciatore di aquiloni, il movimentato romanticismo di The Millionaire e un sentiero che, lastricato di flashback e tragedie, rimanda allo splendore di Titanic.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Forbidden Colours – Ryuichi Sakamoto (Chiara Ranieri)